La squadra di baseball venezuelana che ha chiesto asilo in Spagna
25 ragazzi erano arrivati in Europa a metà marzo: l'allenatore poi è tornato, alcuni di loro no, e molte cose non sono ancora chiare

Un gruppo di giovani giocatori di baseball venezuelani che si trovava in Spagna per giocare delle partite ha deciso di non rientrare in Venezuela e di chiedere asilo politico in Spagna. Erano arrivati lo scorso 11 marzo, accompagnati dal presidente e allenatore della squadra Julio Guevara, e sarebbero dovuti ripartire il 31 marzo: alcuni di loro (6 o 7) erano però rientrati in anticipo insieme a Guevara, che dice di aver avuto problemi di salute, mentre un gruppo era rimasto in Spagna (non è chiaro se 18 o 19).
Le autorità spagnole hanno accelerato le procedure per l’accoglienza, anche perché tra i ragazzi ci sono anche due minorenni. Molte cose non sono chiare: non si capisce se ed eventualmente quali partite i ragazzi abbiano effettivamente giocato in Europa, e soprattutto la polizia sta indagando per capire se la decisione di presentare la richiesta di asilo fosse già stata presa prima di partire oppure sia stata decisa durante il viaggio.
I ragazzi hanno tra i 17 e i 22 anni: si sono presentati lunedì all’ufficio della polizia di Barcellona che si occupa delle procedure di immigrazione. Hanno raccontato di far parte della squadra di baseball “Team Guevara” e di essere arrivati in Europa per giocare alcune partite dimostrative.
Hanno detto agli agenti di essere stati prima a Madrid e poi a Modena, in Emilia-Romagna, ma entrambe le partite che avrebbero dovuto giocare nelle due città sono state annullate a causa del maltempo. Da Modena sono poi tornati in Spagna: sono andati a Madrid e poi di nuovo a Barcellona, dove dicono di aver giocato una partita, non è chiaro contro chi. Intanto, mentre erano in Spagna l’allenatore Guevara è ripartito per il Venezuela, dicendo di avere problemi di salute.
I ragazzi hanno raccontato alla polizia che da quando sono arrivati in Spagna hanno dormito all’aeroporto di Madrid Barajas (dove peraltro esiste un grave problema con le persone che dormono nei terminal per vari motivi, tra cui anche quello di essere in attesa delle procedure di asilo) e poi per strada a Barcellona.
In Spagna, come in altri paesi europei, il sistema dell’accoglienza è in grande difficoltà e spesso l’esame delle domande richiede tempi lunghissimi. Data l’eccezionalità del caso, però, le autorità competenti a Barcellona hanno affidato i ragazzi a dei centri di accoglienza e hanno anticipato i colloqui per avviare l’esame della loro richiesta (si sarebbero dovuti tenere giovedì, ma sono cominciati già mercoledì). I due minorenni stanno seguendo una procedura separata, dedicata ai minori non accompagnati.
Come detto, nel frattempo Guevara è tornato in Venezuela. Ha pubblicato un lungo video su TikTok e ha parlato con alcuni giornali, tra cui l’argentino Clarín, per chiarire la sua posizione. Ha raccontato di aver sviluppato un’infezione «alle parti intime» appena arrivato in Europa, e di essere stato molto male per tutto il periodo in cui è rimasto lì. Dice di essere stato curato a Bologna. Nega invece di aver abbandonato i ragazzi e sostiene di averli lasciati in carico a José Burguillos, titolare di una società che allena giovani giocatori di baseball, la Burgy45. Guevara lo ha definito un «agente internazionale di baseball». Non è chiaro per quanto tempo sarebbero dovuti restare con lui.
Guevara ha detto anche che i giocatori sono voluti rimanere in Spagna «per vedere se possono essere presi» da qualche squadra.
Per ragioni culturali, linguistiche e storiche la Spagna è il primo paese europeo per numero di richiedenti asilo accolti dal Venezuela: nell’ultimo anno il loro numero è aumentato considerevolmente, a causa delle condizioni di vita sempre peggiori nel paese e della crescente repressione di qualsiasi opposizione da parte del regime di Nicolás Maduro. Tra le persone che hanno trovato asilo politico in Spagna ci sono anche importanti figure dell’opposizione, come Edmundo González Urrutia, che aveva partecipato alle elezioni presidenziali dello scorso luglio (e che secondo le opposizioni, e non solo, le aveva vinte).



