Tre dirigenti sono indagati per l’incendio dell’altoforno 1 dell’ex ILVA, a Taranto

(ANSA / CIRO FUSCO)
(ANSA / CIRO FUSCO)

Tre persone sono indagate nell’inchiesta sull’incendio dell’altoforno 1 dello stabilimento di Acciaierie d’Italia, la società che gestisce l’impianto di produzione di acciaio che si chiamò a lungo ILVA, a Taranto. L’incendio era avvenuto il 7 maggio e l’impianto è stato sequestrato dalla procura di Taranto. Gli indagati sono tre dirigenti di Acciaierie d’Italia: il direttore generale Maurizio Saitta, il direttore dello stabilimento di Taranto Benedetto Valli e il direttore dell’area altoforni Arcangelo De Biasi. Sono accusati di omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro e “getto pericoloso di cose”, un reato previsto per chi (fra le altre cose), «provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo».

Non ci sono stati feriti nell’incendio, che però aveva molto preoccupato i residenti. L’azienda ha detto che l’incendio è stato causato da «un’anomalia improvvisa» a una parte del sistema di raffreddamento. L’unico altoforno su quattro dell’ex ILVA ancora funzionante è il numero 4. Secondo fonti dei sindacati citati dalla Gazzetta del Mezzogiorno, circa 70 lavoratori non possono lavorare per il momento e stanno quindi facendo formazione.

L’ex ILVA è in crisi da anni, ma il governo vuole evitarne la chiusura perché avrebbe costi sociali ed economici altissimi. Acciaierie d’Italia è controllata al 68 per cento dalla società franco-indiana ArcelorMittal e per il 32 per cento dallo Stato: l’obiettivo del governo è trovare un compratore che subentri ad ArcelorMittal. Per questo sta cercando di rimettere in ordine i conti dell’azienda, che lo scorso febbraio era stata messa in amministrazione straordinaria. L’incendio e il nuovo sequestro potrebbero però scoraggiare eventuali nuovi investitori.