La situazione dei video di minori sui grandi siti porno è migliorata, nonostante tutto
Dopo pressioni governative, mediatiche e religiose, siti come Pornhub e YouPorn stanno effettivamente molto più attenti di un tempo

Cinque anni fa il New York Times pubblicò un articolo intitolato «I bambini di Pornhub», nel quale lo storico opinionista Nicholas Kristof raccontava come Pornhub, uno dei più visitati siti di streaming al mondo, fosse pieno di contenuti illegali. L’articolo conteneva diverse storie dettagliate e dolorose di persone i cui video privati erano stati caricati senza consenso, rimanendoci spesso per anni nonostante vari tentativi di ottenerne la rimozione. Denunciava, in particolare, il fatto che il sito non facesse abbastanza per identificare e rimuovere i video che ritraggono minori, stupri o casi di revenge porn (cioè i video privati diffusi senza consenso, spesso come forma di vendetta contro ex partner).
L’articolo di Kristof fu piuttosto criticato perché, tra le altre cose, usava tra le fonti principali l’attivista Laila Mickelwait, all’epoca responsabile del lobbying per l’abolizione di tutta la pornografia per conto di Exodus Cry, un gruppo ultrareligioso contrario tra le altre cose all’aborto e ai diritti delle persone LGBTQ+. Ma ebbe comunque un impatto significativo: da allora Pornhub (e gli altri siti che appartengono alla stessa azienda, Aylo, l’ex MindGeek) ha effettivamente introdotto molti nuovi strumenti e politiche per assicurarsi che sul suo sito non ci siano video illegali. Anche perché, nel frattempo, la pressione pubblica e politica nei confronti delle grandi piattaforme di porno è aumentata notevolmente.
Per anni il successo di siti come YouPorn e Pornhub si è basato su due cose: da una parte permettevano a chiunque avesse accesso a internet di caricare video porno, senza che dimostrassero in alcun modo di detenere i diritti su quel contenuto o di apparirvi dentro in prima persona. Dall’altra, grandissima parte di quei video porno erano del tutto gratuiti, senza nemmeno il bisogno di creare un profilo sul sito per poterne fruire.
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Esistevano, ovviamente, delle regole di moderazione dei contenuti, ma come avviene spesso con questo genere di cose, migliaia di video illegali venivano comunque caricati sul sito e ci potevano restare anche a lungo. Alcune trascrizioni di comunicazioni interne a Pornhub e risalenti a prima del 2020, pubblicate da poco nel contesto di alcune cause legali contro la piattaforma, mostrano peraltro che molte persone che lavoravano nell’azienda erano consapevoli della presenza di una grande quantità di video porno che includevano minorenni sul sito, che non potevano aver acconsentito alla registrazione e al caricamento di quei contenuti.
Un documento interno mostra che nel maggio del 2020 su Pornhub erano ancora visibili 706mila video che erano stati segnalati in precedenza dagli utenti perché mostravano stupri, attività sessuali illecite con minori o altre attività illegali. In base alle politiche aziendali dell’epoca, però, i video non venivano esaminati ai fini di una possibile rimozione a meno che non venissero segnalati almeno 16 volte, e quindi molti rimanevano comunque online per mesi o anni. Inoltre, soltanto gli utenti registrati al sito (una piccola porzione del numero complessivo di visitatori) potevano segnalare i video: l’azienda stessa, in un commento interno, sottolineava che «questa cosa riduce notevolmente il volume complessivo delle possibili segnalazioni».
Oggi però la situazione è migliorata molto, e lo stesso Kristof, l’autore dell’articolo sul New York Times del 2020, di recente ha riconosciuto che «in tutta onestà, sembra che ci sia stato un miglioramento significativo».
Una prima ondata di cambiamenti avvenne già nel dicembre del 2020, dopo che le due principali compagnie di carte di credito – Visa e Mastercard – decisero di sospendere i pagamenti a Pornhub. Per mostrare che stava prendendo seriamente le preoccupazioni del pubblico, nell’arco di pochi giorni l’azienda rimosse circa 10 milioni di video presenti sulla piattaforma, ovvero tutti quelli che non poteva confermare includessero soltanto persone consenzienti. Inoltre, vietò il caricamento di nuovi contenuti agli account non verificati ed eliminò la funzione dei download, che permetteva di scaricare i video e poi ripubblicarli, rendendo impossibile tenerne traccia. Entrambe queste politiche sono tuttora in vigore.
