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  • Venerdì 9 maggio 2025

Le critiche a Leone XIV sulla gestione di due casi di abusi sessuali

Riguardano una vicenda recente in Perù e una di 25 anni fa a Chicago: per entrambe il Vaticano ha negato ogni responsabilità di Prevost

Robert Francis Prevost, di spalle, saluta le persone in piazza San Pietro dopo essere stato eletto papa
Robert Francis Prevost saluta le persone in piazza San Pietro dopo essere stato eletto papa, 8 maggio 2025 (ANSA / VATICAN MEDIA)

Ad aprile, pochi giorni dopo la morte di papa Francesco, un’organizzazione statunitense che rappresenta persone vittime di abusi sessuali da parte di membri della Chiesa Cattolica e che si chiama Survivors Network of those Abused by Priests (SNAP) aveva chiesto al Vaticano di indagare sul comportamento del cardinale Robert Francis Prevost. La richiesta si riferiva a uno dei due casi in cui durante la sua carriera Prevost, che è appena stato eletto papa col nome di Leone XIV, non avrebbe gestito adeguatamente l’accusa contro due sacerdoti – di cui era di fatto il capo – di aver compiuto abusi sessuali su minori.

Il caso segnalato dalla lettera di SNAP riguarda la diocesi di Chiclayo, in Perù, di cui Leone XIV è stato vescovo dal 2015 al 2023. La seconda vicenda risale a più di 25 anni fa, quando Prevost era priore provinciale dell’ordine di Sant’Agostino a Chicago, negli Stati Uniti. Entrambe le storie sono state raccontate da diversi giornali fra cui The Pillar, un sito di giornalismo investigativo statunitense di orientamento cattolico fondato da due esperti di diritto canonico. Per la prima vicenda il Vaticano ha negato che Prevost abbia agito in modo scorretto, mentre per la seconda ha negato del tutto il suo coinvolgimento.

Il caso peruviano è il più recente. Nel 2024 tre sorelle hanno accusato Prevost di aver gestito male le loro accuse nei confronti di due sacerdoti (Eleuterio Vásquez Gonzáles e Ricardo Yesquen), che si riferivano a fatti avvenuti quando erano bambine.

Secondo la versione della diocesi di Chiclayo, nell’aprile del 2022 Prevost incontrò le tre donne, ascoltò le loro storie e le incoraggiò a presentare una denuncia alle autorità civili peruviane. Al tempo stesso aprì un’indagine ecclesiastica. I risultati di questa indagine furono mandati al dicastero per la Dottrina della fede, l’organo della Chiesa che si occupa tra le altre cose di promuovere e tutelare la dottrina cattolica (è l’ex Santa Inquisizione). Nella stessa comunicazione la diocesi sosteneva che l’indagine civile fosse stata archiviata per mancanza di prove e superamento dei termini di prescrizione.

Nell’agosto del 2023, vari mesi dopo il trasferimento a Roma di Prevost, che intanto era stato nominato da papa Francesco come nuovo prefetto del dicastero dei Vescovi, il dicastero per la Dottrina della fede rispose alla diocesi chiudendo l’indagine. Per tutta la durata dell’indagine, secondo la diocesi di Chiclayo, a Gonzáles fu vietato di celebrare messa; Yesquen invece avrebbe sviluppato i sintomi di una malattia degenerativa per cui non è più in grado di rispondere alle accuse nei suoi confronti.

Le tre donne che hanno accusato i due sacerdoti sostengono che sia la diocesi di Chiclayo che Prevost abbiano gestito male le accuse. Dicono in sostanza che la diocesi non avrebbe compiuto alcuna indagine perché non le chiamò mai a dare la loro testimonianza, e la accusano di aver dichiarato il falso comunicando al dicastero per la Dottrina della fede che l’indagine civile fosse stata chiusa per mancanza di prove: hanno detto che l’unico motivo dell’archiviazione è la prescrizione.

Le tre donne hanno raccontato che la diocesi non offrì loro nessuna forma di sostegno psicologico o altri tipi di aiuti; e hanno contraddetto la versione secondo cui Gonzáles avrebbe smesso di dire messa mostrando delle fotografie (trovate sugli account social di una parrocchia) in cui lo si vede durante delle celebrazioni.

La vicenda di Chicago è meno recente. Nel 2000 Prevost avrebbe autorizzato James Ray, un sacerdote accusato di aver abusato sessualmente molti ragazzi, a vivere in un convento di frati agostiniani vicino a una scuola elementare cattolica. Successivamente il cardinale Blase Cupich, arcivescovo metropolita di Chicago, avrebbe detto che quel convento non era una residenza appropriata per sacerdoti accusati di abusi.

Nel 2000 a Ray era stato vietato di celebrare messa già da nove anni: aveva ammesso di aver fatto dormire nel proprio letto e «abbracciato» almeno uno dei ragazzini che lo avevano accusato. Prima che Prevost lo autorizzasse a vivere nel convento di St. John Stone, gli era stato vietato di stare in un’altra residenza dell’arcidiocesi di Chicago perché si trovava nella stessa proprietà di un’altra scuola. Nessuno, né Prevost né l’ordine, avvisò la scuola elementare vicina al convento di St. John Stone della presenza di Ray.

Da quando la vicenda ha ottenuto una nuova attenzione mediatica, nel 2021, Prevost non l’ha mai commentata pubblicamente e non ha mai risposto nel merito ad alcune domande del Chicago Sun-Times sull’approccio degli agostiniani nei confronti dei propri sacerdoti accusati di abuso sessuale.

Per quanto riguarda il caso peruviano, invece, ha fatto riferimento alla difesa della diocesi di Chiclayo. Il Vaticano ha negato che Prevost si sia comportato in modo scorretto nel caso peruviano e ha negato che avesse autorizzato lui la permanenza di Ray nel convento vicino alla scuola.