Zach Braff, “braffiano”
Famoso per la serie di culto “Scrubs”, tra alti e bassi gli viene bene anche fare il regista, e oggi compie 50 anni

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Tra le cose che hanno reso Scrubs una delle serie tv di culto dei primi anni Duemila ci sono le espressioni e le memorabili digressioni mentali del protagonista J.D., uno specializzando che inizia la sua carriera in un ospedale pieno di personaggi strampalati. Per Zach Braff, che lo interpretava, J.D. doveva essere un tipo come tanti, tutto il contrario dei medici seri e risoluti di serie come E.R. – Medici in prima linea, così come Braff si sentiva un po’ il contrario degli attori che li interpretavano.
Oggi Zach Braff compie cinquant’anni, e anche se per molti continua a essere il goffo protagonista di Scrubs da qualche tempo è soprattutto un regista affermato.
Nato il 6 aprile del 1975 nel New Jersey, Braff voleva fare il regista fin da bambino. Cominciò a studiare recitazione da ragazzo e in seguito continuò a farlo alla Northwestern University, in Illinois. Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta debuttò in tv, mentre nel 1993 esordì al cinema con una piccola parte nel film di Woody Allen Misterioso omicidio a Manhattan. Dopo una serie di parti dimenticabili, la svolta arrivò proprio grazie a Scrubs, la serie creata da Bill Lawrence che negli Stati Uniti andò in onda dal 2001 e in Italia arrivò due anni dopo.
«Il lavoro era spaccarsi dalle risate tutti i giorni», ha ricordato Braff in un’intervista data a Variety. John Dorian, o appunto J.D., doveva gestire un lavoro complicato e insicurezze varie, dal rapporto con lo spietato dottor Cox a quello con Eliot, la medica di cui è innamorato. Tra la “bromance” con l’amico e collega Turk, i cinque alti di Todd e le stravaganze dell’inserviente, Scrubs raccolse milioni di fan affezionati e ottenne 17 nomination agli Emmy, vincendone due. A sua volta Braff fu nominato come miglior attore in una serie comica sia agli Emmy che ai Golden Globe.
Scrubs si concluse nel 2010 dopo 182 puntate e nove stagioni, l’ultima delle quali praticamente una cosa a sé. Nel frattempo nel 2004 Braff aveva esordito come regista con La mia vita a Garden State, un film che aveva scritto, diretto e interpretato assieme a Natalie Portman e Peter Sarsgaard, e che era diventato a sua volta di culto nel cinema indipendente.
Fu realizzato con qualche intoppo per 2,5 milioni di dollari, un budget piuttosto ridotto, e dopo essere stato presentato al Sundance Film Festival ne fece incassare oltre 35. Racconta la storia di un aspirante attore che torna nella sua città per il funerale della madre, trovandosi a fare i conti con il passato, e si ispira almeno in parte alla vita di Braff, a partire dal posto in cui è ambientato. “Garden State”, peraltro il titolo originale del film, è il soprannome del New Jersey; anche lui, come il protagonista, all’inizio si manteneva facendo il cameriere.
La mia vita a Garden State ottenne numerosi riconoscimenti, in particolare il Grammy per la colonna sonora, che conteneva canzoni di Coldplay, Iron & Wine, Nick Drake e Snow Patrol, ma soprattutto degli Shins. La musica era stata importante anche in Scrubs, dalla celeberrima sigla ad alcune delle sue scene più memorabili. Con il film però sui giornali si diffuse perfino l’espressione “effetto Zach Braff”: la sua colonna sonora infatti fece aumentare moltissimo le vendite del disco degli Shins Oh, Inverted World.
Con La mia vita a Garden State d’altra parte si cominciò a usare l’aggettivo “braffiano” per indicare un certo tipo di film sentimentale, pungente ed evocativo come quello: c’è chi diceva che a volte erano film un po’ troppo sentimentali, pungenti o evocativi.
I successivi film di Braff in effetti furono accolti così così. A Wish I Was Here, del 2014, seguì Insospettabili sospetti, un remake dell’omonimo film del 1979 con Michael Caine, Alan Arkin e Morgan Freeman che il New York Times descrisse come «prevedibile al 99 per cento», per quanto il restante fosse «eseguito abilmente». Fu accolto non troppo bene anche A Good Person (2023), che aveva per protagonista Florence Pugh, la sua ex compagna, e si incentrava sul tema della dipendenza da oppioidi e della depressione, di cui Braff soffre fin da giovane. Ma «questo sono io. Di certo non cerco di essere nient’altro», ha detto commentando le critiche.
Oltre che nei suoi primi due film da regista, Braff ha recitato nella commedia The Last Kiss, nella sitcom Alex, Inc. e a teatro, per esempio nell’adattamento del film di Woody Allen Pallottole su Broadway. Ha fatto il doppiatore per Chicken Little e Il grande e potente Oz, ha diretto alcuni episodi di Ted Lasso e di Shrinking, la nuova serie di Lawrence, e dal 2020 racconta il dietro le quinte di Scrubs nel podcast Fake Doctors, Real Friends con Donald Faison, cioè Turk.
A proposito di Scrubs, ormai da qualche mese girano voci su un suo possibile seguito o un reboot. Il problema più grosso è che al momento Lawrence ha un contratto con Warner Bros., mentre Scrubs è di Disney: parlandone con Variety, Braff ha detto che una volta risolta la questione è molto probabile che qualcosa si farà, e che per lui tornare a lavorare con i suoi amici e «fare 10 o 12 episodi o magari una o due stagioni sarebbe un sogno».
Intanto sabato 29 marzo, con alcuni mesi di ritardo, a Los Angeles c’è stato un concerto per il ventesimo anniversario dell’uscita del suo film d’esordio: tra gli altri c’erano gli Shins, i Frou Frou, Iron & Wine e ovviamente Braff, che ha riproposto una delle sue scene più notevoli. Dal 7 aprile il concerto si potrà guardare in streaming a pagamento: gli incassi saranno devoluti in beneficenza.
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