Il Giro d’Italia con o senza Tadej Pogačar
Quest'anno il più forte ciclista in circolazione non c'è, ma non è detto che sia un male

Il Giro d’Italia parte oggi dall’Albania e tra i 184 corridori al via non c’è il 26enne sloveno Tadej Pogačar, il più forte ciclista in attività e uno per cui diventa sempre più sensato il paragone con Eddy Merckx, considerato il ciclista più forte e vincente di sempre. Nel 2024 Pogačar fu il protagonista assoluto del Giro d’Italia, che dominò dall’inizio alla fine. Per quest’anno ha programmato la stagione in modo diverso (puntando per esempio sulla Parigi-Roubaix): il Giro si trova quindi senza un grande favorito per la vittoria, oltre che senza un personaggio in grado di rendersi da solo altrettanto interessante per i media, gli sponsor, i tifosi e il pubblico più occasionale. Non è necessariamente una brutta notizia per il Giro e per chi vorrà seguirlo.
Pogačar attirò tutta l’attenzione legata al Giro d’Italia fin da quando, con molti mesi di anticipo, annunciò di volerci partecipare per la prima volta in carriera lo scorso anno, nel 2024. Oltre a vincere una corsa di per sé storica e ancora rilevante, puntava soprattutto a vincere nello stesso anno prima il Giro e poi il Tour de France, come per l’ultima volta era riuscito a fare Marco Pantani nel 1998 e come prima ancora avevano fatto Fausto Coppi ed Eddy Merckx.
Andò tutto come da copione: già nella seconda tappa Pogačar conquistò la maglia rosa, simbolo del primato in classifica generale, e dopo 21 tappe e tre settimane di corsa terminò il Giro con dieci minuti di vantaggio (tanti) sul secondo classificato. A luglio completò l’opera vincendo il Tour (la più importante corsa a tappe al mondo) e a settembre vinse i Mondiali di ciclismo dopo una lunga fuga solitaria.
La vittoria al Giro fu un importante passaggio di un anno fenomenale per Pogačar, ma anche un grande risultato per il Giro ed RCS Sport, la società che lo organizza. La vittoria di Pogačar alzò il livello sportivo della competizione, la sua presenza e le sue sei vittorie di tappa ebbero conseguenze positive sulla copertura mediatica e sulla raccolta pubblicitaria dell’evento. Grazie a Pogačar, il valore della corsa crebbe sotto molti punti di vista. Uno spettatore occasionale è più propenso ad accendere la tv se spera di poter assistere a un audace attacco del più forte di tutti, e in generale la vittoria di un talento generazionale è una storia di grande effetto e facile presa. E poi più concretamente il logo di uno sponsor sulla maglia rosa ha un valore economico maggiore se a indossarla è Pogačar.
Al contempo è altrettanto vero che, una volta esaurita la carica iniziale, nella seconda metà del Giro del 2024 non restò che osservare il manifestarsi di un dominio che era stato largamente previsto. Pogačar corse in modo spettacolare, ben oltre le semplici necessità di difesa della maglia rosa, ma senza nessuno in grado di tenergli testa veniva meno parte del divertimento, mancava un antagonista a completare la storia.
Tranne rare eccezioni, se Pogačar è al via di una corsa ciclistica è anche il favorito per vincerla. La sua sola presenza cambia il modo in cui si svolgerà la corsa e – ancor prima – determina se qualche avversario ci parteciperà o meno; il suo dominio può addirittura inibire determinate azioni da parte di alcuni avversari. Sono tutte cose che, almeno in parte, successero al Giro del 2024. È una conseguenza diretta della sua peculiarità sportiva, ma anche la ragione per cui c’è chi inizia a notare che, se c’è lui, certe corse diventano più noiose.
Quest’anno la storia è decisamente un’altra, anche perché oltre a Pogačar non partecipano al Giro nemmeno il danese Jonas Vingegaard e il belga Remco Evenepoel, che l’anno scorso arrivarono secondo e terzo al Tour. Non manca solo Pogačar: mancano anche gli unici altri due corridori che se fossero al via sarebbero i favoriti per la vittoria finale.
Un modo di vederla è che sarà una competizione sportiva priva dei migliori esponenti del suo sport, come un torneo di tennis senza Jannik Sinner, Alexander Zverev e Carlos Alcaraz; un altro è che queste assenze faranno bene al Giro perché ci sarà una competizione più equilibrata e aperta.
Se l’anno scorso il Giro fu per molti versi un inesorabile assolo di Pogačar, quest’anno la maggior parte dei pronostici prevede un testa a testa tra due corridori tra loro parecchio diversi, quasi antitetici: lo sloveno Primož Roglič e lo spagnolo Juan Ayuso, entrambi assenti al Giro del 2024.
Roglič ha 35 anni e ha vinto un Giro d’Italia, nel 2023, e quattro volte la Vuelta di Spagna (che insieme a Giro e Tour è un Grande Giro, cioè una delle più importanti corse ciclistiche a tappe). Nel 2020 arrivò secondo al Tour, superato nella penultima tappa, una cronometro in salita, proprio da Pogačar (le “cronometro” sono le tappe in cui i ciclisti non partono tutti insieme ma uno per uno, e a determinare la vittoria finale è il tempo anziché l’ordine di arrivo).
Roglič è un corridore completo ed evidentemente esperto. È in genere molto regolare nei suoi risultati, seppur piuttosto avvezzo a cadute e altri imprevisti, ed è raro vederlo attaccare quando manca ancora molto all’arrivo, come invece accade sempre più di frequente nel ciclismo contemporaneo. Se dovesse vincere il Giro d’Italia, sarebbe il più anziano di sempre a riuscirci.

