Acciaierie d’Italia ha chiesto la cassa integrazione per quasi 4mila lavoratori dell’ex ILVA

Acciaierie d’Italia, la società che gestisce l’impianto di produzione di acciaio che si chiamò a lungo ILVA, ha chiesto la cassa integrazione per quasi 4mila lavoratori, di cui circa 3.500 nello stabilimento di Taranto. Dalla scorsa settimana la produzione dello stabilimento è dimezzata per via del sequestro dell’altoforno 1 da parte della procura di Taranto. Il 7 maggio nell’altoforno c’era stato un incendio che, secondo quanto riferito dall’azienda, era stato causato da «un’anomalia improvvisa» al sistema di raffreddamento. La procura ha aperto un’indagine, durante la quale l’altoforno 1 non può essere usato: sono indagate tre persone con l’accusa di omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro e “getto pericoloso di cose” (un reato previsto per chi, fra le altre cose, «provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo»).
L’unico altoforno su quattro ancora funzionante è il numero 4. L’ex ILVA è in crisi da anni, ma il governo vuole evitarne la chiusura perché avrebbe costi sociali ed economici altissimi. Acciaierie d’Italia è controllata al 68 per cento dalla società franco-indiana ArcelorMittal e per il 32 per cento dallo Stato, che sta cercando un compratore che subentri ad ArcelorMittal, al momento senza risultati. Lo scorso febbraio l’azienda era stata messa in amministrazione straordinaria.