Non siamo sicuri di quanti peni ci siano sull’arazzo di Bayeux
Sono almeno 93, e recentemente uno storico inglese ha detto di averne trovato un altro: non tutti però sono convinti

L’arazzo di Bayeux è una delle opere d’arte più famose dell’Undicesimo secolo e una fonte importantissima per le nostre conoscenze della storia inglese del tempo: rappresenta la conquista dell’Inghilterra da parte di Guglielmo di Normandia, che per l’impresa venne poi chiamato il Conquistatore. L’originale si trova nella cittadina del nord della Francia da cui prende il nome, mentre in Inghilterra si trova una copia piuttosto accurata creata alla fine del Diciannovesimo secolo, a cui però mancano alcuni dettagli: una novantina di peni, di cui 88 equini e i rimanenti umani.
Gli studi sui peni raffigurati sull’arazzo quindi sono tradizionalmente stati pochi, tant’è che ancora oggi non siamo sicuri di quale sia il loro numero preciso: sei anni fa un professore dell’università di Oxford, George Garnett, aveva detto di averne trovati 93 ricamati lungo i 70 metri di stoffa dell’arazzo, ma secondo lo storico Christopher Monk sarebbero in realtà 94.
Al centro della questione c’è l’oggetto che una delle figure umane dell’arazzo, impegnato in una battuta di caccia, ha in mezzo alle gambe: per Garnett sarebbe solo il fodero di un pugnale assicurato alla vita, mentre per Monk sarebbe il pene dell’uomo, rappresentato peraltro con particolare dettaglio. La sua presenza sarebbe però insolita, dato che sarebbe l’unico pene appartenente a una figura altrimenti vestita.
Secondo Garnett i peni non sono un dettaglio triviale dell’arazzo, ma veicolano messaggi importanti per gli autori dell’opera: quelli dei cavalli solitamente sottolineano l’importanza di chi li cavalca (in particolare Guglielmo), mentre quelli umani fanno per lo più parte di un elaborato commento delle vicende raffigurate, con cui viene dato un giudizio morale ai protagonisti, spesso sulla base delle favole di Esopo, autore vissuto nell’antica Grecia. I peni solitamente aggiungono un senso di vergogna, o persino di tradimento, alle vicende raffigurate.
I 50 centimetri di altezza dell’arazzo sono divisi orizzontalmente in tre parti: in quella centrale, più alta, ci sono gli eventi storici veri e propri, mentre quelle in alto e in basso ci sono i commenti figurati. È in queste fasce laterali che si trovano i peni umani, incluso quello che Monk crede di aver individuato: non è chiaro però che significato potrebbe avere quest’ultimo.

Un dettaglio della “scena di Aelfgyva”, con due uomini nudi sotto (Wikimedia)
La presenza di altre due figure nude maschili, per esempio, ha un significato più facilmente comprensibile: si trovano in corrispondenza della cosiddetta “scena di Aelfgyva”, il cui contenuto non è del tutto compreso dagli storici. Mostra un monaco tendere una mano verso una donna, forse una regina o una monaca, il cui nome è indicato nell’arazzo appunto come Aelfgyva (è una delle poche persone a essere citate per nome): anche per via delle figure sottostanti è ritenuto probabile che raffiguri uno scandalo sessuale noto al tempo, i cui dettagli, come l’identità dei protagonisti, sono stati però del tutto persi. Il nome Aelfgyva era piuttosto comune fra le donne nobili del tempo, e gli storici non sono sicuri di quale sia quella a cui si riferisce l’arazzo.
L’arazzo racconta le vicende che portarono alla battaglia di Hastings, in cui il duca di Normandia, Guglielmo (al tempo noto come il Bastardo, dato che nacque al di fuori del matrimonio), sconfisse il precedente re d’Inghilterra, Harold, impossessandosi poi del trono. Fu realizzato quasi sicuramente in Inghilterra, probabilmente su commissione del vescovo Odo di Bayeux, fratellastro di Guglielmo. Pertanto non è una narrazione neutrale degli eventi, ma rappresenta i fatti dal punto di vista dei normanni, che dovevano giustificare il proprio potere ottenuto con la violenza.