Il peggior disastro nella storia delle gare automobilistiche
Settant'anni fa alla 24 ore di Le Mans una Mercedes volò sugli spalti, uccidendo molte persone

L’11 giugno del 1955 durante la 24 ore di Le Mans, in Francia, un’auto da corsa della Mercedes che viaggiava a più di 200 chilometri orari uscì di pista dopo essersi scontrata con un’auto della Austin-Healey e si schiantò contro il pubblico, causando un grande incendio. Morirono 84 persone, compreso il pilota francese Pierre Levegh, e altre 120 furono ferite: fu il peggiore disastro della storia dell’automobilismo.
La 24 ore di Le Mans è la più nota corsa automobilistica endurance al mondo, cioè di resistenza: non vince chi “arriva per primo”, ma la macchina che in 24 ore percorre la distanza maggiore. Durante la gara una macchina può essere guidata al massimo da tre piloti diversi (fino agli anni Settanta erano solo due), che si alternano durante la giornata.
Fondata nell’omonima città francese nel 1923, la gara divenne famosissima in poco tempo: sulla pista di Le Mans, infatti, il formato della 24 ore risultava piuttosto efficace. In particolare i lunghi tratti rettilinei permettevano alle macchine di raggiungere velocità elevate, una cosa molto spettacolare (e pure molto pericolosa) per l’epoca, anche perché durante le prime edizioni a gareggiare non erano i “prototipi”, cioè macchine costruite apposta per le gare, ma le stesse auto che venivano vendute al pubblico, o comunque modelli molto simili.
– Leggi anche: La prima 24 ore di Le Mans, un secolo fa
La popolarità della 24 ore di Le Mans continuò anche dopo la lunga pausa intercorsa tra il 1940 e il 1948, quando a causa dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale la pista rimase a lungo impraticabile, prima di essere ricostruita quasi del tutto. Nel 1949 – dieci anni dopo l’ultima volta – circa 180mila persone andarono a vedere la gara nel nuovo circuito.

Luigi Chinetti alla guida di una macchina della Ferrari durante il debutto della casa automobilistica italiana alla 24 ore di Le Mans, 25-26 giugno 1949 (Klemantaski Collection/Getty Images)
Con il debutto di nuove scuderie come Ferrari, Jaguar o Porsche, che entrarono in competizione soprattutto con la tedesca Mercedes e la britannica Aston Martin, la fama della 24 ore di Le Mans aumentò sempre di più. Per capire le dimensioni raggiunte dalla gara, quell’11 giugno del 1955 a vedere la 24 ore di Le Mans c’erano circa 250mila persone. L’attesa del pubblico era soprattutto per il ritorno della Mercedes, che aveva vinto l’edizione del 1952 e non aveva poi preso parte alle due successive.
La Mercedes aveva in gara tre macchine, modello 300 SLR. Di queste una, la numero 19, era guidata da due piloti famosissimi all’epoca, l’argentino Juan Manuel Fangio e il britannico Stirling Moss. Un’altra, la numero 20, era guidata dallo statunitense John Fitch e dal francese Pierre Levegh.

