Maduro è sempre più impopolare, l’opposizione sempre più impotente
Sono le due tendenze politiche emerse dalle ultime elezioni in Venezuela, e non è più una sorpresa per nessuno

Le ultime elezioni in Venezuela, le parlamentari e le regionali di domenica scorsa, sono andate come tutte le precedenti, cioè con l’annuncio di una vittoria ampia del presidente Nicolás Maduro, e hanno consolidato due tendenze politiche in corso da tempo: una crescente impopolarità di Maduro, che anche in queste elezioni ha perso voti in termini assoluti rispetto alle precedenti; e una ulteriore perdita di influenza delle opposizioni, che dei quattro governatori regionali che avevano prima sono riuscite a mantenerne solo uno (sui 24 che venivano eletti).
Premessa: tutte le valutazioni sui risultati elettorali in Venezuela vanno prese con le molle, visto che il Partito Socialista Unito, quello di Maduro e che è da solo al governo, viene sistematicamente accusato di brogli, oltre a governare in maniera autoritaria e perseguire con violenza dissidenti e oppositori. In queste elezioni in particolare i risultati vanno presi con ulteriori cautele, perché la principale leader dell’opposizione, María Corina Machado, aveva invitato i propri sostenitori a non andare a votare.
Il dato sull’affluenza è già stato contestato. Il comitato elettorale, gestito dal regime, ha sostenuto che avrebbe votato il 42,6 per cento degli elettori: una cifra bassa, ma comunque molto più alta di quella reale. Ai numeri del comitato elettorale venezuelano infatti bisogna credere “sulla parola”: il sito in cui dovrebbe raccogliere e dare prova dei risultati è irraggiungibile dallo scorso 28 luglio, dopo le elezioni presidenziali caratterizzate da enormi brogli, che Maduro disse di aver vinto contro ogni evidenza.
Lo stesso consiglio elettorale ha detto che i voti contati domenica sarebbero poco più di 5 milioni, su un totale di 21 milioni di elettori: prendendoli per buoni (potrebbero anche essere gonfiati) l’affluenza sarebbe intorno al 25 per cento, molto meno del 42,6.

Un seggio elettorale a Caracas (AP Photo/Ariana Cubillos)
La scelta di Machado di boicottare il voto era stata presa durante la campagna elettorale, quando molti esponenti dell’opposizione erano stati arrestati dal regime. C’era inoltre la consapevolezza che non sarebbero state elezioni libere e democratiche, sia per il progressivo autoritarismo di Maduro sia a causa dei grossi e documentati brogli dell’ultima tornata elettorale.
Per sottolineare la scarsa affluenza, domenica Machado ha postato sui social diverse foto di seggi deserti, in netto contrasto con le immagini delle elezioni del 28 luglio, quando le opposizioni candidarono Edmundo González Urrutia (oggi in esilio in Spagna per sfuggire a un arresto politico). Machado si sta muovendo in clandestinità, perché è da tempo ricercata dal regime.
Machado ha sostenuto che l’85 per cento dei venezuelani abbia «disobbedito al regime»: la percentuale è difficilmente verificabile, ma è indubbio che il sostegno popolare per Maduro è sempre più ristretto, anche per il perdurare di una profonda crisi economica che ha portato negli ultimi anni milioni di venezuelani a emigrare. Il regime continua a mantenere un controllo saldo su esercito, polizia e strutture di potere: cerca ancora di promuovere l’immagine di un governo espressione della volontà popolare, ma le attenzioni a un rispetto anche solo formale delle regole democratiche sono sempre minori.
In questo senso, come scrive in un editoriale il quotidiano spagnolo El Pais, «le elezioni, per come sono organizzate oggi, non sono una parte della soluzione, ma sono esse stesse parte del problema».

Maduro con la moglie Cilia Flores e il figlio Nicolás Maduro Guerra, entrambi eletti in parlamento (AP Photo/Ariana Cubillos)
Nonostante le proteste e le dichiarazioni dell’opposizione guidata da Machado, Maduro, il partito e i media di stato hanno raccontato queste elezioni come un grande successo del chavismo, la dottrina politica dell’ex presidente Hugo Chávez di cui Maduro si dice erede. Secondo i dati ufficiali, le opposizioni che hanno partecipato al voto – fra cui ci sono diverse formazioni accusate di fare un’opposizione solo di facciata – hanno raccolto il 14 per cento delle preferenze. L’unico governatore che non è andato al partito di Maduro è stato quello della regione di Cojedes, poco popolata e non centrale nella politica venezuelana.
In parlamento sono stati eletti per lo più fedelissimi di Maduro, fra cui anche la moglie Cilia Flores e il figlio Nicolás Maduro Guerra, di cui si inizia a parlare come possibile successore del padre. Negli ultimi anni il parlamento è stato svuotato di quasi ogni funzione e potere, diventando un semplice strumento per mantenere un’apparenza democratica in un paese in cui le decisioni sono prese da una struttura sempre più centralizzata.