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  • Domenica 15 giugno 2025

L’attacco iraniano su Rehovot, raccontato da lì

Il campus dell'università locale, in Israele, è stato colpito da un missile: un dottorando italiano dice che è stato «come un terremoto»

Un edificio del campus del Weizmann Institute of Science distrutto dai missili iraniani (Foto fornita da Alan Monziani)
Un edificio del campus del Weizmann Institute of Science distrutto dai missili iraniani (Foto fornita da Alan Monziani)
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Alan Monziani è uno studente italiano che sta conseguendo il dottorato in materie scientifiche al Weizmann Institute of Science di Rehovot, una città nella zona centrale di Israele. Nella notte tra sabato e domenica era nel dormitorio del suo campus. A un certo punto ha ricevuto sul cellulare la notifica che ordina agli abitanti di andare nei rifugi sotterranei. Poco dopo sono iniziate a suonare le sirene.

Un edificio del campus del Weizmann Institute of Science distrutto dai missili iraniani (Foto fornita da Alan Monziani)

Verso le 3 di mattina ha sentito un forte boato e le pareti hanno iniziato a tremare, «come se ci fosse un terremoto», dice al Post. Un missile balistico lanciato dall’Iran aveva appena colpito in pieno un edificio del campus ancora in costruzione. «L’onda d’urto ha divelto porte e finestre tutto intorno, un edificio vicino ha preso fuoco: è ancora in piedi per metà, ma è bruciato». Lui e le altre persone nel rifugio sono potute uscire circa 40 minuti dopo, quando hanno ricevuto un’altra notifica che li autorizzava. «Abbiamo visto che le vetrate del nostro dormitorio, al piano terra, erano distrutte».

«Quasi tutti gli edifici del campus hanno subìto danni», dice. Domenica pomeriggio gli studenti dovrebbero essere spostati in un hotel, in via precauzionale e per permettere di esaminare i danni. Almeno 42 persone sono state ferite, secondo i servizi di emergenza israeliani.

Un edificio del campus del Weizmann Institute of Science danneggiato dai missili iraniani (Foto fornita da Alan Monziani)

Una finestra divelta dall’esplosione (Foto fornita da Alan Monziani)

Monziani vive a Rehovot dal 2020. «Finora non c’erano mai stati impatti, ma ci sono state molte sirene. Nell’ultimo anno [è successo] abbastanza spesso, minimo 3 o 4 volte al mese». Non ha avuto notizie su eventuali operazioni di evacuazione: «I suggerimenti che abbiamo avuto sono: “andate in Giordania”», una cosa però molto difficile dato che il traffico aereo nella regione è sostanzialmente fermo, e anche gli spostamenti via terra sono complicati. Monziani ha finito il dottorato e sarebbe tornato in Italia tra due settimane.

Gli attacchi sono iniziati nella notte tra giovedì e venerdì, quando Israele ha colpito vari siti legati al programma missilistico e nucleare iraniano e ucciso importanti leader militari. Nei giorni successivi ha colpito vari depositi petroliferi e anche la capitale Teheran: l’entità dei danni non è ancora chiara, ma secondo il ministero della Salute sono state uccise più di 120 persone.

L’Iran ha risposto lanciando centinaia di missili balistici (come quello arrivato a Rehovot) contro Israele, che hanno causato estesi danni in varie città tra cui soprattutto Bat Yam, a sud di Tel Aviv. Almeno tredici persone sono state uccise, secondo i dati del governo israeliano.

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