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  • Lunedì 31 marzo 2025

Il ruolo degli Stati Uniti nella guerra in Ucraina, raccontato dal New York Times

Un lungo articolo ha descritto come funzionava il profondo coinvolgimento dell'amministrazione di Joe Biden, tra scontri interni, errori e “linee rosse” violate

Soldati ucraini sul fronte a Pokrovsk, gennaio 2025
Soldati ucraini sul fronte a Pokrovsk, gennaio 2025 (AP Photo/Evgeniy Maloletka)
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Il New York Times ha pubblicato un lungo articolo in cui racconta il minuzioso e profondo coinvolgimento degli Stati Uniti di Joe Biden nella guerra in Ucraina. L’articolo è stato scritto dal giornalista Adam Entous ed è basato su oltre 300 interviste a militari, politici e persone coinvolte nel rapporto tra i due paesi. Descrive come molte delle mosse dell’Ucraina nella guerra, tra cui quasi tutte quelle più importanti, siano state concordate da un gruppo di generali ucraini e statunitensi nella base americana di Wiesbaden, in Germania: lì era stato creato un gruppo di lavoro segreto, chiamato Task Force Dragon.

Questa «partnership straordinaria», come la definisce il New York Times, è durata finché Joe Biden è rimasto presidente, quindi fino all’inizio del 2025: l’articolo non parla di cosa sia successo dopo l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, ma fa capire che la collaborazione si è notevolmente ridotta, come mostrano gli eventi degli ultimi mesi.

Gli Stati Uniti e gli altri alleati occidentali non hanno mai nascosto di aiutare l’Ucraina fornendo informazioni di intelligence molto dettagliate per individuare gli obiettivi russi da colpire, o di contribuire in maniera determinante alle decisioni prese sul campo. Ma il New York Times aggiunge molti particolari ed elementi importanti, cerca di descrivere dall’interno i rapporti personali e gli scontri politici, e come furono prese le decisioni più rilevanti.

Bisogna anche considerare che, sebbene siano stati intervistati anche comandanti militari ucraini, l’articolo descrive soprattutto il punto di vista statunitense, e a poche ore dalla sua pubblicazione gli ucraini hanno già smentito alcuni particolari.

La costituzione della Task Force Dragon nella base di Wiesbaden avvenne alcuni mesi dopo l’invasione russa su larga scala, cominciata il 24 febbraio 2022. Nel primo periodo della guerra, quando i russi cercarono di conquistare la capitale ucraina Kiev (senza riuscirci), la condivisione dell’intelligence tra americani e ucraini avveniva soprattutto al telefono e affrettatamente, vista la gravità della situazione. Ma quando i russi si ritirarono da Kiev per concentrarsi sull’est dell’Ucraina, la coalizione occidentale istituì la task force per condividere in modo più organizzato l’intelligence e le decisioni militari.

Joe Biden e Volodymyr Zelensky nel maggio 2023

Joe Biden e Volodymyr Zelensky nel maggio 2023 (AP Photo/Susan Walsh, Pool, File)

All’inizio da parte statunitense i due referenti erano il generale Christopher Donahue e il generale Christopher Cavoli (c’erano poi anche ufficiali europei); mentre da parte ucraina il contatto era il generale Mykhaylo Zabrodskyi. Gli interlocutori ucraini più importanti però sono sempre stati i due principali ufficiali del paese: il generale Valery Zaluzhny, allora comandante in capo delle forze armate ucraine, e il generale Oleksandr Syrskyi, il secondo in comando che poi lo sostituì nel 2024. La rivalità tra i due, ben nota da tempo, e il modo in cui questa ha influenzato le decisioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky è uno degli elementi principali del racconto del New York Times.

Secondo i racconti di vari ufficiali, la task force funzionava così: «Tutte le mattine […] gli ucraini e gli statunitensi si riunivano per fare il punto sulle armi russe e sulla disposizione delle loro forze sul terreno, e per determinare l’obiettivo più accessibile e di maggior valore. Le liste delle priorità (da colpire) venivano poi inviate al centro dell’intelligence, dove i funzionari analizzavano i dati per localizzare con precisione la posizione degli obiettivi».