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Molti altri cambiamenti sono stati introdotti a partire dal 2023, quando MindGeek è stata acquistata da un fondo d’investimento privato canadese fondato esplicitamente a questo fine, Ethical Capital Partners, e ha cambiato nome in Aylo. Uno dei fondatori di ECP – Solomon Friedman, che è anche un rabbino e un avvocato penalista che si è spesso occupato di casi di sfruttamento – ha raccontato che adesso su Pornhub ci sono 60mila termini di ricerca completamente vietati: è in particolare molto più difficile di prima trovare video se si cercano video relativi a sesso con teenager. L’azienda ha anche assunto un gran numero di moderatori di contenuti ed esperti di sicurezza, che oggi compongono circa il 20 per cento di tutti i dipendenti di Aylo.
Al contempo, ha introdotto dei sistemi molto rigorosi di verifica dell’identità e dell’età di tutte le persone presenti nei video caricati sulla piattaforma, e utilizza strumenti di intelligenza artificiale per assicurarsi che i volti degli attori corrispondano alle foto sulle carte d’identità presentate. Siri Dahl, un’attrice che lavora per lo studio pornografico Brazzers, di proprietà di Aylo, ha detto al Washington Post che non aveva mai dovuto sottoporsi a delle linee guida tanto scrupolose nel corso della sua carriera.
Anche per gli utenti ora è molto più facile segnalare un contenuto potenzialmente illegale: in fondo a ogni pagina c’è un modulo di richiesta di rimozione dei contenuti ben visibile, e i video segnalati vengono controllati immediatamente da un moderatore umano.
L’azienda collabora poi con delle organizzazioni che curano database di contenuti non consensuali e pedopornografici, utilizzando strumenti tecnologici piuttosto avanzati per controllare che nessuno dei nuovi video caricati corrisponda a contenuti presenti in questi database. In caso venga trovata una corrispondenza, Aylo lo segnala alle forze dell’ordine.
L’anno scorso il direttore di Crime Stoppers International, un’organizzazione internazionale che lavora per ridurre i danni nei confronti dei minori online, ha detto che, in realtà, oggi «Pornhub effettua controlli molto più rigorosi [contro i contenuti pedopornografici] rispetto a piattaforme come YouTube o Facebook». Secondo il National Center for Missing & Exploited Children, organizzazione che contrasta la diffusione dei contenuti pedopornografici online, nel 2022 Facebook aveva ricevuto oltre 21 milioni di segnalazioni di casi sospetti di pedopornografia, contro i 1996 di Pornhub. Su altre piattaforme molto utilizzate, come Telegram, la situazione è ancora peggiore.
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Ciononostante, i grandi siti porno continuano ad avere una pessima reputazione, e a subire una fortissima pressione su più fronti. Da una parte, negli ultimi anni sono diventate più visibili le petizioni dei gruppi (spesso religiosi) che chiedono l’abolizione totale del porno e quindi la chiusura di questi siti. Ma, soprattutto, vari governi hanno cominciato a interessarsi al tema, preoccupandosi soprattutto del fatto che i siti porno sono spesso facilmente accessibili ai minorenni.
Questa settimana, per esempio, la Commissione europea ha annunciato un’indagine nei confronti di Pornhub, Stripchat, XNXX e XVideos per determinare se proteggano a sufficienza i minori che usano internet. Sia il Canada che il Regno Unito, poi, hanno introdotto nuove regolamentazioni che prevedono maggiori controlli sull’età delle persone che visitano siti porno.
Il paese dove le discussioni sono più accese, però, sono gli Stati Uniti, dove esiste da anni un’ampia battaglia culturale contro la pornografia combattuta da gruppi religiosi e politici conservatori. Il vicepresidente del paese, J.D. Vance, in passato ha sostenuto che la pornografia dovrebbe essere abolita del tutto, e proposte altrettanto radicali si trovavano nel testo del Project 2025, il discusso programma di governo per un’ipotetica amministrazione di destra negli Stati Uniti curato dal centro studi conservatore Heritage Foundation.
A inizio maggio un senatore dello Utah, Mike Lee, ha presentato in Senato una proposta di legge che, se dovesse passare, renderebbe illegale gran parte dei contenuti porno che si trovano online. In vari stati del sud del paese questi siti sono già irraggiungibili a causa di una serie di leggi locali rivolte a tutte le aziende che «pubblicano o distribuiscono consapevolmente e intenzionalmente materiale dannoso per i minori su internet».
A seconda dello stato, queste leggi stabiliscono che ogni sito che contiene tra un quarto e un terzo di contenuti ritenuti «dannosi per i minori» debba assicurarsi che le persone sotto i 18 anni non possano vederli. Il primo stato ad approvare una legge simile era stata la Louisiana, nel gennaio del 2023, e da allora ne sono seguite molte altre pressoché identiche, con l’obiettivo dichiarato di tenere bambini e adolescenti lontani dalla pornografia.
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