“Lo squalo” fu il primo blockbuster del cinema moderno

50 anni dopo i film d'azione che sperano di avere lo stesso successo lo imitano ancora nella trama, nei personaggi o nelle strategie di distribuzione

di Gabriele Niola

La fila per vedere Lo squalo fuori da un cinema di New York. (Bettmann Archive/Getty Images)
La fila per vedere Lo squalo fuori da un cinema di New York. (Bettmann Archive/Getty Images)
Caricamento player

Ancora oggi quando esce un film in cui qualcuno di impreparato è costretto a battersi contro una minaccia sovradimensionata, che sia un tornado, un mostro o gli alieni, ci sono buone probabilità che la storia segua lo schema narrativo di Lo squalo. Di sicuro quel film userà almeno uno dei suoi modelli di personaggio o dei suoi snodi chiave. Nope, il film di Jordan Peele in cui degli allevatori di cavalli si confrontano con qualcosa di minaccioso e di inizialmente inspiegabile, segue per esempio alla lettera la struttura di Lo squalo e ci si ispira per i personaggi.

Di certo oggi, 50 anni esatti dopo l’uscita di quel film che rese famosissimo Steven Spielberg ancora 27enne, tutti i grandi film con alte ambizioni di incasso vengono distribuiti e promossi usando le strategie inventate dalla Universal per Lo squalo. È noto che Alien di Ridley Scott, realizzato quattro anni dopo, nel 1979, fu descritto ai produttori come «Lo squalo, ma nello spazio» per convincerli delle potenzialità, e anche in quel caso i personaggi e gli snodi narrativi della trama furono ricalcati su quelli di Lo squalo.

Il New York Times, in occasione dei 50 anni del film, li ha schematizzati. Si va dalla vittima iniziale, alla location remota, all’eroe riluttante, all’esperto che entra in gioco solo a un certo punto, alle autorità inaffidabili, alla morte che dispiace al pubblico, fino al duello finale e alla grande esplosione liberatoria e vittoriosa. E sempre secondo il New York Times, i film che rispondono a questo schema usciti tra il 1976 e oggi sono 50, o almeno 50 sono quelli che hanno individuato loro. Ci sono molti film di serie B meno noti, film di mostri e animali mutati, ma anche classici come Tremors, Jurassic Park dello stesso Spielberg, Predator e Twister.

Lo squalo è in questo senso il film preferito di molti dei registi più noti e amati di Hollywood. Quentin Tarantino lo ha definito «il più grande film mai realizzato», per esempio. È il film a cui moltissimi tra i più grandi realizzatori di cinema d’azione o di tensione ricorrono quando devono scrivere i loro, quello che imitano o al quale anche solo inconsciamente si rifanno. Non è citazionismo e non è ispirazione: è una maniera di risolvere problemi e questioni narrative, appoggiandosi a quel che dovette fare Spielberg, a 27 anni, in una delle lavorazioni più infernali che si ricordino nel cinema americano.

L’idea di partenza in realtà non era molto originale, veniva dal romanzo omonimo di Peter Benchley e i film con animali giganti che attaccano le persone esistevano da ben prima di Lo squalo, almeno a partire dagli anni ’30 con King Kong. Negli anni ’50 poi la paura atomica ne aveva prodotti moltissimi. C’era stato Godzilla in Giappone, ma anche film con formiche giganti mutate dalle radiazioni, dinosauri e molto altro: era un filone che prevedeva sceneggiature rapide e lavorazioni a bassissimo costo. E questo accade ancora oggi.

Lo squalo doveva essere quello, un altro dei molti film con la minaccia mortale sovradimensionata senza chissà che invenzioni. Spielberg aveva fatto un solo film per il cinema prima di quello (Sugarland Express), ed era considerato un emergente a cui far fare un film con cui altri non volevano sporcarsi le mani.

Nonostante abbia inventato e cambiato moltissime cose nel cinema, anche Lo squalo si rifaceva ad altri film, in particolare ai western, solo che ebbe l’accortezza di mascherarlo. Nella storia del film, proprio come nei western, c’è uno sceriffo che mantiene l’ordine in un piccolo villaggio che si trova a dover combattere un fuorilegge pericoloso e fuori controllo (lo squalo, per l’appunto), assistito da alcuni aiutanti su una diligenza (la barca), lontano dal villaggio, nelle praterie (il mare aperto), finendo per scontrarsi con lui in un duello finale, uno di fronte all’altro, armato di fucile Winchester.

– Leggi anche: È colpa di Spielberg se non escono più film come E.T. e I Goonies

A questo classico del cinema americano, Spielberg aggiunse però uno stile innovativo. Diversi espedienti di regia diventarono degli standard da lì in poi: tipo la soggettiva del mostro (cioè il fatto che noi vediamo quello che vede lo squalo), l’accompagnamento della minaccia con una musica incalzante e spaventosa che la annuncia, e l’uso di piccoli trucchi per mostrarne la presenza senza rivelare il mostro in sé (come i barili galleggianti gialli che a un certo punto vengono attaccati allo squalo e consentono di individuarlo anche quando è sott’acqua). E non solo per i film di mostri: anche gli slasher, cioè i film con serial killer molto efferati che sarebbero arrivati solo pochi anni dopo, come Halloween, Nightmare o Venerdì 17, usano tutte queste tecniche (e molte idee narrative) di Lo squalo.

