La gip di Firenze ha disposto l’imputazione coatta per Marco Cappato, Chiara Lalli e Felicetta Maltese, accusati di aiuto al suicidio

La giudice per le indagini preliminari (gip) di Firenze ha respinto la richiesta di archiviazione delle accuse di aiuto al suicidio e disposto l’imputazione coatta per Marco Cappato, Felicetta Maltese e Chiara Lalli, attivisti e attiviste dell’Associazione Luca Coscioni che nel 2022 avevano aiutato un uomo malato di sclerosi multipla, Massimiliano Scalas, ad accedere alle procedure di suicidio assistito in Svizzera.
Significa che la procura (ossia l’accusa) aveva chiesto di archiviare il caso, ma la giudice per le indagini preliminari non era d’accordo e ha disposto l’imputazione coatta. È un provvedimento con cui alla procura viene imposto (da cui l’aggettivo “coatta”) di esercitare l’azione penale, ovvero di chiedere il rinvio a giudizio degli indagati. Ora sarà il giudice dell’udienza preliminare (gup) a decidere se rinviare effettivamente i tre a giudizio (l’esito più comune delle imputazioni coatte, e quello che ci si aspetta succeda anche in questo caso) oppure emettere una sentenza di non luogo a procedere, con cui si stabilisce di non fare il processo.
La gip Agnese Di Girolamo non ha accettato l’archiviazione in quanto Massimiliano Scalas non era mantenuto in vita da dei cosiddetti trattamenti di sostegno vitale, una delle quattro condizioni richieste dalla giurisprudenza italiana per poter accedere legalmente al suicidio assistito. Scalas effettivamente non dipendeva da farmaci o dai macchinari medici, come per esempio dei ventilatori, ma secondo l’Associazione Luca Coscioni la continua e totale assistenza di altre persone di cui l’uomo aveva bisogno poteva essere considerata come “trattamento di sostegno vitale”.
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