Il governo ha imposto a UniCredit delle condizioni per l’acquisto di Banco BPM
Usando il cosiddetto "golden power", che permette di bloccare un’operazione di mercato in caso di interessi nazionali

Il Consiglio dei ministri ha posto delle condizioni sull’eventuale acquisto di Banco BPM da parte di UniCredit, la seconda banca italiana. UniCredit aveva notificato al governo l’offerta per comprare Banco BPM all’inizio di febbraio come previsto dalla normativa sul cosiddetto golden power, cioè lo strumento attraverso il quale la presidenza del Consiglio può di fatto condizionare o addirittura vietare un’operazione di mercato nel caso in cui questa riguardi beni o strutture che si considerano strategici per gli interessi nazionali.
Se l’operazione di UniCredit andasse a buon fine, creerebbe la prima banca italiana per capitalizzazione di mercato, cioè per valore complessivo delle sue azioni. Era stata criticata in modo alquanto strumentale da diversi esponenti del governo fin dallo scorso novembre. Il governo aveva 45 giorni di tempo per decidere se bloccarla o meno.
Tra le condizioni imposte a UniCredit il Consiglio dei ministri ha chiesto che lasci la Russia (dove è una delle poche banche occidentali ancora operative dopo l’invasione dell’Ucraina) nei prossimi nove mesi, cioè entro gennaio, e che non riduca il numero complessivo dei suoi sportelli bancari. Inoltre, per cinque anni UniCredit non dovrà ridurre il rapporto impieghi/depositi (cioè tra i prestiti concessi e le somme depositate dai correntisti) né i finanziamenti di opere pubbliche o di pubblica utilità delle due banche. UniCredit ha fatto sapere che si prenderà del tempo per valutare le condizioni e le loro possibili conseguenze, specificando però che «l’offerta è approvata con prescrizioni il cui merito non è chiaro».
Il golden power, introdotto in Italia nel 2012, è stato più volte ampliato e potenziato, estendendo la sua possibilità di utilizzo e semplificando le procedure per applicarlo. Nell’evoluzione della normativa si è introdotta la facoltà di utilizzo del golden power, dalle sole questioni militari e dell’industria della difesa, anche a quelle delle infrastrutture e delle telecomunicazioni, e poi via via a quasi tutti i settori economici e finanziari, fino all’agroalimentare.
Dall’entrata in vigore della nuova normativa nel 2019 l’Italia ha posto il veto attraverso il golden power in 11 casi: nessuno riguardava il settore bancario e nessuno riguardava due società italiane.
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