I momenti da ricordare nella Champions League dell’Inter
Iniziano con Francesco Acerbi e finiscono con Francesco Acerbi, con in mezzo un percorso esaltante

L’Inter ha raggiunto la seconda finale di Champions League in tre anni, dopo che ne aveva giocata una sola nei precedenti cinquanta: giocherà sabato sera a Monaco di Baviera contro il Paris Saint-Germain. Per arrivarci ha giocato quattordici partite, otto nella fase campionato, il nuovo formato iniziale che ha sostituito i gironi, e altre sei nelle fase a eliminazione diretta. Sin da subito ha dimostrato di essere una delle squadre migliori d’Europa, con un gioco solido e a tratti piuttosto brillante, piazzandosi al quarto posto (su 36) nella fase campionato e poi eliminando il Feyenoord e soprattutto due squadre molto forti e attrezzate come Bayern Monaco e Barcellona, dopo partite spettacolari che sono già entrate nella storia dell’Inter. Abbiamo raccolto cinque momenti significativi di questo percorso.
Francesco Acerbi e la maglia di Erling Haaland
Nell’esordio in questa Champions League, a settembre, l’Inter ha affrontato in trasferta il Manchester City, la squadra che due anni prima l’aveva battuta in finale. La partita è finita 0-0 ed è stata molto equilibrata: l’Inter ha fatto vedere di potersela giocare alla pari contro quella che, in quel momento, era considerata forse la miglior squadra europea. Soprattutto, ha mostrato un’eccellente organizzazione difensiva, che sarebbe stata una costante per tutta la fase campionato, nella quale l’Inter ha subìto appena un gol in otto partite.
Il difensore centrale Francesco Acerbi, 37 anni, uno dei calciatori che in queste stagioni sono stati più valorizzati da Inzaghi, in quella partita era stato attentissimo nella marcatura di Erling Haaland, il formidabile attaccante norvegese del Manchester City. Com’era accaduto due anni prima in finale di Champions League, Acerbi ha ingaggiato continui duelli corpo a corpo con Haaland, riuscendo quasi sempre a bloccarlo e a contenerlo sfruttando il fisico (sono due calciatori molto imponenti) e l’esperienza, la capacità di capire in anticipo le situazioni di gioco.
Al termine di questa sfida molto intensa, Haaland era andato ad affrontare Acerbi e, in modo ironico e un po’ polemico, gli aveva chiesto se volesse la sua maglia, lasciando intendere di essere stato strattonato da lui per tutta la partita; Acerbi aveva reagito sorridendo e alla fine entrambi ci avevano scherzato su. Non si sa se per quella grande partita, o per l’ottima stagione giocata in generale, ma l’allenatore dell’Italia Luciano Spalletti ha deciso di riconvocare Acerbi (che non gioca in Nazionale da due anni) in vista della partita delle qualificazioni mondiali contro la Norvegia, e quindi contro Haaland, che si giocherà il 6 giugno.
Henrikh Mkhitaryan dice: «Siamo ingiocabili»
In diverse occasioni i calciatori dell’Inter hanno esibito grande consapevolezza nelle loro possibilità, soprattutto di poter essere competitivi in Champions League. Quelli che c’erano già due anni fa, in particolare, sono sembrati sin da subito molto determinati a raggiungere un’altra volta (per alcuni forse l’ultima, considerata l’età avanzata) una finale.
A volte la fiducia è parsa quasi eccessiva: il momento in cui è stata percepita come arroganza, o comunque come uno spiccato (e forse giustificato) senso di superiorità, è stato il post partita di Inter-Monaco, ultima partita della fase campionato. L’Inter aveva appena vinto agevolmente 3-0 con una tripletta del suo capitano Lautaro Martínez, che ha fatto 9 gol in 13 partite di Champions League finora, e considerati gli incastri di calendario c’era la possibilità che agli ottavi di finale avrebbe affrontato una tra Milan e Juventus (poi non è accaduto, perché entrambe sono uscite ai playoff).
Quando il giornalista di Prime Video Fernando Siani ha chiesto al centrocampista armeno Henrikh Mkhitaryan se la prospettiva di giocare in Champions League contro Milan o Juventus li stimolasse o li preoccupasse, lui ha risposto: «Non ci interessa tanto, perché siamo l’Inter e se facciamo il nostro gioco siamo ingiocabili», come a dire che quando si mettono in testa di vincere, lo fanno. È una risposta di cui si è parlato molto, e che in parte è stata usata per criticare il modo in cui l’Inter ha affrontato in seguito alcune partite di campionato (dove è arrivata seconda, perdendo diversi punti in modo banale), ma è stata anche un’altra dimostrazione di quanto tutta la squadra si sia convinta sempre più di poter tornare in finale.
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La vittoria nei minuti finali a Monaco di Baviera
Per raggiungere la finale del 2023, nella fase a eliminazione diretta l’Inter aveva affrontato il Porto, il Benfica e il Milan, squadre forti ma non nell’élite del calcio europeo in questo periodo. Il doppio confronto di quest’anno contro il Bayern Monaco, avvenuto ai quarti di finale, è stato quindi il primo in cui l’Inter ha eliminato una delle migliori squadre europee. In particolare la partita d’andata, in trasferta su un campo in cui il Bayern non perdeva da quattro anni in Champions League, è stata un passaggio decisivo per aumentare la consapevolezza di cui si parlava sopra.
