Il governo vuole cambiare il modo in cui sono assunti i professori universitari
Un nuovo disegno di legge cerca di superare il meccanismo delle abilitazioni a cui poi non corrispondono posti di lavoro

Lunedì il governo ha approvato un disegno di legge per cambiare il modo in cui vengono scelti i docenti universitari, proposto dalla ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini. La riforma punta a sostituire la cosiddetta Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN), introdotta nel 2010 dall’allora ministra Mariastella Gelmini e molto criticata nel tempo, che appunto abilita all’insegnamento attraverso un concorso ma non garantisce un contratto. Inoltre prevede che ricercatori, ricercatrici e docenti siano valutati ogni due anni e che i finanziamenti pubblici destinati alle singole università dipendano dai risultati ottenuti in queste valutazioni.
Attualmente l’idoneità all’insegnamento universitario viene decisa da commissioni nazionali per ogni macrosettore disciplinare, che in occasione di grandi concorsi valutano i curriculum di chiunque si voglia candidare – non solo persone che già lavorano nelle università italiane, ma anche ricercatori che lavorano all’estero, ricercatori indipendenti e insegnanti di scuole superiori. Questo sistema dà particolare rilevanza alle pubblicazioni su riviste scientifiche dei candidati (era stato fatto così con l’intento di essere il più obiettivo possibile), mentre trascura altri aspetti, come la capacità di insegnamento e quelle legate alla “terza missione”, cioè i contributi alla società nel suo complesso di chi studia e insegna.
La grande importanza data alle pubblicazioni scientifiche è stata molto criticata in questi anni perché ritenuta parziale, soprattutto per i settori disciplinari dell’ambito umanistico.
La riforma proposta da Bernini prevede che i candidati ai ruoli di ricercatori e professori (associati e ordinari) usino una piattaforma informatica del ministero per dichiarare il possesso di requisiti minimi richiesti a livello nazionale per partecipare ai concorsi per i singoli incarichi. Questi concorsi, secondo il disegno di legge, saranno organizzati dalle singole università, coinvolgendo nelle commissioni giudicanti dei membri esterni, selezionati per sorteggio tra i docenti universitari italiani del settore scientifico-disciplinare interessato.
L’obiettivo di questo cambiamento sarebbe evitare «la generazione di aspettative nei candidati circa l’automatico accesso ai ruoli universitari», dice un comunicato del ministero, dato che non esistono posti disponibili per tutti coloro che in questi anni sono stati abilitati per l’insegnamento.
Il numero di pubblicazioni sulle riviste scientifiche continuerà ad avere importanza nella carriera universitaria perché avrà un peso sulle valutazioni periodiche successive all’inizio di una docenza o di un incarico da ricercatore.
Il disegno di legge di Bernini prevede che le nuove regole valgano anche per il reclutamento dei ricercatori a tempo determinato, che peraltro di recente hanno scioperato e protestato per le loro condizioni di precarietà sul lavoro.