La Banca Mondiale tornerà a finanziare il nucleare

La fine del divieto, dopo 12 anni, potrebbe avere un forte impatto nel settore, soprattutto per i paesi in via di sviluppo

Torri di raffreddamento della centrale nucleare di Mochovce, in Slovacchia (Janos Kummer/Getty Images)
Torri di raffreddamento della centrale nucleare di Mochovce, in Slovacchia (Janos Kummer/Getty Images)
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La Banca Mondiale, la principale istituzione finanziaria internazionale che si occupa di sviluppo economico per i paesi più poveri, ha annunciato che sosterrà e finanzierà i progetti legati all’energia nucleare dopo che nel 2013 aveva vietato questo tipo di attività.

In generale la Banca si era comunque occupata di rado di nucleare, finanziando per l’ultima volta un progetto intorno alla fine degli anni Cinquanta. Il cambiamento di politica, annunciato dal presidente Ajay Banga ai dipendenti, è orientato a offrire sistemi per aumentare la produzione di energia senza ricorrere ai combustibili fossili, il cui impiego è la principale causa del riscaldamento globale.

Da decenni vari paesi in via di sviluppo chiedevano di poter ottenere finanziamenti per la costruzione di centrali nucleari, in modo da diversificare i propri sistemi di produzione di energia elettrica, ma avevano sempre incontrato forti resistenze. Alcuni paesi, come la Germania, ritenevano che fosse troppo rischioso affidare a paesi con scarse capacità tecnologiche la gestione di impianti nucleari, soprattutto per la gestione di eventuali emergenze. Gli incidenti di Three Mile Island negli Stati Uniti e di Chernobyl in Ucraina rafforzarono questa convinzione e la Banca Mondiale smise di finanziare progetti di particolare rilevanza nel settore nucleare.

L’incidente nucleare di Fukushima in Giappone nel 2011 rafforzò questo approccio di grandi cautele, riducendo ulteriormente la possibilità per i paesi in via di sviluppo di avviare costosi progetti sul nucleare, che richiedono importanti investimenti nel lungo termine. Negli ultimi anni le cose sono però cambiate, soprattutto in seguito alla crescente domanda di energia elettrica e alla necessità di produrla tenendo sotto controllo le emissioni inquinanti. Il nucleare è ritenuto una componente essenziale nel cosiddetto “mix energetico” per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, integrando il suo impiego con tecnologie più sostenibili come l’eolico, il solare e l’idroelettrico.

– Ascolta anche: Perché si parla tanto di energia nucleare

Durante la Conferenza sul clima di Dubai nel 2023, una ventina di nazioni ha sottoscritto un documento per impegnarsi a triplicare la produzione di energia elettrica derivante dal nucleare entro il 2050. Da allora si sono uniti diversi altri paesi, istituzioni e privati all’iniziativa, con un coinvolgimento soprattutto degli Stati Uniti, che sono il principale investitore nella Banca Mondiale. Ad aprile il governo statunitense aveva chiesto alla Banca di eliminare i divieti di finanziamento al nucleare e di recente anche il nuovo governo tedesco aveva segnalato di essere a favore di una revisione delle regole legate al finanziamento dei progetti nucleari.

Il settore è in fermento non solo per il rinnovato interesse da parte dei governi, ma anche per le possibilità offerte dai reattori di nuova generazione in fase di sviluppo e sperimentazione. Chi ci sta lavorando sostiene che si possano costruire reattori più piccoli ed economici, che richiedono meno tempo per essere realizzati e che rendono più sicure le tecnologie nucleari. I tempi per il loro sviluppo sono però ancora dibattuti e si attendono i risultati dei primi reattori dimostrativi, anche per valutare il loro impatto complessivo e la gestione dei rifiuti radioattivi.

In mancanza di finanziamenti da parte della Banca Mondiale, l’unica possibilità per le nazioni in via di sviluppo interessate al nucleare era di rivolgersi a paesi come la Russia e la Cina per avere le competenze e le tecnologie necessarie per costruire gli impianti. I contratti, della durata di decenni, erano l’occasione per il governo cinese e per quello russo di estendere la propria area di influenza e per questo molti paesi preferivano non impegnarsi con loro.

Al momento la Banca Mondiale non ha fornito molti dettagli su come saranno organizzati i progetti, ma secondo diversi osservatori la fine delle resistenze ai loro finanziamenti potrebbe avere conseguenze già nel medio periodo nell’intero settore energetico.