La principale minaccia per la conservazione del lupo in Italia
Sono i cani: quelli che vengono lasciati liberi si accoppiano coi lupi, alterando il patrimonio genetico della specie

Ormai più di quindici anni fa, quando lavorava come zoologo al parco nazionale Gran Sasso e Monti della Laga, in Abruzzo, Osvaldo Locasciulli vide qualcosa di insolito nelle immagini di una delle fototrappole usate per osservare la fauna del parco. Durante le settimane in cui era rimasta attiva, la fotocamera aveva ripreso il passaggio di un branco di almeno cinque lupi. L’alfa, cioè l’individuo dominante che guida il branco e che si riproduce, però non era un lupo, ma un Alaskan Malamute, un cane di grossa taglia del Nordamerica, inizialmente allevato per trainare le slitte e oggi diffuso anche in Italia come animale da compagnia.
Quello di un cane che assume la guida di un branco di lupi è un caso piuttosto eccezionale, ma comunque indicativo di un fenomeno più ampio che negli ultimi decenni è cresciuto molto: la condivisione territoriale tra cani e lupi e l’aumento della probabilità di una loro ibridazione. Il cane e il lupo appartengono alla stessa specie, Canis lupus, e per questo motivo una lupa può riprodursi con un cane, generando dei cuccioli con un patrimonio genetico misto, a loro volta in grado di riprodursi.
In Italia la riproduzione tra cani e lupi e la diffusione dei cosiddetti “lupi ibridi” è molto frequente e secondo gli esperti è diventata la principale minaccia per la conservazione del lupo appenninico, una sottospecie del lupo grigio diffusa prevalentemente in Italia. L’ibridazione coi cani rischia infatti di alterare in modo permanente le caratteristiche genetiche del lupo e di far scomparire il suo attuale patrimonio genetico, risultato di milioni di anni di evoluzione e di adattamento ambientale.
Per i biologi l’ibridazione col cane è una minaccia per la conservazione del lupo perché potrebbe compromettere alcune caratteristiche che sono fondamentali per la sua sopravvivenza in natura e che determinano il ruolo che ricopre negli equilibri dell’ecosistema. Poiché i geni dei cani sono stati selezionati per la vita domestica, accanto agli esseri umani, è plausibile che una loro contaminazione porti a dei cambiamenti nel comportamento dei lupi, per esempio nelle modalità di caccia e di ricerca del cibo, con conseguenze difficili da prevedere sia da un punto di vista ecologico che da quello della gestione faunistica, e con il rischio che gli ibridi siano più difficili da gestire.

