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  • Mercoledì 2 aprile 2025

Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria è senza un capo da più di tre mesi

C'entrano i dubbi di Sergio Mattarella sulla persona proposta per quel ruolo dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro

(ANSA/CESARE ABBATE)
(ANSA/CESARE ABBATE)
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Da più di tre mesi, da quando cioè Giovanni Russo ha lasciato l’incarico, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) non ha un capo e di conseguenza non ce l’ha nemmeno il Corpo di polizia penitenziaria, perché i due incarichi coincidono. In questi tre mesi le funzioni del Dipartimento sono state temporaneamente affidate a quella che era la vice di Russo, Lina Di Domenico, alla quale il ministero della Giustizia e in particolare il sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove vorrebbero affidare l’incarico di capo del Dap in modo ufficiale: per la promozione formale di Di Domenico però manca ancora l’approvazione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che deve firmare il decreto di nomina.

C’è insomma uno stallo che ha a che fare con il ministero della Giustizia e la presidenza della Repubblica: secondo fonti nella maggioranza di Repubblica, che da alcuni giorni si sta occupando del caso, avrebbe a che fare con questioni formali ma non solo.

Il Dap è uno dei quattro dipartimenti in cui è diviso il ministero della Giustizia, quello che si occupa dell’organizzazione e della sicurezza delle carceri. Gestisce il personale e i beni dell’amministrazione penitenziaria, è responsabile dell’esecuzione delle pene delle persone detenute e della corretta applicazione delle leggi che le definiscono. Il capo del Dap è appunto anche il capo del Corpo di polizia penitenziaria, composto da circa 36mila persone.

Quello di capo del Dap è un incarico dirigenziale interno: la scelta del candidato spetta dunque al ministero della Giustizia, ma l’indicazione deve essere ratificata dal Consiglio dei ministri. Se il nuovo capo è un magistrato, il Consiglio superiore della magistratura deve approvare la sua collocazione fuori ruolo. È però il presidente della Repubblica, che è anche capo delle Forze armate, a dover firmare il decreto finale di nomina. Cosa che finora non è avvenuta.

Il magistrato Giovanni Russo era diventato nuovo capo del DAP nel gennaio del 2023 e si era dimesso nel dicembre del 2024. Le motivazioni di questa decisione non sono state chiarite. Diversi giornali avevano parlato di incomprensioni con il sottosegretario alla Giustizia e deputato di Fratelli d’Italia Andrea Delmastro Delle Vedove, che ha tuttora la delega per il Dap. L’ipotesi era stata confermata dal Sappe, un sindacato della polizia penitenziaria, che in un comunicato stampa aveva detto che «tra Russo e Delmastro non era mai scattato quel feeling indispensabile tra politica ed amministrazione per lavorare insieme di pari passo».

Nella vicenda potrebbe aver influito anche il fatto che Russo aveva testimoniato al processo contro Delmastro, poi condannato a otto mesi di carcere con pena sospesa, per rivelazione di segreto d’ufficio. Il caso era legato alla divulgazione da parte di Delmastro di alcune intercettazioni dell’anarchico Alfredo Cospito mentre era detenuto in carcere. La testimonianza di Russo era stata fondamentale per arrivare alla sentenza di condanna.

Comunque sia andata, al posto di Russo venne scelta come sostituta temporanea la sua vice, Lina Di Domenico, già magistrata di sorveglianza a Novara dal marzo del 2023 che per il sottosegretario Delmastro e anche per il ministro della Giustizia Carlo Nordio sarebbe adatta al ruolo. Subito dopo le dimissioni di Russo, il ministero aveva dunque fatto trapelare ai giornali il nome di Di Domenico, senza però avvisare prima il presidente della Repubblica. Il Sole 24 Ore aggiunge che «addirittura ci fu una richiesta al Csm (Consiglio superiore della magistratura, ndr) di mettere Di Domenico fuori ruolo» in modo che potesse ricoprire l’incarico, come è previsto per i magistrati, «il tutto senza avvertire il presidente».

Il fatto che la nomina di Di Domenico sia stata annunciata ai media e proposta al Csm senza che il presidente Mattarella fosse stato preventivamente informato, come da prassi, sarebbe insomma secondo diversi giornali la ragione del contrasto alla base dello stallo nella nomina.

Nel tempo la situazione non si è risolta e si è cominciato a parlare anche di altri problemi tra ministero della Giustizia e presidenza della Repubblica.

Qualche giorno fa il quotidiano Avvenire, citando fonti qualificate della presidenza della Repubblica, ha scritto che il caso non ha solo a che fare con «una mera questione di tempi e di “controfirma”». L’interlocuzione tra ministero e Quirinale sarebbe infatti ancora in corso e «non porterebbe automaticamente» a Di Domenico: «Ci sarebbero anche altri potenziali candidati, sui cui profili al Quirinale si sta facendo una riflessione». Il Sole 24 Ore, citando genericamente «diversi ambienti politici» sostiene poi che «a pesare sulla vicenda sarebbe anche il fatto che quella di Di Domenico è una nomina suggerita e supportata dal sottosegretario Andrea Delmastro», condannato in primo grado, finito al centro di molte critiche per alcune sue dichiarazioni e che, sul Dap, sembra avere molta autonomia decisionale anche rispetto allo stesso ministro della Giustizia Carlo Nordio.

Tale autonomia è stata criticata anche da alcuni sindacati di polizia: «Da tre mesi non c’è un capo del Dap perché di fatto c’è il sottosegretario Delmastro, che si è messo a farlo. E mai nella storia era accaduto che la debolezza di un ministro o la sua indifferenza nei confronti delle carceri abbia consentito ad un sottosegretario delegato di prendere in mano la situazione così come fa Delmastro: comanda tutto lui e dispone trasferimenti di comandanti. È una cosa indegna», ha detto ad esempio il segretario dell’Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria, Leo Beneduci.

Altri sindacati di polizia hanno sollecitato la nomina di una persona alla guida del Dap: l’Uilpa ha scritto che «il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, dopo le dimissioni di Giovanni Russo del 20 dicembre scorso, è privo di un vertice titolare da quasi tre mesi e, se consideriamo che il capo del Dap è anche il capo del Corpo di polizia penitenziaria, ci domandiamo cosa succederebbe se una delle altre tre forze di polizia del paese, Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza, restassero per tanto tempo senza la figura apicale».

Altri sindacati ancora, e anche diversi esponenti politici dell’opposizione, hanno denunciato come tutto questo stia avvenendo mentre la condizione delle carceri continua a essere tragica: sovraffollamento, carenze del personale di sorveglianza, carenze logistiche e sanitarie, 90 suicidi nel 2024 e già 25 nei primi mesi del 2025.

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