L’uomo che conta davvero in Pakistan è il generale Asim Munir
È il capo dell'esercito, molto aggressivo verso l'India, e potrebbe decidere gli sviluppi della grave crisi militare in corso tra i due paesi

Quello che succederà nella crisi fra India e Pakistan dipenderà molto da come il governo e soprattutto l’esercito pachistano, guidato dal generale Asim Munir, decideranno di rispondere agli attacchi missilistici compiuti dall’India martedì sera.
In Pakistan l’esercito ha sempre avuto un’influenza eccezionale sulle questioni politiche, economiche e sociali. Tra le altre cose controlla buona parte della propaganda, ha avuto un ruolo in molti casi determinante nella scelta di tutti i primi ministri e anzi per quasi metà della storia del paese i generali hanno governato direttamente, tramite colpi di stato militari. Spesso insomma si dice che il Pakistan non è uno stato con un esercito, ma un esercito con uno stato.
Munir è quindi tra gli uomini più potenti del paese, in termini di influenza militare e politica. Professa da tempo una linea dura contro l’India, interpretando la rivalità e le tensioni come uno scontro principalmente religioso (l’India è a maggioranza induista, il Pakistan a maggioranza islamica). Munir ha anche accelerato un processo iniziato negli anni Ottanta sotto la guida del generale Muhammad Zia ul-Haq, cioè quello di “islamizzazione” dell’esercito.
Il 16 aprile, sei giorni prima degli attentati nel Kashmir indiano, che per l’India sono stati compiuti da un gruppo finanziato e appoggiato dal Pakistan, Munir aveva definito la regione del Kashmir «la vena giugulare» del paese, quindi vitale per la sua identità. Oggi il Kashmir è diviso in tre parti: una parte controllata dall’India, una dal Pakistan e una dalla Cina. «Sapete cosa succede se si taglia la vena giugulare?», aveva chiesto retoricamente Munir, suggerendo l’idea che il Pakistan non può sopravvivere senza l’intera regione del Kashmir (non solo quella che controlla il suo governo).

Il generale Asim Munir nel 2018 (EPA/ISPR)
Munir è sostenitore della “teoria delle due nazioni”, l’idea che fu alla base della fondazione dello stato pachistano (nel 1947) con la partizione dell’India. Questa teoria, che ha condizionato l’identità nazionale e la politica estera pachistane, sottolinea in maniera marcata le differenze fra India e Pakistan e negli anni Quaranta fu usata per spiegare la necessità di creare due stati. Il 26 aprile scorso Munir ha detto, riferendosi proprio alla “teoria delle due nazioni”: «Le nostre religioni sono diverse, i nostri usi sono diversi, le nostre tradizioni sono diverse, i nostri pensieri sono diversi, le nostre ambizioni sono diverse», rimarcando come anche i due paesi siano, appunto, molto diversi.
Già prima degli attentati nel Kashmir indiano, Munir era accusato dall’India di spingere il Pakistan su posizioni più radicali e aggressive. Dopo gli attentati, i media indiani hanno accusato direttamente Munir di aver fomentato gli attentatori, ma lui non ha commentato.
– Leggi anche: Dieci risposte sulla crisi fra India e Pakistan
Non è detto che a questo approccio e questi discorsi seguano atti altrettanto belligeranti. Il Pakistan è in un momento di particolare difficoltà, anche dal punto di vista economico, e potrebbe non reggere una guerra con l’India. Munir e il suo esercito devono già gestire un aumento dell’attività terroristica al confine con l’Afghanistan (dovuto alle azioni dei talebani pachistani e della sezione afghana dello Stato Islamico) e gli attacchi degli indipendentisti del Belucistan (nel sud-ovest del paese).

Asim Munir fa un discorso ad alcuni soldati nel nord-est del paese, lo scorso 1° maggio (Inter Services Public Relations via AP)
Munir, a differenza di altri ufficiali di alto grado dell’esercito pachistano, non proviene da una famiglia di militari, ma è figlio di un preside scolastico e imam della moschea della città di Rawalpindi. Ha studiato in scuole islamiche e con l’esercito pachistano è stato a lungo in Arabia Saudita. Fu anche capo dei servizi segreti pachistani (ISI), ma fu licenziato dopo pochi mesi per volontà dell’allora primo ministro Imran Khan (secondo alcune ricostruzioni, perché stava indagando su presunti atti di corruzione di Khan). È diventato capo dell’esercito nel 2022, carica che conserverà almeno fino al 2027.
Da allora l’esercito ha aumentato ulteriormente il suo controllo sulla politica pachistana e limitato le espressioni pubbliche di dissenso. Negli ultimi tempi Munir è diventato sempre più visibile anche sui media e ha tenuto discorsi molto ripresi dalla stampa pachistana, oltre che da quella indiana.