Il ciclista sloveno Primož Roglič (Szymon Gruchalski/Getty Images)
Ayuso ha 22 anni: 13 in meno di Roglič, che quando aveva 22 anni ancora doveva iniziare a fare il ciclista professionista. È uno dei più promettenti talenti del ciclismo mondiale e già nel 2022 arrivò terzo alla Vuelta diventando il secondo più giovane corridore della storia a terminare un Grande Giro sul podio finale (il primo fu Henri Cornet, che nel 1904 vinse il Tour a 19 anni).
Ayuso è considerato un predestinato, ma è anche un corridore dal carattere piuttosto complicato. La sua squadra è la UAE Team Emirates XRG, la stessa di Pogačar. Di lui si dice che sia tra i pochissimi a non andare granché d’accordo con Pogačar, e che sia una sorta di pupillo di Matxin Fernandez, il team manager della squadra. Per età e per attitudine è più arrembante di Roglič, anche se fin qui meno concreto e affidabile, e il Giro è la sua prima grande occasione di uscire dall’ombra di Pogačar.

Il ciclista spagnolo Juan Ayuso (Tim de Waele/Getty Images)
Già un uno-contro-uno sarebbe una rilevante novità rispetto al 2024, ma oltre a Roglič ed Ayuso al Giro di quest’anno ci sono diversi altri corridori con buone credenziali per poter sfruttare la ghiotta occasione di una corsa senza Pogačar, Vingegaard ed Evenepoel.
Oltre alla sfida tra il 35enne che cerca di resistere e il giovane che non vede l’ora di emergere, ci sono altre trame possibili: ci sono corridori che hanno vinto il Giro in passato ma hanno avuto stagioni difficili (come l’ecuadoriano Richard Carapaz e il colombiano Egan Bernal, vincitori del Giro nel 2019 e nel 2021), italiani in cerca di una vittoria in un Grande Giro (l’ultima la ottenne Vincenzo Nibali nel 2016), e squadre con diversi corridori in grado di puntare alla vittoria finale. Nella Red Bull-Bora-Hansgrohe di Roglič ci sono per esempio Jai Hindley, vincitore del Giro nel 2022, e Daniel Martinez, secondo nel 2024.
Di certo, nonostante le importanti assenze, il livello generale è alto, molto più che nella maggior parte delle edizioni degli ultimi anni. Lo prova il fatto che chi vinse il Giro giusto qualche anno fa, o chi lo avrebbe vinto se non ci fosse stato Pogačar, quest’anno non è tra i maggiori favoriti per la vittoria.
Al momento, la contesa tra Roglič e Ayuso esiste solo sulla carta, perché è probabile ed efficace da raccontare, ma è tutt’altro che inevitabile. Potrebbe succedere, come al Giro d’Italia del 2019, che tra due finisca per farsi spazio un terzo contendente; che uno dei due si riveli meno in forma o molto più in forma del previsto; o che in assenza di un chiaro punto di riferimento come era Pogačar la corsa abbia un’evoluzione ancora più imprevedibile, una sfida ancora più aperta, con qualche vincitore al momento meno pronosticabile di altri, magari grazie ai minuti ottenuti grazie a una cosiddetta “fuga bidone”.
Tra la partenza da Durazzo, in Albania, e l’arrivo l’1 giugno a Roma, sono previsti 3.443,3 chilometri di strada e più di 52mila metri di dislivello complessivo. Con la sua eccezionalità, nel 2024 Pogačar fece dimenticare la grande componente di imprevedibilità legata alla conformazione di una corsa come il Giro d’Italia.