Perché la gente corre il rischio del sexting?

Scambiarsi messaggi consensuali a sfondo sessuale è comune tanto nelle relazioni stabili quanto in quelle più occasionali, anche se può andare molto storto

di Viola Stefanello

(Shamblen Studios/Unsplash)
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Quando sui media si sente parlare di sexting – la pratica di scambiarsi messaggi sessualmente espliciti online, dall’unione di “sesso” e “messaggiare” in inglese – è quasi sempre perché qualcosa è andato storto. I casi di “revenge porn”, cioè quello che si verifica quando foto e video intimi sono fatti circolare illegalmente senza il consenso della persona ritratta, sono partiti nella maggior parte dei casi da uno scambio consenziente di nudes, come vengono chiamate spesso le immagini di nudo amatoriali.

Ma nonostante le potenziali conseguenze disastrose del sexting, c’è tanta gente che lo fa spesso e volentieri. Secondo gli studi, e secondo le persone che sextano, è una pratica che risponde a molti bisogni e stimoli diversi, e talvolta non ha nemmeno a che fare davvero con la voglia di fare sesso con l’altra persona.

Valgono come “sexting” sia le foto e i video sia i messaggi testuali, ma quando c’è accordo tra le persone coinvolte: l’invio di immagini sessuali non sollecitate è invece una forma di molestia, peraltro illegale in alcuni paesi. Molti cominciano a sextare ancora prima di avere i primi rapporti sessuali: secondo un’indagine del 2024 realizzata in Italia dall’istituto di ricerca Iard, più della metà degli adolescenti intervistati hanno inviato nudes a qualcuno. Non è però un fenomeno nuovo: le nuove tecnologie hanno soltanto reso ben più semplice e veloce lo scambio di foto e video, e spesso permettono di impostare la cancellazione dei contenuti dopo un certo lasso di tempo.

Flavio, che oggi ha 41 anni, racconta che negli anni Novanta, ben prima dell’arrivo dei social network e delle app di oggi, sextava su servizi come ICQ, che permettevano di incontrare persone in modo casuale, senza sapere nulla se non il loro nickname. In quel contesto, scambiarsi lunghi ed elaborati scenari sessuali aveva ben pochi rischi, e dava la possibilità di esplorare liberamente fantasie che non aveva ancora messo in pratica, oltre che di imparare e testare molte cose. «Parte del potere del sexting è che offre una certa distanza di sicurezza virtuale, sia fisica che emotiva, il che ti permette di scatenare i tuoi desideri», ha scritto la psicologa statunitense LeslieBeth Wish.

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Nell’esperienza di Flavio, sextare non è mai stato un metodo per eccitarsi in vista della masturbazione, né per esercitare potere su qualcun altro. «Mi è sempre piaciuta la condizione di intimità, eccitazione, se vuoi pure trasgressione che si può creare con una persona anche sconosciuta. E mi ha insegnato tanto: ad apprezzare corpi che non sarebbero magari canonicamente belli, a rispettare i limiti e le inclinazioni delle persone con cui parlavo. Ad ascoltare di più, a far crescere il desiderio in modo naturale invece di dover “chiedere”».

Ha avuto esperienze simili anche Andrea, che ha dodici anni meno di Flavio e da adolescente ha passato molto tempo a sextare con persone incontrate su Tumblr. Nel suo caso, il sexting serviva soprattutto a ovviare a problemi classici dell’adolescenza: le ragazze che gli interessavano, banalmente, vivevano in altre città, ed era piuttosto difficile organizzarsi per trovarsi di persona. «Non è mai stato un passatempo o qualcosa da fare per noia: è un momento di connessione vera. Con alcune persone, il sexting è stato persino più appagante che fare sesso davvero», dice. «Anche perché c’è una parte creativa molto forte: immaginare, costruire situazioni, giocare con le parole, con i tempi, con i desideri».

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La sessuologa Stella Brugnetta ritiene che il sexting non vada considerato problematico fino a quando avviene in un rapporto alla pari, in cui entrambe le parti sono serene e hanno voglia di stare al gioco: «è un problema solo se una persona si sente forzata a inviare foto che non vorrebbe mandare, oppure se riceve delle foto che non vuole vedere».

«Ovviamente ogni essere umano è diverso e ha un rapporto differente con la propria sessualità», spiega Brugnetta. «Ma, se dovessimo generalizzare, potremmo dire che è una condizione che ci permette un avvicinamento e un’intimità a distanza. È un modo di comunicare un intento, di aumentare l’autostima tua e della persona con cui parli, di rilasciare dopamina [il neurotrasmettitore che regola le sensazioni di piacere, ndr] nella giornata di una persona con cui non puoi essere a contatto fisico in quel momento».

Una delle situazioni classiche è quella della relazione a distanza, in cui può passare anche molto tempo tra un incontro dal vivo e l’altro. «Io e il mio ragazzo lo facevamo un sacco quando io stavo a Londra e lui in Italia», racconta per esempio Silvia, che ha 29 anni ed è in una relazione monogama da quattro anni. «Serviva a far passare il tempo tra una volta e l’altra, soprattutto quando ci mancavamo. Ma ci è stato utile anche a capire cosa eccitava l’altra persona a letto: magari una volta via messaggio ho detto “mi piacerebbe tanto farti questa cosa, se fossi qui”, e la volta dopo che ci siamo visti l’abbiamo provata».