L’Inter ha giocato quella partita in modo intelligente, difendendosi compatta quando c’era da farlo, ed eludendo il pressing del Bayern Monaco con azioni d’attacco veloci ed efficaci. Il primo gol è stato spettacolare: lo ha segnato con un tiro di esterno destro Lautaro Martínez, su passaggio di tacco di Marcus Thuram. Il secondo, segnato nei minuti finali dal centrocampista Davide Frattesi su passaggio di Carlos Augusto, è stato ancor più importante perché è arrivato qualche minuto dopo il momentaneo pareggio del Bayern Monaco, e ha consentito all’Inter di vincere e di presentarsi in vantaggio alla partita di ritorno (finita poi 2-2).
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Denzel Dumfries fa il fenomeno a Barcellona
Se i quarti di finale sono stati una prova complessa per l’Inter, le semifinali si annunciavano ancor più difficili e insidiose, perché l’avversaria era il Barcellona, la squadra senza dubbio più spettacolare d’Europa, ricca di calciatori talentuosi (anche se mancava l’attaccante polacco Robert Lewandowski) e che a quel punto della stagione aveva già segnato quasi 150 gol, un numero davvero eccezionale. L’Inter è riuscita ad alzare ulteriormente il livello sin dal primo minuto della partita di Barcellona (l’andata), quello in cui è passata in vantaggio con un gol di tacco di Marcus Thuram su passaggio del terzino nederlandese Denzel Dumfries.
Al ventunesimo minuto Dumfries ha segnato un gol con una mezza rovesciata, portando l’Inter sul 2-0. Ci sono poi stati ancora quattro gol in quella partita, 3 del Barcellona e 1 dell’Inter, ancora con Denzel Dumfries e ancora da calcio d’angolo, questa volta di testa. Il 3-3 finale ha dato all’Inter la possibilità di giocarsi la qualificazione in casa al ritorno, mentre Dumfries per tutta la partita ha creato problemi alla spavalda difesa del Barcellona con i suoi movimenti, la sua esuberanza fisica, la sua capacità di essere decisivo in zona gol. Sul 3-3 era riuscito anche a fare l’assist per il gol del 4-3 di Mkhitaryan, annullato per un fuorigioco di pochi centimetri.
Fino alla scorsa stagione le prestazioni di Dumfries erano state piuttosto altalenanti, e negli anni passati in diverse occasioni Inzaghi gli aveva preferito Matteo Darmian, un calciatore meno talentuoso e abile tecnicamente, ma considerato più affidabile. Quest’anno invece è diventato uno dei migliori calciatori dell’Inter, mostrando grandi miglioramenti e confermando la bravura di Inzaghi come allenatore, che col tempo riesce a far rendere al meglio quasi tutti i calciatori che ha a disposizione.
Il gol di Acerbi e quella partita con il Barcellona
Sembrava difficile che Inter e Barcellona riuscissero a offrire uno spettacolo migliore di quello dell’andata, e invece la partita di ritorno è stata tra le più straordinarie dell’intera storia dell’Inter: per l’importanza che aveva, per com’è andata, per il livello dei giocatori in campo e per l’inatteso e incredibile finale. Come all’andata, l’Inter ha sfruttato gli spazi lasciati dal Barcellona per portarsi in vantaggio di due gol, quelli segnati da Lautaro Martínez (ancora lui, e ancora su assist di Dumfries) e da Hakan Calhanoglu su rigore.
Come all’andata però il Barcellona ha rimontato, portandosi prima sul 2-2 e poi sul 3-2 all’ottantasettesimo minuto. Era la prima volta nel doppio confronto che l’Inter si trovava in svantaggio, e a quel punto è sembrato davvero che fosse finita. L’inerzia era dalla parte del Barcellona, mentre la squadra di Inzaghi sembrava priva di energie mentali e fisiche per riprendere la partita. Alcuni spettatori hanno lasciato lo stadio prima della fine. Al novantatreesimo, in quella che avrebbe potuto essere l’ultima azione della partita, Francesco Acerbi si è lanciato in attacco, abbandonando la posizione di difensore per cercare di sfruttare la sua abilità nei colpi di testa, con la speranza che l’Inter buttasse in area un’ultima palla alta.
Denzel Dumfries invece, ancora lui, è riuscito a fargli arrivare un cross basso, su cui Acerbi ha girato in porta il pallone con un perfetto tiro di destro, segnando il gol che ha pareggiato la partita. Acerbi è mancino e nelle precedenti 35 partite di Champions League aveva segnato zero gol; un minuto prima Lamine Yamal, il fenomenale diciassettenne del Barcellona, aveva colpito un palo: per vincere la Champions League, una competizione tanto difficile ed esigente quanto talvolta episodica e aleatoria, serve anche che le cose non vadano come andrebbero abitualmente. Quel gol di Acerbi è stato uno di quei momenti, il più eccezionale della stagione dell’Inter.
Ai supplementari, sull’entusiasmo di quel pareggio raggiunto nei minuti finali, l’Inter ha segnato anche il gol del 4-3 con Davide Frattesi, spesso criticato e poco a suo agio nel gioco sofisticato dell’Inter. Dopo il gol si è quasi sentito male: «Ho urlato talmente tanto che a un certo punto vedevo tutto nero, ho rischiato di non finire la partita», ha raccontato.
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