Un ibrido di lupo e cane (Osvaldo Locasciulli)
Il fenomeno è ancora poco studiato: dei più di 3mila lupi che vivono in Italia molti sono ibridi, ma non si sa con precisione quanti, né si conosce la loro distribuzione sul territorio. In ogni caso si ritiene che l’Italia sia il paese europeo col più alto tasso di ibridazione tra cani e lupi. «A volte è possibile capire se un individuo è un ibrido dal colore del manto: i lupi col pelo nero, per esempio, sono sicuramente tutti degli ibridi», dice Locasciulli. In molti casi però l’ibridazione non cambia in modo evidente l’aspetto di un individuo, e l’unico modo per capire se un lupo ha dei cani tra i suoi progenitori è fare un’analisi del DNA. Negli studi fatti in Italia viene considerato ibrido un individuo con almeno il cinque per cento di genoma canino.
Le analisi del DNA però sono state fatte in modo sistematico solo in alcuni territori per periodi di tempo circoscritti. Un esempio è quello del parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dove negli ultimi due anni i biologi hanno iniziato a raccogliere campioni di DNA per provare a capire a che livello il patrimonio genetico dei lupi del parco si sia mescolato con quello dei cani.
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Secondo i dati forniti al Post dalla biologa Roberta Latini, nel 33 per cento dei campioni analizzati finora è stata rilevata una componente genetica significativa di origine canina. Uno studio del 2021 dell’università La Sapienza di Roma sui lupi del parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano aveva invece trovato tracce di genoma canino nel 70 per cento della popolazione.
Secondo quanto dice Luigi Molinari, biologo del parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, in questo momento non possiamo sapere quanti lupi ibridi ci siano in Italia, perché manca un sistema di monitoraggio nazionale.
L’aumento del numero di lupi ibridi in Italia è dovuto principalmente a due fattori: la presenza massiccia di cani randagi e di cani vaganti – cioè cani che hanno un proprietario ma che vengono lasciati liberi di circolare senza controllo – che secondo alcune stime sarebbero centinaia di migliaia; e l’aumento della popolazione di lupi, che secondo quanto stimato dall’ultimo censimento dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), l’ente pubblico italiano che si occupa di tutela dell’ambiente, tra il 2020 e il 2021 era composta all’incirca da 3.300 individui.
Negli anni Settanta il lupo appenninico si era quasi estinto, ne erano sopravvissuti soltanto 100, rifugiati in alcune zone dell’Abruzzo e della Calabria, il più lontano possibile dagli esseri umani. Grazie ad alcune politiche per proteggere la specie la popolazione cominciò velocemente a crescere, tanto che negli ultimi anni i lupi sono tornati a vivere anche in territori densamente popolati dagli esseri umani. «Oggi i lupi vivono anche in aree antropizzate come la Pianura Padana, e quindi la probabilità di contatto tra lupi e cani è molto aumentata», dice Molinari.
I contatti tra lupi e cani sono causati indirettamente dalle attività umane: sia il randagismo che la presenza di cani vaganti sono infatti dovuti a una cattiva gestione da parte delle persone dei propri animali domestici. In molti casi, poi, i lupi si introducono in territori antropizzati, quelli dove sono più presenti i cani, per via della facilità di rimediare del cibo: «sono molto attratti dalla presenza degli allevamenti», dice Latini, dove può capitare che le carcasse del bestiame siano abbandonate in luoghi facilmente accessibili agli animali selvatici, inclusi i lupi, e ai cani randagi.
Il problema comunque non è causato solo dai randagi: «basta che un cane venga lasciato libero di circolare per qualche ora, magari nei mesi di febbraio e marzo, quando ci sono i calori delle femmine di lupo», spiega Molinari. I cani che più si prestano per l’ibridazione coi lupi sono quelli di grossa taglia, mentre l’evento riproduttivo più pericoloso, sempre da un punto di vista della preservazione dei lupi in Italia, è quello che avviene tra un cane maschio e una lupa.
«Una lupa fecondata da un cane alleverà quasi certamente i propri cuccioli ibridi come se fossero dei lupetti qualsiasi, aumentando le loro possibilità di incrociarsi a loro volta con altri lupi», dice Molinari, che spiega che un singolo incrocio tra un cane e una lupa può potenzialmente avere un impatto molto esteso sul patrimonio genetico di una popolazione, se i cuccioli ibridi riescono a riprodursi con successo nelle generazioni successive. Una cagna fecondata da un lupo invece partorirà i cuccioli ibridi in un contesto dove difficilmente si riprodurranno con altri lupi.
Nell’ultimo decennio sono stati avviati alcuni progetti per studiare meglio il fenomeno dell’ibridazione dei lupi coi cani e per provare a contenere l’impatto degli individui ibridi sul patrimonio genetico della popolazione dei lupi in Italia, attraverso la sterilizzazione di alcuni individui. Secondo Latini, però, sterilizzare gli ibridi è un’operazione complessa e costosa: i lupi sono animali elusivi, difficili da catturare, e intervenire su tutti gli ibridi in una popolazione di oltre 3mila individui non è fattibile. L’unica soluzione possibile, dice, è quella di sensibilizzare le persone affinché rispettino le norme sulla gestione dei propri cani.
L’impatto dell’ibridazione coi cani sul comportamento dei lupi e sugli ecosistemi in cui vivono sono altri aspetti che la comunità scientifica deve ancora studiare a fondo: ad esempio non è affatto detto che l’ibridazione coi cani renda i lupi meno timorosi verso gli esseri umani, come sono i cani. Secondo Locasciulli è plausibile che il timore dei lupi nei confronti delle persone stia diminuendo, anche se precisa che alla base di questo cambiamento potrebbero esserci diverse cause (anche estranee all’ibridazione) e che al momento non esistono prove scientifiche solide a sostegno di questa ipotesi.

Un lupo ripreso da una fototrappola (Osvaldo Locasciulli)
Il lupo rimane comunque un animale schivo e sostanzialmente innocuo per l’essere umano, ed esistono delle semplici precauzioni da seguire su come comportarsi nei territori in cui è presente: «basterebbe assicurarsi di fare sempre un po’ di rumore quando si passeggia in un posto dove vivono dei lupi, così da non rischiare di prenderli di sorpresa e di spaventarli», dice Locasciulli. «Durante le passeggiate i cani andrebbero tenuti al guinzaglio e più in generale nelle case di campagna e di montagna gli animali domestici andrebbero tenuti in casa, o comunque in zone recintate».
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