I referendum sul lavoro e sulla cittadinanza non hanno raggiunto il quorum

E non di poco: l'affluenza è stata intorno al 30 per cento

Le schede dei referendum
Le schede dei referendum (Claudio Furlan/LaPresse)
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L’affluenza ai referendum su lavoro e cittadinanza è stata di poco inferiore al 30 per cento, ampiamente sotto la soglia necessaria affinché i referendum siano validi: per raggiungere il quorum serviva il voto della maggioranza degli aventi diritto, quindi più di 25 milioni e mezzo di persone. Negli ultimi 30 anni solo 4 dei 34 referendum abrogativi organizzati hanno raggiunto il quorum, e anche questa volta non ci si aspettava che succedesse.

Si votava per quattro quesiti sul lavoro, proposti dal sindacato CGIL, e per un quesito sulle modalità con cui si ottiene la cittadinanza italiana, che aveva l’obiettivo di ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza regolare necessari per chiederla. Quest’ultimo era stato proposto dal partito progressista +Europa.

Sui primi quattro quesiti i voti favorevoli sono stati tra l’86 e l’88 per cento: poco meno di 13 milioni di voti (solo uno, il primo, li ha superati di poco). I “No” invece sono stati tra il 12 e il 14 per cento (quindi tra 1 milione e 850mila persone e 2 milioni e 100mila circa). Nel referendum sulla cittadinanza invece ha votato a favore circa il 65 per cento dei partecipanti (poco meno di 10 milioni di voti), mentre il 35 per cento ha votato “No”, oltre 5 milioni di persone: è un risultato molto sotto le aspettative, non solo quelle dei promotori, e inatteso per la quantità di voti contrari.

Il raggiungimento del quorum è importante nel caso dei referendum abrogativi – come quelli a cui si è appena votato – proprio perché determina la validità del voto. Come era accaduto in passato, anche stavolta il dibattito si è concentrato sul voto e sull’astensione, ancor più che sui temi concreti. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, come aveva annunciato, è andata al seggio ma non ha ritirato le schede: è una possibilità prevista dai regolamenti del referendum abrogativo, con la quale non si contribuisce al quorum e che nei fatti equivale a non andare del tutto al seggio.

La scelta di Meloni è stata coerente con la posizione dei partiti al governo, che hanno incentivato l’astensione per fare in modo che non passassero le modifiche proposte dai quesiti su lavoro e cittadinanza. È una posizione che ha suscitato molte polemiche, sebbene la campagna per l’astensione sia del tutto legittima e sebbene non sia certamente una novità che un governo inviti ad astenersi a un referendum.

Da tempo esponenti politici e politologi si chiedono quindi se l’affluenza molto bassa ai referendum abrogativi non renda opportuno modificare o eliminare la soglia del quorum, in modo da incentivare la partecipazione dell’elettorato e rendere i referendum uno strumento di democrazia diretta più influente ed efficace.