Le fonti di energia rinnovabili hanno avuto un ruolo nell’enorme blackout in Spagna?
Qualcosa c’entrano, ma il vero problema potrebbe essere stato un altro

Non conosciamo ancora le cause precise dell’enorme blackout che lunedì ha lasciato Spagna e Portogallo senza energia elettrica per ore. Sia nella politica spagnola che sui media internazionali però si sta parlando molto del ruolo che potrebbero avere avuto le fonti di energia rinnovabili. Chi sostiene che le centrali a gas naturale o nucleari debbano continuare a essere considerate nei piani di transizione energetica nazionali dice che il blackout prova che non si deve fare troppo affidamento sulle rinnovabili. Chi invece ritiene che sia indispensabile incrementarne l’uso per contrastare il cambiamento climatico le difende.
Questo dibattito si è sviluppato per due ragioni. La prima è che nel 2024 il 56 per cento dell’energia elettrica prodotta nel paese è stata ottenuta da fonti rinnovabili: è una percentuale molto alta, simile a quella tedesca (in Italia il 41,2 per cento della domanda è stata coperta grazie alle fonti rinnovabili). La seconda ragione è che Red Eléctrica (REE), l’azienda pubblica spagnola responsabile della rete elettrica, ha detto che all’origine del blackout ci sono stati due episodi di “disconnessione” dalla rete elettrica di alcuni impianti di produzione dell’energia localizzati in una zona della Spagna dove più della metà dell’energia prodotta in quel momento era di origine fotovoltaica.
Ci sono ancora aspetti da chiarire ma sappiamo che lunedì intorno alle 12:30 la potenza disponibile sulla rete spagnola è diminuita in pochi secondi di 15 gigawatt su 27, una quantità tale da alimentare 15 città di media grandezza. La diminuzione è stata dovuta ai due episodi di disconnessione e in particolare al secondo. Non conosciamo ancora la causa diretta delle disconnessioni: è stato escluso che siano state dovute a un evento meteorologico che abbia danneggiato la rete elettrica (una causa comune di blackout) e secondo REE non ci sono prove di un attacco informatico. Non sono però state fornite possibili spiegazioni alternative.
Tra gli esperti del settore che hanno commentato il blackout sui media o sui social network è stato ipotizzato che qualcosa abbia causato un’oscillazione eccessiva della frequenza della corrente alternata nella rete facendo automaticamente staccare un gran numero di impianti di produzione di energia fotovoltaica.

Barcellona, durante il blackout del 28 aprile 2025 (AP Photo/Emilio Morenatti)
In tutta Europa l’energia elettrica è trasmessa con una frequenza intorno ai 50 hertz. Gli aumenti e le diminuzioni dell’energia immessa in rete causano la diminuzione o l’aumento della frequenza, ma per ragioni di stabilità e sicurezza la rete può sopportare variazioni di frequenza limitate: per questo esistono dei sistemi di regolazione automatica per scongiurare scompensi e danni. Se la frequenza aumenta, la regolazione automatica stacca dalla rete una parte degli impianti collegati, per diminuire l’energia immessa e così far abbassare la frequenza: per qualche ragione sembra che lunedì troppi impianti si siano staccati in modo automatico.
Le disconnessioni hanno mandato in tilt l’intero sistema elettrico spagnolo perché a quel punto la frequenza è diminuita troppo. Quando succede i sistemi di regolazione prevedono l’attivazione di generatori di energia di emergenza. Col primo episodio di disconnessione il sistema ha retto, con il secondo no, per qualche ragione, e questo ha causato il blackout nazionale.
In pratica la seconda disconnessione non è stata compensata. In questo potrebbe avere avuto un ruolo la cosiddetta “inerzia del sistema elettrico”, che è molto presente nei sistemi elettrici basati sull’uso dei combustibili fossili o sul nucleare e può mancare invece in un sistema che sfrutta principalmente le fonti di energia rinnovabile.
In pratica le centrali elettriche nucleari, a gas o a carbone producono energia elettrica facendo girare delle grandi turbine collegate ai generatori: possono modulare facilmente la potenza per compensare un momentaneo calo di produzione in qualche punto della rete. La loro velocità di rotazione è sincronizzata con la frequenza di rete, e questo fornisce “inerzia” al sistema. Un impianto rinnovabile non è regolabile, e se ha un problema smette di funzionare istantaneamente.

Barcellona, fuori da una stazione della metro chiusa, il 28 aprile 2025 (AP Photo/Emilio Morenatti)
In un sistema come quello spagnolo, in cui la produzione di energia elettrica dipende molto dalle fonti rinnovabili (è già successo che per alcune ore l’intero sistema si sia retto solo su fonti rinnovabili, l’ultima volta il 16 aprile), l’inerzia del sistema elettrico può essere bassissima.
Non è un problema irrisolvibile: si può rimediare adeguando la rete elettrica ai nuovi modi di produrre l’energia, predisponendo degli adeguati sistemi di accumulo, cioè delle batterie. In questo caso si parla di “inerzia sintetica”. La si può ottenere anche non collegando alla rete tutti gli impianti fotovoltaici, per averne una scorta in caso di bisogno (al prezzo però di sprecarne sempre un po’), o con sistemi innovativi come sta provando a fare l’Irlanda.
Per quanto riguarda i sistemi di accumulo, negli ultimi vent’anni gli investimenti europei nel rifacimento delle reti elettriche non sono andati di pari passo con quelli nella realizzazione degli impianti di produzione da fonti rinnovabili, per cui c’è ancora da fare per adeguarli alle nuove fonti di energia. I sostenitori delle fonti rinnovabili che stanno commentando il blackout in Spagna hanno ribadito che il problema sono le reti elettriche non adeguate al loro utilizzo.
Un’altra caratteristica del sistema elettrico spagnolo che potrebbe aver avuto un ruolo nel blackout è il suo relativo isolamento dal resto della rete elettrica europea, a cui è legato solo attraverso la Francia. L’interconnessione elettrica sul continente ha tra i suoi obiettivi proprio quello di rendere più stabili i sistemi elettrici nazionali in caso di guasti: se il sistema europeo fosse davvero unico, un problema locale potrebbe facilmente venire compensato. Anche in paesi più connessi tuttavia possono verificarsi dei blackout molto ampi, come quello che avvenne in Italia nel 2003.
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