I dazi di Trump hanno fatto crollare le borse
Negli Stati Uniti non si vedevano cali così dai tempi della pandemia, e ci si aspettano altre turbolenze

Giovedì le borse sono andate molto male praticamente ovunque a causa dei consistenti dazi annunciati dal presidente statunitense Donald Trump mercoledì sera, dopo settimane in cui avevano già subìto grosse perdite dovute proprio a questo tipo di annunci. Le borse statunitensi in particolare hanno avuto la loro giornata peggiore dalla primavera del 2020, quando l’economia mondiale fu devastata dall’inizio della pandemia da coronavirus. Il Dow Jones e lo S&P 500 – i due principali listini di Wall Street, la borsa di New York – sono calati del 4 e quasi del 5 per cento rispettivamente, mentre il Nasdaq, il principale listino tecnologico, del 6 per cento.
Trump, giovedì, ha reagito al crollo delle borse sostenendo che le sue politiche sui dazi saranno un successo: «I mercati andranno benissimo, il paese andrà benissimo», ha detto. In realtà molte importanti aziende americane rischiano di essere danneggiate gravemente dai dazi, e per questo sono crollate in borsa. Apple, che produce quasi tutti i suoi dispositivi all’estero, ha perso il 9 per cento, riducendo il suo valore di mercato di oltre 300 miliardi di dollari. Nike, un’altra azienda estremamente esposta al commercio con l’estero, ha perso il 13 per cento, tra le altre.
In alcuni casi gli effetti dei dazi hanno già cominciato a sentirsi nell’economia reale. Il produttore di automobili Stellantis (già in difficoltà in precedenza, bisogna dire) ha fatto sapere che metterà in aspettativa 900 lavoratori in Indiana e Michigan e fermerà l’attività in una fabbrica in Canada e in una in Messico, per cercare di «capire gli effetti a medio e lungo termine di questi dazi».
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Ci sono poi segnali preoccupanti che riguardano non soltanto i mercati finanziari, ma anche l’economia statunitense nel suo complesso: il valore del dollaro rispetto a una serie di valute di riferimento è calato dell’1,7 per cento, segno di sfiducia nella forza dell’economia americana. Si stanno rafforzando anche i timori che negli Stati Uniti possa cominciare un periodo di stagflazione, cioè un periodo di alta inflazione (perché i dazi fanno alzare i prezzi) e bassa crescita allo stesso tempo.
Le borse sono andate male un po’ in tutto il mondo, perché l’effetto dei dazi di Trump, se entreranno in vigore come promesso, sarà generalizzato.
Giovedì le borse asiatiche – la cui giornata si è conclusa quando in Italia era mattina – hanno chiuso tutte in perdita, e venerdì molte hanno continuato il proprio calo. Quelle europee hanno registrato cali significativi fino a quasi il 3 per cento, con picchi ancora più negativi per i titoli delle aziende più esposte al commercio con gli Stati Uniti. Alla borsa di Milano, complessivamente in calo del 2,6 per cento, hanno perso valore perlopiù le azioni delle società del settore auto, come Pirelli e Stellantis, e quelle legate all’industria.
Va molto male anche il petrolio, il cui prezzi di riferimento (il WTI e il Brent) sono arrivati a scendere di circa il 7 per cento: è molto frequente che scenda quando gli investitori temono una possibile recessione, che implicherebbe minor uso di materie prime e peggiori prospettive di profitto. Di conseguenza perdono valore anche i titoli legati al settore energetico: alla borsa di Milano sono arrivate a perdere oltre il 5 per cento le azioni di Tenaris, Eni, e Saipem.



