Dieci anni di “boschi verticali”
Il primo e più famoso è quello di Milano, diventato poi un modello per decine di altri edifici ricoperti da alberi e arbusti in tutto il mondo

Sono passati dieci anni dall’inaugurazione del Bosco Verticale nel quartiere di Porta Nuova, a Milano: due torri residenziali da 110 e 76 metri con 800 alberi, 4.500 arbusti e 20.000 piante disposti su terrazze e balconi. Quando fu inaugurato nel novembre del 2014 fu molto elogiato in tutto il mondo, per via del suo effetto scenografico, con la facciata ricoperta da vegetazione da cima a fondo. Fu fatta anche una campagna di comunicazione piuttosto efficace sui due palazzi: «una casa per alberi abitata anche da uomini e uccelli», come la definì l’architetto Stefano Boeri che li progettò, e sui benefici che così tanti alberi “piantati” su degli edifici in centro città avrebbero prodotto per le persone che ci vivevano.
Oggi il Bosco Verticale milanese è diventato uno degli edifici più riconoscibili della città, al pari della Torre Velasca o del Pirellone. Qualche anno fa, durante un evento a New Orleans, Boeri aveva detto di non aver messo il copyright sul modello di edificio «perché pensiamo che ci siano e potrebbero esserci molti altri architetti che possono fare meglio di noi». Anche per questo il Bosco Verticale di Milano è diventato poi un modello per decine di edifici in tutto il mondo.
L’elemento innovativo del Bosco Verticale fu la disposizione degli alberi, degli arbusti e delle piante lungo una direttrice verticale, sui balconi e sulle terrazze, invece che in orizzontale, come avverrebbe normalmente in un parco. Boeri raccontò in alcune interviste di aver avuto l’idea assistendo alla costruzione di un palazzo a Dubai: era fatto con materiali come vetro e acciaio, che riflettevano la luce o la facevano entrare nell’edificio senza schermarla, aumentando la temperatura all’interno. Questo comportava che chi viveva nel palazzo dovesse usare molta energia per rinfrescarlo e per mantenere la temperatura costante. La presenza degli alberi sulla facciata del Bosco Verticale, al contrario, consentiva di schermare i raggi del sole, mantenendo la temperatura all’interno delle case più bassa, e quindi di usare meno energia, ma anche di non riflettere la luce tutt’attorno all’edificio.

(Leonardo Cendamo/Getty Images)
Anche se vennero poi apprezzati e copiati da architetti e urbanisti nel mondo, inizialmente gli alberi sulla facciata vennero in realtà contestati dagli ambientalisti, perché disporli su un palazzo comportava che i benefici di tutte quelle piante fossero riservati solo a chi poteva permettersi di comprare una casa al suo interno e la loro manutenzione a un costo altissimo (le spese condominiali per chi vive nel Bosco Verticale sono di circa 1.500 euro al mese). Inoltre per fare in modo che i balconi riuscissero a sopportare il peso delle piante fu necessario usare più cemento di un normale edificio.
A Milano il Bosco Verticale viene percepito in modo un po’ controverso. È sì un simbolo dello sviluppo e della modernità della città, ma è anche diventato esemplare di un processo di gentrificazione che ha portato negli anni all’aumento dei prezzi delle case e alla crisi abitativa in corso. In città, la “Milano del Bosco Verticale” è un modo per riferirsi all’alta borghesia fautrice di un ecologismo di facciata.
Probabilmente per via delle critiche sull’esclusività degli edifici, i “boschi verticali” progettati più di recente da Boeri sono ispirati all’originale ma per alcuni versi più accessibili: la ristrutturazione di un complesso di case popolari a Monza, dove il verde sarà costituito da rampicanti che cresceranno su strutture e ballatoi di alluminio; e un edificio di Eindhoven, nei Paesi Bassi, con oltre 120 appartamenti che vengono affittati a un prezzo calmierato – circa 640 euro al mese – e destinati a chi ha un reddito inferiore ai 40mila euro all’anno.
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(Il bosco verticale Trudo, a Eindhoven, nei Paesi Bassi)
In Italia ce ne sono quattro, tutti progettati da Boeri, alcuni ancora in costruzione. Salgono a cinque se si considera anche un progetto che deve essere ancora approvato; e a sei, se nel calcolo si conta anche un giardino sul tetto di un palazzo. A Treviso, in Veneto, c’è Ca’ delle Alzaie, inaugurata nel 2021: tre edifici affacciati sul fiume Sile, con due facciate “forestate” con 400 piante a basso fusto e 170 alberi. A Bari, in Puglia, è in costruzione Verdemare, il bosco verticale sul lungomare Vittorio Veneto, che su balconi e terrazze avrà piante che possano adattarsi bene al contesto nel quale sono inserite, con temperature alte e vicinanza al mare.
– Leggi anche: Cos’è il “Bosco Verticale”, per i non milanesi
A Milano è in costruzione il Bosconavigli, nella zona di San Cristoforo, a sud della città, un gigantesco edificio chiamato anche bosco orizzontale perché, pur essendo sempre un palazzo forestato, a differenza del Bosco Verticale si sviluppa più in larghezza che in altezza. Lo studio ha detto di averlo progettato in questo modo perché il quartiere di San Cristoforo è caratterizzato da case basse, e per riprendere le case a corte tipicamente lombarde. Al suo interno ci saranno 90 appartamenti di lusso, che sono già stati praticamente tutti venduti; ci sono stati problemi legati alle inchieste sull’urbanistica del comune di Milano, ma il cantiere non è stato bloccato e i lavori stanno procedendo.
Gli abitanti del quartiere non hanno preso molto bene il nuovo edificio, gigantesco rispetto alle case circostanti e costruito al posto di una ricicleria molto apprezzata da chi vive lì. Inoltre c’è il timore che il nuovo edificio possa innescare un processo di gentrificazione di una zona periferica di Milano, che finora ne era rimasta abbastanza immune.
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Molti altri studi di architettura hanno poi ripreso l’idea del Bosco Verticale, come Vincent Callebaut Architectures, che ha fatto dell’architettura biomimetica – ovvero quella che simula la natura – una cifra stilistica. L’architetto francese ha realizzato una torre elicoidale da 23 piani, la Tao Zhu Yin Yuan, che ospita 23mila piante a Taipei, Taiwan. O ancora, a Cebu, nelle Filippine, ha progettato una torre in legno lamellare incrociato alta 115 metri e ricoperta da piante tropicali coloratissime, la Rainbow Tree. A Sydney, quasi contemporaneamente al Bosco Verticale, venne presentato lo One Central Park progettato da Ateliers Jean Nouvel, con un parco pubblico al suo interno e le facciate e i balconi ricoperti di piante.