Una scena di Lo squalo. (Universal/Getty Images)

Lo stesso vale per i personaggi. Una delle grandi innovazioni che poi si trovano in tanti altri film è l’eroe che non ha i tratti dell’eroe, anzi, è il più impaurito di tutti. L’idea di Spielberg fu di mettere nella condizione di essere l’unico a voler davvero combattere lo squalo uno sceriffo con la paura dell’acqua, per accrescere il senso di urgenza del suo coinvolgimento e metterlo ancora più nella stessa situazione del pubblico.

Lo squalo dava inoltre una connessione con il proprio tempo non solo implicita. Nella storia lo sceriffo è l’unico a battersi perché le spiagge rimangano chiuse dopo le prime vittime, mentre la comunità dell’isola in cui è ambientata la storia, e soprattutto il sindaco, minimizzano l’accaduto e mirano a non creare un clima di paura che spaventerebbe i turisti in arrivo per l’inizio della stagione estiva. Erano dettagli che specialmente nel pubblico dell’epoca suonavano molto attuali.

Il 1975 era infatti un momento in cui il cinema americano era pieno di film in cui per la prima volta si esprimeva profonda sfiducia per le istituzioni. Erano anni successivi alla guerra nel Vietnam e in particolare ne erano passati tre dallo scandalo Watergate, e tutti i film dei grandi autori americani raccontavano in modi diversi la corruzione del sistema americano. Lo squalo si inseriva in questa tendenza, anche se di solito i film con i mostri non contenevano idee politiche.

Lo squalo, in Lo squalo. (Silver Screen Collection/Getty Images)

La grande innovazione industriale del film però fu nella maniera in cui venne promosso e distribuito. I molti problemi occorsi durante la lavorazione, i costi che aumentarono ben al di là del previsto e i dubbi sulla possibilità che un film del genere potesse incassare portarono i produttori a ideare una campagna promozionale e distributiva come non se ne erano mai viste. La prima del suo tipo, il cui successo cambiò la maniera in cui si portano i film in sala negli Stati Uniti. Lo squalo fu il primo blockbuster moderno, e il primo blockbuster estivo, cioè il primo film a dimostrare che la stagione estiva era molto buona per gli incassi di film popolari e rivolti a un pubblico ampio.

– Leggi anche: «I Goonies non dicono mai la parola morte»

Per riuscire nell’impresa, la Universal adottò una tecnica che era stata sperimentata dalla Paramount con Il padrino, tre anni prima: uscire contemporaneamente in tante sale. All’epoca infatti la prassi era di uscire lentamente, prima nelle città principali, in alcuni cinema, poi far crescere il passaparola, aumentare le copie in circolazione e infine arrivare in tutto il paese, anche dopo un mese. Lo squalo non solo uscì da subito in tantissimi cinema, come non era mai capitato, ma lo fece dopo una lunga campagna pubblicitaria che per la prima volta contò molto sulla televisione.

Ancora negli anni ’70 infatti il cinema vedeva la televisione come un nemico e i propri trailer li mandava prima degli altri spettacoli in sala. Un mese prima della sua uscita, invece, Lo squalo era ovunque in televisione, dimostrando che una campagna massiccia poteva fare quello che di solito era affidato al passaparola: creare aspettativa per un film. E l’aspettativa di un pubblico ampio poteva essere soddisfatta tutta insieme, perché per l’appunto il film arrivava subito in tante sale.

La locandina di Lo squalo. (Movie Poster Image Art/Getty Images)

Questa strategia ancora oggi si basa sull’idea che un picco iniziale di incassi aiuti a comunicare l’idea che il film sia un evento. Molte persone che vedono subito un certo film possono convincere gli altri che sia qualcosa “da vedere”. Tutto questo fece di Lo squalo il film con il maggiore incasso nella storia del cinema, fino a quel momento. Il grande successo di Lo squalo fu anche il primo sfruttato a livello di merchandising, dimostrando che i profitti “connessi” al film potevano sostenere una produzione tanto quanto i biglietti. La locandina molto iconica, la pinna che affiora dall’acqua, la colonna sonora e tutto quello che poteva essere sfruttato e venduto a marchio Jaws (titolo originale del film) diventarono parte dell’indotto commerciale della produzione.

Per questo, solo due anni dopo, Guerre stellari poté imitare questa strategia di uscita, addirittura mettendo in commercio il merchandising prima che il film fosse al cinema, così che quelle vendite potessero contribuire alla produzione del film stesso.