Il New York Times racconta con dettagli inediti alcuni momenti della guerra, come per esempio l’affondamento dell’incrociatore russo Moskva, la più importante nave da guerra della flotta russa nel mar Nero, avvenuto ad aprile del 2022. Durante un incontro di routine a Wiesbaden, ufficiali navali americani e ucraini stavano controllando i radar quando qualcosa apparve all’improvviso. Gli americani dissero: «Oh, quello è il Moskva». E gli ucraini: «Oddio, grazie mille, arrivederci». Gli ucraini interruppero l’incontro e poco dopo il Moskva venne affondato, senza che gli americani fossero stati avvertiti.

La task force però era soprattutto il luogo dove i generali si consultavano sulle strategie militari, le offensive e le controffensive che hanno determinato l’andamento della guerra.

Un esempio è quello che ancora oggi è il più grande successo ucraino, l’offensiva che nel settembre del 2022 portò alla liberazione della città di Kherson, nel sud dell’Ucraina: fingendo dapprima un’offensiva al nord-est, gli ucraini riuscirono a ingannare i russi e a colpire a sud. Secondo il New York Times, però, ci furono scontri e disaccordi tra gli alleati che non permisero agli ucraini di approfittare pienamente di questa vittoria. Anziché inseguire l’esercito russo che si stava ritirando, gli ucraini si fermarono sulle rive del fiume Dnipro. Secondo il New York Times, questo avvenne perché l’Ucraina non ebbe la prontezza militare di incalzare il nemico, nonostante i consigli statunitensi. Altre ricostruzioni, diffuse negli ultimi mesi da altri giornalisti statunitensi, sostengono che gli americani obbligarono gli ucraini a far ritirare i russi indisturbati perché timorosi che la Russia avrebbe potuto rispondere usando armi nucleari.

Un soldato ucraino nella regione di Kharkiv, febbraio 2025

Un soldato ucraino nella regione di Kharkiv, febbraio 2025 (AP Photo/Evgeniy Maloletka)

Un altro momento centrale della guerra è stata la cosiddetta controffensiva della primavera-estate del 2023: avrebbe dovuto essere il momento in cui l’Ucraina, forte degli armamenti e dell’addestramento occidentale, avrebbe inflitto una sconfitta determinante alla Russia, capace di cambiare il corso della guerra. La controffensiva invece cominciò con enorme ritardo e fallì, portando a una situazione di stallo che continua ancora oggi.

Secondo il New York Times la ragione principale del fallimento furono le divisioni interne in Ucraina, e in particolare quelle tra i generali Zaluzhny e Syrskyi. Il piano originale prevedeva un assalto principale verso Melitopol, con l’intento di tagliare il collegamento via terra tra la Russia e la Crimea. Ma a causa delle rivalità tra i due generali le forze furono diluite in tre diversi punti: Melitopol a sud, Mariupol e Bakhmut a nord. Queste rivalità, oltre che i mancati arrivi di armi occidentali, provocarono grossi ritardi nell’inizio della controffensiva, e consentirono ai russi di trincerarsi e di costruire difese che si rivelarono impenetrabili.

Il contrasto tra Zaluzhny e Syrskyi emerse definitivamente nel 2024: Zaluzhny è più giovane, brusco nei modi ed è stato spesso in rotta con gli statunitensi, ma è molto amato dalle truppe. Syrskyi è più anziano, ha fatto varie esperienze anche professionali in Russia (tanto che Zaluzhny lo chiamava «il generale russo», perché nelle riunioni parlava russo), ma nel tempo è stato capace di portare il presidente Zelensky dalla sua parte. Alla fine è prevalso quest’ultimo, che a febbraio del 2024 è stato nominato comandante in capo delle forze armate.

Valery Zaluzhny nel gennaio 2023

Valery Zaluzhny nel gennaio 2023 (AP Photo/Efrem Lukatsky)

Un altro elemento importante descritto dal New York Times è come l’amministrazione Biden abbia sistematicamente violato le proprie “linee rosse” per rispondere alle esigenze ucraine. Nel corso di tutta la guerra, l’amministrazione ha dapprima negato la consegna di certe armi offensive e il supporto a certe operazioni, temendo che avrebbero potuto costituire una provocazione nei confronti dei russi. Poi, quando le cose si mettevano male per gli ucraini, ha acconsentito. Questo vale anzitutto per i sistemi d’arma, come i lanciarazzi per missili a medio raggio HIMARS e poi i missili a lungo raggio ATACMS. Vale anche per gli attacchi ucraini in territorio russo, che gli americani hanno dapprima vietato e poi sostenuto.