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  • Lunedì 23 giugno 2025

Sappiamo ancora poco sui danni ai siti nucleari iraniani

E sembra che prima degli attacchi l’Iran avesse spostato altrove circa 400 chili di uranio arricchito

La conferenza stampa in cui è stata presentata l'operazione (AP Photo/Alex Brandon)
La conferenza stampa in cui è stata presentata l'operazione (AP Photo/Alex Brandon)
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Un giorno dopo i bombardamenti statunitensi sui tre siti nucleari iraniani di Fordo, Natanz e Isfahan non ci sono certezze sull’entità dei danni causati dalle bombe. Domenica sera, poco dopo gli attacchi, il presidente statunitense Donald Trump aveva detto che le capacità nucleari iraniane erano state «completamente e totalmente annientate». Poi la sua stessa amministrazione ha in parte ridimensionato gli effetti degli attacchi, parlando di «danni gravi» ma non necessariamente annichilenti, mentre l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) delle Nazioni Unite ha detto di non avere informazioni sufficienti per stimare i danni.

Domenica anche Dan Caine, il capo di Stato maggiore della Difesa, ha detto che per valutare l’entità dei danni ci vorrà del tempo, mentre in un’intervista con NBC News il vicepresidente J.D. Vance si è detto convinto che gli attacchi abbiano «ritardato in modo sostanziale le possibilità [dell’Iran] di sviluppare un’arma nucleare». L’Iran ha ufficialmente parlato di danni limitati, quasi certamente anche per ragioni di propaganda.

Le prime analisi, basate sulle immagini satellitari, mostrano danni e “crateri” formati dalle bombe che sono state sganciate, ma al momento non è possibile stabilire se il programma nucleare iraniano sia stato effettivamente fermato o ritardato in modo rilevante, come negli obiettivi degli Stati Uniti e di Israele. Vari analisti ritengono che prima degli attacchi l’Iran avesse spostato altrove (non è chiaro dove) circa 400 chilogrammi di uranio arricchito, ossia quello che con un ulteriore processo di arricchimento servirebbe per produrre armi atomiche e che viene lavorato nei siti colpiti.

I bombardamenti statunitensi delle prime ore di domenica sono stati compiuti da bombardieri B-2 Spirit, molto riconoscibili per la loro forma ad ali di pipistrello, e con bombe cosiddette bunker buster, cioè quelle che possono penetrare sottoterra in profondità. Sono stati colpiti i siti di Natanz e Isfahan, già obiettivo di attacchi israeliani, e soprattutto quello di Fordo, il più importante e anche il meglio protetto, costruito tra gli 80 e i 90 metri di profondità all’interno di una montagna vicino alla città di Qom.

Dall’analisi delle foto dei primi due siti si vedono danni superficiali e fori di ingresso delle bombe che sono arrivate in profondità. A Natanz il 13 giugno gli attacchi israeliani avevano già distrutto le infrastrutture elettriche e quindi danneggiato le centrifughe necessarie per arricchire l’uranio, secondo la AIEA.

A Fordo le immagini satellitari sembrano indicare che gli Stati Uniti hanno colpito due strutture che si ritiene siano dei pozzi di ventilazione: sono probabilmente i punti più fragili, perché prevedono un’apertura verso l’esterno, ma necessari per permettere la circolazione dell’aria di una struttura pensata per resistere proprio ai bombardamenti. Non è possibile valutare quanto le strutture in profondità siano state danneggiate, ma le immagini mostrano cambi nel colore e nei contorni del terreno in superficie, probabilmente effetto della ricaduta di detriti.

– Leggi anche: Com’è fatto il sito nucleare di Fordo

Nei giorni precedenti agli attacchi erano stati registrati dei movimenti di camion intorno al sito: alcuni esperti ritengono che l’Iran abbia preventivamente trasferito l’uranio arricchito, un’operazione per cui basterebbero ampiamente i 16 camion fotografati dalle immagini satellitari della Maxar Technologies, un’azienda statunitense specializzata nelle osservazioni satellitari per operazioni di intelligence.