La Spagna non vuole aumentare ancora le spese militari
Pedro Sánchez è stato il primo capo di governo a opporsi al piano della NATO per portarle al 5 per cento del PIL

Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez si è nettamente opposto alla proposta del segretario generale della NATO, Mark Rutte, di aumentare le spese militari per i paesi membri dell’alleanza al 5 per cento del rispettivo Prodotto Interno Lordo (PIL). La prossima settimana la proposta verrà discussa all’Aia, nei Paesi Bassi, durante la prima riunione tra i paesi NATO da quando Donald Trump è tornato presidente degli Stati Uniti. Sánchez è stato il primo capo di governo a criticarla e a dire che non la sosterrà.
Il piano di Rutte è una risposta alle pressioni di Trump, che da tempo chiede ai paesi europei di aumentare la loro spesa militare. Gli Stati Uniti sono il paese della NATO che ha la spesa militare nettamente più alta in termini assoluti, ma non in rapporto al PIL.
Sánchez ha comunicato la sua contrarietà con una lettera diffusa giovedì. Tra le altre cose ha spiegato di considerare l’aumento incompatibile con il mantenimento del welfare spagnolo, dicendo:
«Impegnarsi a un obiettivo [di spesa] del 5% sarebbe non solo irragionevole ma anche controproducente […]. È legittimo diritto di ogni governo decidere se vuole o no fare quei sacrifici. Come alleato sovrano, noi scegliamo di no».
Nella proposta di Rutte, le spese per la difesa di ogni paese dovrebbero essere divise tra la spesa militare pura (3,5 per cento del PIL) e un ulteriore impegno a investimenti nel settore della sicurezza (1,5 per cento). Inizialmente era stata proposta una scadenza entro il 2032 per adeguarsi, ma durante i negoziati con gli stati è emersa la possibilità di fissarla invece al 2035, come vorrebbe per esempio il governo italiano di Giorgia Meloni, con la possibilità di rivedere gli obiettivi nel 2029.

Il segretario alla Difesa statunitense, Pete Hegseth, insieme al segretario generale della NATO, Mark Rutte, il 5 giugno a Bruxelles (AP Photo/Virginia Mayo)
Sia lo “spacchettamento” della spesa militare sia l’estensione dei tempi sono state un tentativo di venire incontro ai paesi che, per ragioni politiche (come la Spagna) o economiche (l’Italia), avrebbero problemi ad adeguarsi.
Sánchez ha di fatto chiesto un’esenzione o «una formula più flessibile» per la Spagna, che è il paese con la spesa militare più bassa nella NATO. Sánchez tra l’altro sta passando molti guai a livello politico, e ad aprile il suo piano da 10,5 miliardi di euro per portare la spesa militare al 2 per cento, cioè la soglia minima attualmente richiesta dall’alleanza, era stato contestato sia da destra sia da sinistra.
La lettera di Sánchez a Rutte
Sánchez ha detto comunque che la Spagna non impedirà agli altri governi di impegnarsi a spendere di più. Un paese della NATO ha il potere di bloccare la dichiarazione conclusiva (cioè il documento formale che viene stilato alla fine dell’incontro) esercitando il diritto di veto, ma sia Sánchez sia la sua ministra della Difesa, Margarita Robles, molto probabilmente non arriveranno a tanto. Il loro obiettivo principale è ottenere condizioni diverse per il proprio paese. La contrarietà della Spagna avrà comunque conseguenze sulla riunione, soprattutto potrebbe spingere altri paesi che avevano ritrosie sul piano di Rutte a esternarle.
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