Starbucks vuole tornare alle origini
La grande catena di caffetterie è in difficoltà e non ha più la clientela affezionata di un tempo, il suo nuovo capo diceva di avere un piano

Brian Niccol ha 50 anni e per quasi metà della sua vita ha lavorato nel settore alimentare negli Stati Uniti, occupandosi della gestione e del rilancio di grandi catene come Pizza Hut, Taco Bell e Chipotle. Dallo scorso settembre, Niccol è alle prese con un compito piuttosto difficile: riportare la grande catena di caffetterie Starbucks ai fasti delle origini, quando produceva grandi ricavi ed era un punto di riferimento per milioni di persone ogni giorno. Non a caso il nuovo amministratore delegato (CEO) della società ha chiamato il proprio piano di rilancio “Back to Starbucks”.
Questa settimana Starbucks ha comunicato i risultati economici dell’ultimo trimestre, il quinto di fila in cui le vendite sono diminuite nelle sue “caffetterie comparabili”, cioè escludendo dal calcolo i punti vendita di recente apertura. La riduzione è stata dell’1 per cento a livello globale, mentre è stata più marcata negli Stati Uniti: intorno al 2 per cento. I ricavi complessivi, comprendendo tutte le attività della società, sono stati di 8,76 miliardi di dollari e inferiori alle previsioni degli analisti, mentre l’utile operativo è passato dal 12,8 per cento di un anno fa al 6,9 per cento (in pratica la società guadagna molto meno su ogni dollaro incassato rispetto a prima).
Il periodo di difficoltà si è riflesso anche sul valore delle azioni di Starbucks, che negli ultimi sei mesi si è ridotto di quasi un quarto (un’azione vale circa 78 dollari). Il peggioramento è legato al pessimo andamento della borsa statunitense negli ultimi mesi a causa della guerra commerciale avviata da Donald Trump, che secondo gli analisti potrebbe far aumentare notevolmente i costi per l’acquisto e la gestione delle materie prime da parte di Starbucks. Il caffè ha raggiunto prezzi molto alti e la società non può scaricare più di tanto gli aumenti sui consumatori finali, altrimenti rischierebbe di perdere ulteriormente clienti.
Commentando i risultati, Niccol ha comunque mantenuto un certo ottimismo, sostenendo che il suo piano inizia a dare i primi segni di miglioramento. L’approccio, seguito già in parte nelle aziende che aveva diretto in precedenza, è di provare a riorganizzare Starbucks e le sue priorità, senza considerare più di tanto le fluttuazioni del mercato e i risultati finanziari. A ottobre la società ha quindi deciso di sospendere le proprie previsioni sul 2025 e ha segnalato una probabile riduzione degli utili, dovuta al nuovo piano.
A febbraio Starbucks ha annunciato il licenziamento di circa 1.100 dipendenti che lavoravano negli uffici dell’azienda, con l’obiettivo di snellire numerosi gruppi di lavoro e ridistribuire i lavoratori rimasti. Al tempo stesso, l’azienda ha iniziato ad assumere molte più persone da far lavorare nelle proprie caffetterie, con l’obiettivo di migliorare il servizio e il rapporto con la clientela che secondo diverse analisi si era via via deteriorato soprattutto negli Stati Uniti, il mercato più importante e redditizio per Starbucks.
Niccol ha detto in più occasioni di essere convinto che siano gli impiegati nelle caffetterie a fare la differenza, più che i prodotti stravaganti a base di caffè e non solo che erano stati introdotti negli ultimi anni. Per realizzare alcuni di questi, come i caffè estratti a freddo, servono costosi macchinari che la gestione precedente dell’azienda aveva in programma di acquistare per buona parte delle proprie caffetterie. Il nuovo piano prevede invece di ridurre i prodotti nei menu e di concentrarsi su quelli classici, a cominciare dai vari tipi di caffè e alimenti per la colazione.
Negli ultimi mesi Starbucks ha inoltre intensificato le campagne pubblicitarie, cercando di trasmettere l’idea che le sue caffetterie siano un luogo in cui si può stare a lungo, anche per lavorare. La società aveva mantenuto un approccio simile per anni, ma negli ultimi tempi soprattutto a causa della pandemia da coronavirus si era progressivamente perso e oggi le sue caffetterie sono percepite soprattutto come luoghi in cui acquistare caffè e altri cibi da asporto, specialmente negli Stati Uniti.
Commentando i dati dell’ultimo trimestre, Niccol ha detto che le nuove campagne di marketing iniziano a funzionare, ma non ha fornito dati per confermarlo. Oltre agli Stati Uniti, Starbucks intende recuperare in Cina, uno dei suoi più importanti mercati dove negli ultimi tempi ha subìto la concorrenza di altre catene di caffetterie. In programma c’è anche una revisione degli arredi e l’impiego di nuovi modelli di previsione, basati sui consumi dei clienti, per gestire più velocemente gli ordini e ridurre le code. E questo forse è l’obiettivo più ambizioso del nuovo CEO, convinto che ogni cliente debba ricevere il proprio ordine entro quattro minuti.



