C’è un solo conclave di cui sappiamo quasi tutto
Quello che portò alla sorprendente elezione di papa Francesco, che ha raccontato lui stesso con molti dettagli
di Francesco Gaeta

Il conclave che si apre il 7 maggio è di fatto già cominciato secondo modalità e procedure piuttosto laiche. Sono in corso in questi giorni le “congregazioni generali”, cioè le riunioni dei cardinali che si tengono prima del loro ingresso nella Cappella Sistina. Vi partecipano di diritto i 252 componenti dell’attuale collegio cardinalizio, anche se a votare il successore di papa Francesco saranno in 133, che hanno meno di 80 anni.
Le congregazioni generali sono di fatto un giro di consultazioni del tutto simili a quelle che in Italia accompagnano la scelta del capo dello Stato. Alle riunioni, che si tengono nel palazzo apostolico che sorge alla destra della basilica di San Pietro, ogni cardinale può chiedere di prendere la parola per esporre i problemi e le necessità che a suo avviso caratterizzano il momento attuale della Chiesa cattolica. Questi interventi devono restare segreti e sono una parte essenziale dell’intera procedura di elezione. È in questa fase che si definisce una sorta di “programma di governo” e si trova l’accordo sul nome più adatto a metterlo in pratica.
È stato papa Francesco a raccontare in ben due libri (tanti, per un papa) quanto le congregazioni generali siano determinanti, come si leghino al conclave che segue e che peso hanno avuto per la sua stessa elezione. Sono Spera, un’autobiografia scritta con Carlo Musso (Mondadori), e Life, libro scritto con il giornalista Fabio Marchese Ragona (HarperCollins). Entrambi contengono diversi particolari sulla fase delle votazioni, che è da sempre inaccessibile e misteriosa, e per questo è per molti affascinante: i racconti di papa Francesco rendono di fatto l’ultimo conclave quello più conosciuto di sempre, e anche il più utile a capire “dal di dentro” cosa sia un conclave, data la fonte da cui arrivano le informazioni.

Una persona in piazza san Pietro, in Vaticano, il secondo giorno del conclave del 2013 (AP Photo/Emilio Morenatti)
Papa Francesco ha raccontato che non si considerava tra i favoriti, «al massimo un kingmaker», cioè uno con «l’autorità di indirizzare un numero di voti su questo o quel candidato». Nel corso delle congregazioni generali prese la parola tre giorni prima dell’apertura del conclave, e il suo fu «un discorso breve, a braccio, di quattro o cinque minuti», che destò «qualche attenzione» in chi non lo aveva mai incontrato o lo conosceva poco. «Pensavo fossero gentilezze, riguardi, poco di più. Un cardinale mi si è avvicinato e mi ha detto: Ecco, ci vorrebbe proprio una persona che faccia quelle cose…».
Dopo la fase delle congregazioni, il conclave si aprì il 12 marzo 2013 con i riti che saranno osservati anche il 7 maggio: la messa in preparazione – che in latino viene detta Pro Eligendo Romano Pontifice (“per l’elezione del pontefice romano”) – con cui i cardinali invocano lo Spirito Santo perché li assista nell’elezione; la processione alla Cappella Sistina; il giuramento solenne. Poi, nel pomeriggio, avvenne la prima votazione, che è sempre anche l’unica della prima giornata. Si tratta, ha spiegato papa Francesco, «più o meno di uno scrutinio “di cortesia”. Uno vota per l’amico, per una persona che stima… Inizia un meccanismo piuttosto noto e consolidato: quando ci sono diversi candidati forti, chi ancora è indeciso, come lo ero io, dà il suo voto a chi sa che non uscirà. Sono sostanzialmente voti “in deposito”, che attendono che la situazione si sviluppi e si dispieghi con più chiarezza».

La tradizionale messa prima del conclave, il 12 marzo 2013 (REUTERS/Stefano Rellandini)