Pierre Levegh sulla Mercedes-Benz 300 SLR durante la gara dell’11 giugno 1955 (Bernard Cahier/Getty Images)
Levegh aveva 49 anni e fino ad allora era conosciuto principalmente per la 24 ore di Le Mans del 1952, quando gareggiò da solo, senza nessuna scuderia, e senza alternarsi con nessun pilota. In quell’occasione perse clamorosamente all’ultima ora di gara, quando gli si ruppe il motore mentre era in vantaggio di quattro giri sugli avversari.
La gara del 1955 partì, come da tradizione, alle quattro di pomeriggio e la macchina della Jaguar guidata dal britannico Mike Hawthorn – che correva a una velocità media di 172 chilometri orari – andò subito in testa, seguita proprio dalle Mercedes.
La 24 ore di Le Mans dell’11 giugno 1955, restaurata e a colori
Alla terza ora di gara, Hawthorn si trovava sul rettilineo principale della pista – dove le macchine vanno alla loro massima velocità – e aveva superato da pochi secondi (doppiandola) l’auto della scuderia britannica Austin-Healey guidata da Lance Macklin. Subito dopo, però, Hawthorn si accorse di essere stato chiamato ai box per fare rifornimento e frenò la Jaguar di colpo. Macklin, che si trovava dietro di lui, lo evitò di poco spostandosi dall’altra parte della pista e cercando di frenare, perdendo inizialmente il controllo dell’auto ma riuscendo poi a riprenderlo.
Levegh, che stava viaggiando poco dietro Macklin a circa 240 chilometri orari, si rese conto del pericolo e alzò la mano per segnalarlo al compagno Fangio, dietro di lui, ma non fece in tempo a evitare lui stesso lo scontro e andò addosso alla Austin-Healey di Macklin. Quest’ultima fece in pratica da rampa di lancio alla Mercedes di Levegh, che nel giro di pochi secondi fu catapultata in aria e si schiantò infine sul pubblico, causando una grande esplosione. I rottami in fiamme caddero addosso ad alcuni spettatori e oltre allo stesso Levegh altre 83 persone furono uccise dai detriti o dall’esplosione che seguì l’incidente. Incredibilmente Macklin ne uscì illeso, nonostante la sua Austin-Healey si fosse distrutta nell’impatto.
Se la gara fosse stata sospesa migliaia di persone si sarebbero allontanate dal circuito, e gli ingorghi e le file avrebbero potuto ritardare o bloccare l’arrivo dei soccorsi. Perciò la gara continuò lo stesso e vinse proprio la Jaguar di Hawthorn. La Mercedes, che aveva ancora la possibilità di vincere la gara con l’altra auto, quella di Fangio, si ritirò qualche ora dopo l’incidente: non avrebbe più partecipato alla 24 ore di Le Mans fino al 1985.
Una ricostruzione dell’incidente fatta dal giornale francese Le Monde, al minuto 4:55
La morte di così tante persone fu in buona parte causata dai bassissimi standard di sicurezza delle gare automobilistiche dell’epoca. Come tutte le altre piste di allora, infatti, quella di Le Mans non era stata al passo dell’evoluzione delle auto da corsa, sempre più veloci: tra la pista (dove le macchine a volte superavano i 300 chilometri orari) e il pubblico (sempre più numeroso e ammassato) c’erano solo alcuni blocchi di sabbia alti un metro e venti e tenuti insieme da rami di castagno.
Non era raro a quel tempo che i piloti morissero nelle gare automobilistiche. Le strade su cui correvano erano spesso strette, il rischio di scontrarsi molto alto e le macchine molto meno sicure rispetto a oggi. Nelle edizioni precedenti della 24 ore di Le Mans erano già morti otto piloti; quello del 1955 fu però l’incidente con il più alto numero di morti e feriti nella storia delle gare automobilistiche.
Dopo quel disastro, la pista di Le Mans fu modificata radicalmente per l’edizione successiva: la strada fu allargata e gli spalti per il pubblico vennero messi molto più lontani dalle auto in corsa. Per salvaguardare la sicurezza dei piloti, invece, furono introdotte le corsie di decelerazione per andare ai box, prima inesistenti. Ma la tragedia ebbe un effetto molto più ampio, perché in tutto il mondo furono abolite diverse corse automobilistiche (ritenute poco sicure) e in Svizzera le gare vennero persino vietate per legge fino al 2022.
La 24 ore di Le Mans, invece, continuò ad avere grande successo. Nel 1956 il pubblico fu ancora più numeroso dell’anno prima. Oggi insieme alla 500 Miglia di Indianapolis e al Gran Premio di Monaco fa parte della cosiddetta “Tripla Corona” dell’automobilismo, un riconoscimento non ufficiale e non tangibile (non esiste nessuna corona) assegnato a chi le vince tutte e tre: finora l’unico a riuscirci fu l’inglese Graham Hill. Il weekend del 14 e del 15 giugno si terrà l’edizione del 2025; le ultime due sono state vinte da auto della Ferrari.