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Secondo la più recente ricerca sul tema svolta sui giovani adulti italiani – quella di Eurispes, del 2018 – tre quarti dei giovani intervistati tra i 18 e i 30 anni riferivano di sextare spesso all’interno del loro rapporto di coppia consolidato. Il 46 per cento degli intervistati, però, diceva di averlo fatto anche con partner occasionali, e il 40 per cento con persone da cui erano attratte ma con cui non avevano mai avuto rapporti sessuali o romantici offline.

Anche in questo caso, può trattarsi di una semplice questione logistica, di casi in cui il sexting è, quantomeno nell’intenzione, un preludio a un incontro sessuale effettivo. «Per me è sempre stato un preliminare: nel momento in cui poi ci mettevamo insieme la cosa si spegneva. Era un metodo di seduzione reciproca, che assolveva alla sua funzione nel momento in cui la relazione decollava, e veniva rimesso nel cassetto», racconta per esempio Emma, che oggi ha 48 anni e l’ha fatto soprattutto tra i venticinque e i trent’anni.

Pure tra chi usa le app di appuntamenti – soprattutto per cercare rapporti sessuali e non relazioni romantiche – c’è chi ricorre velocemente al sexting per comunicare interesse, mostrare il proprio corpo, sedurre. Susanna, che ha 32 anni, racconta per esempio che per anni uno dei suoi approcci classici sulle dating app era inviare quanto prima delle foto di nudo: «Mi permetteva di interagire più facilmente, di bypassare la conversazione, perché paradossalmente mi sono sempre vergognata molto di più a parlare con qualcuno che a mostrare il mio fisico», racconta. «La dinamica era più o meno questa: ci trovavamo su Tinder, scambiavamo qualche foto e poi sì, l’idea era quella di incontrarci, lo scopo era quello. Nella mia esperienza, mandare foto facilita tutto».

Per molti altri, però, il sexting fa un lavoro completamente diverso. C’è chi lo fa perché sa che al partner piace, anche se personalmente non ne trae particolare piacere: online esiste un filone di battute che girano attorno all’immagine della donna che finge di essere eccitatissima mentre un uomo descrive quello che le farebbe se fossero insieme, mentre in realtà fa tutt’altro. C’è chi è un po’ ansioso e vuole assicurarsi che il partner lo trovi ancora attraente. C’è chi sta in una relazione monogama con qualcuno, è attratto da qualcun altro, e vede il sexting come valvola di sfogo di un desiderio che preferisce non attuare appieno.

Sempre più spesso, poi, c’è chi usa il sexting per confermare a sé stesso di essere desiderabile, senza avere però davvero l’intenzione di incontrare la persona con cui sexta sul breve periodo. «Ultimamente mi sono accorta che i maschi vogliono solo sextare, non c’è mai qualcuno che voglia davvero fare sesso», dice Chiara, che ha trent’anni, è single e frequenta da tempo le dating app. Su Reddit, un utente la spiega così: «È tutta una questione di scarica di dopamina, il brivido della caccia. Ti dà tutta l’adrenalina del “conquistare qualcuno”, del “fare centro”, senza chiederti di alzare il culo e farlo veramente».

Brugnetta compara questo comportamento al fast food. «Voglio qualcosa, lo ottengo subito, sono eccitato, mi masturbo, è fatta, ti passa la voglia», riassume. «A questo si aggiunge anche un tema di performance sessuale: se tu a distanza sei molto spinto e spigliato perché hai la protezione dello schermo, può essere poi che tu abbia paura di incontrarti di persona, per via della pressione di impersonare lo stesso personaggio».

È di un’idea simile la psicologa LeslieBeth Wish, secondo cui uno degli aspetti che le persone più preferiscono del sexting è che «non devi preoccuparti di dare piacere fisico al partner in modo adeguato, né devi pensare a quando cambiare posizione. E dato che il partner non è nella stanza, puoi semplicemente concentrarti sul tuo piacere senza sentire la pressione di raggiungere l’orgasmo o di far venire l’altra persona».

A prescindere dalle ragioni per cui lo si fa, comunque, ci sono alcune precauzioni che si possono prendere per ridurre i rischi. Per chi manda nude, è una buona idea evitare foto in cui si mostra il volto o eventuali segni di riconoscimento specifici, come un tatuaggio, un piercing o le piastrelle del bagno di casa sullo sfondo.

Anche chi si fida del tutto del fatto che la persona con cui sexta non condividerà mai le sue foto con qualcuno, comunque, deve preoccuparsi della possibilità che eventuali criminali informatici ottengano l’accesso ai loro contenuti privati. Per questo è una buona idea sextare soltanto attraverso app che usano la crittografia end-to-end (come WhatsApp, Signal e le chat private di Telegram, che però bisogna attivare manualmente). E sempre per questo è una buona idea proteggere i propri archivi digitali, come Google Drive o il servizio Cloud di Apple, con l’autenticazione a due fattori. Un’altra buona idea è, naturalmente, quella di cancellare regolarmente i nudes (i propri e quelli degli altri) dal rullino delle foto del cellulare e dagli eventuali archivi salvati su Cloud.