L’ingresso dei cardinali nella Cappella Sistina, nel conclave del 2013, il 12 marzo (REUTERS/Osservatore Romano)
Ogni singolo atto delle votazioni nella Cappella Sistina è regolato in modo preciso, visto che la ripetizione è una caratteristica saliente di ogni rito. «I conclavisti si spostano dal loro tavolo per votare, uno per uno. Inginocchiato davanti all’altare della Cappella Sistina ciascuno dichiara che il suo voto è dato a colui che secondo Dio ritiene debba essere eletto. Poi si alza, mette la sua scheda piegata sul piatto d’argento posto sull’altare, la introduce nell’urna e torna al suo posto».
Al pranzo del secondo giorno, dopo altre due votazioni e altrettante fumate nere, l’arcivescovo dell’Avana Jaime Lucas Ortega chiese all’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio (cioè il futuro papa Francesco) di portargli il testo del discorso tenuto alle congregazioni generali. «Non avevo nessun documento scritto, così ho ricostruito brevemente ciò che avevo detto, in quattro punti. Ortega mi chiese di poter diffondere il testo e io dissi di sì». Quegli appunti contenevano alcune parole chiave del successivo pontificato di Francesco ed erano di fatto una specie di programma di governo: la Chiesa chiamata a uscire da sè stessa, il rischio di «autoreferenzialità» delle istituzioni cattoliche, «quel vivere per darsi gloria gli uni con gli altri» di molti sacerdoti. Riferendosi al papa che sarebbe stato eletto, Bergoglio aggiunse che «serviva un uomo che aiutasse la Chiesa a orientarsi verso le periferie esistenziali».
Nel pranzo del secondo giorno avvenne qualcosa che dà l’idea di come in un conclave si possa creare il consenso intorno a un nome, in un modo che è stato raccontato in un recente film di discreto successo. «Alcuni cardinali europei erano seduti a un tavolo, e c’era un posto ancora vuoto. Mi chiamano: venga eminenza, venga, si sieda qui con noi. Iniziano a farmi mille domande, di tutti i tipi, sull’America Latina, sulle sue peculiarità, sulla teologia della liberazione… Spiegai i fenomeni. Mi facevano molte domande. Tanto che mi venne da pensare: mah, sembra di fare un esame… E infatti probabilmente era così: mi stavano esaminando, ero io che non l’avevo capito».
Come in ogni processo elettivo, anche in un conclave hanno corso “manovre” molto terrene per far emergere sospetti su un candidato che avanza, per esempio diffondendo voci sulla sua salute, e dunque ponendo dubbi sull’opportunità che sia la persona giusta da eleggere. Nel 2013 un cardinale di lingua spagnola chiese a Bergoglio se fosse vero che aveva un solo polmone: «E io: ma no, mi hanno tolto il lobo superiore, perché avevo tre cisti. E quando è successo? Tanto tempo fa, nel 1957, ho detto. Quel cardinale diventò tutto rosso, disse una parolaccia, strinse i denti e sbottò: Queste manovre dell’ultimo momento! Fu lì che cominciai a capire. Ho capito almeno che c’era il pericolo».
Alla quarta votazione il cardinale Bergoglio arriva a 69 voti e capisce che la soglia di 77 voti della maggioranza dei due terzi che serve alla sua elezione è qualcosa in più di «un pericolo». Si procede quindi alla quinta votazione, ma al conteggio delle schede si verifica un imprevisto. «Prima di cominciare lo spoglio, venne fuori che ce n’era una in più: era finita sopra un’altra, durante il voto a qualcuno si erano appiccicati due cartoncini». Fu perciò necessario ripetere la votazione, durante la quale il nome di Bergoglio venne pronunciato per la settantasettesima volta.

La prima apparizione di Jorge Mario Bergoglio come papa Francesco, dopo essere stato eletto, 13 marzo 2013 (REUTERS/Stefano Rellandini)
Un conclave si conclude con una serie di atti che completano l’elezione: la dichiarazione di accettazione della designazione, la scelta del nome, la vestizione, la prima apparizione sul balcone che si affaccia su piazza San Pietro. Bergoglio ha anche raccontato che quella sera, da nuovo pontefice, rientrò in pulmino a Santa Marta con i cardinali e cenò insieme a loro. «Alla fine del pasto il cardinale Becciu, che era il sostituto per gli Affari generali alla segreteria di Stato (di fatto la carica più rilevante del Vaticano, dopo il segretario di Stato, ndr), mi si è avvicinato: “Il papa deve fare un brindisi”. Va bene. Ho sorriso e ho alzato il bicchiere: Che Dio vi perdoni! ho detto».
Proprio il cardinale Becciu ha annunciato martedì 29 aprile che non parteciperà al conclave che si sta per aprire. Nel 2020 papa Francesco disse di avere accettato il ritiro di Becciu «dai diritti connessi al cardinalato», in seguito a un’inchiesta relativa all’acquisto di un palazzo a Londra. Nel 2023 Becciu è stato poi condannato in primo grado dal tribunale vaticano a cinque anni e sei mesi di reclusione per peculato (cioè appropriazione di denaro pubblico).
Il fatto che sia stato un papa a raccontare con tanti dettagli il modo in cui è stato eletto è un fatto inedito e rientra nella più generale strategia di comunicazione di Bergoglio, volta a rendere trasparenti all’esterno i meccanismi della curia. È stato un modo anche per marcare la propria distanza da quegli stessi meccanismi, osservati e narrati con lo sguardo dell’outsider. Il che non era poi del tutto vero, visto che al precedente conclave del 2005 Bergoglio era stato tra i più votati dopo Ratzinger. Ma in quel caso la fonte dell’informazione è rimasta anonima.



