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  • Sabato 15 marzo 2025

Come si allena un pilota di Formula 1

Con una grande varietà di esercizi a volte anche parecchio strani: come quelli fondamentali che servono a ingrossare il collo

(© McLaren Automotive Limited)
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Quando guidano, i piloti di Formula 1 vengono sottoposti a condizioni e forze insostenibili per la maggior parte delle persone comuni e non a caso hanno una preparazione fisica, atletica e mentale con pochi eguali nello sport, a volte sottovalutata per il fatto che il loro lavoro consiste in sostanza nel guidare un’auto. Con il passare degli anni, e l’aumentare della velocità e delle prestazioni delle monoposto, questa cosa si è accentuata fino a conseguenze piuttosto estreme, rese tali anche dal numero sempre più elevato di gare che affrontano: nella stagione che sta per cominciare ci saranno 24 Gran Premi, un record condiviso con la stagione scorsa, alcuni dei quali in weekend consecutivi in parti diverse del mondo.

Un Gran Premio dura un’ora e mezza, durante la quale i piloti superano con costanza i 300 chilometri orari e frenano e curvano centinaia di volte: questo richiede resistenza e forza eccezionali, soprattutto in parti del corpo molto sollecitate come il collo e le gambe. Servono inoltre concentrazione e riflessi decisamente fuori dal comune, per prendere le decisioni migliori in pochi istanti e abbassare il rischio di incidenti. Nel frattempo capita che la temperatura dell’abitacolo, nelle giornate calde, raggiunga i 60 gradi, e infatti in una gara i piloti arrivano a perdere anche 3-4 chili di peso, principalmente liquidi consumati sudando, con influenze sul ritmo cardiaco, sulla capacità di mantenere l’attenzione, sui tempi di reazione.

Una delle cose più ardue quando si guida una monoposto è resistere alla forza a cui si è sottoposti, che è anche 4-5 volte superiore alla gravità. Per dare un’idea, quando fanno una curva i piloti possono avere l’impressione che la loro testa pesi cinque, sei volte più del solito. Quando frenano, è come se una ventina di chili premesse sul loro collo: a una persona non allenata in modo specifico la testa cadrebbe in avanti, facendole perdere il controllo dell’auto; viceversa quando accelerano vengono spinti all’indietro, e quando curvano da una parte o dall’altra. Solo i piloti di aerei da guerra hanno esperienze simili.

Per mantenere la testa al suo posto e resistere a queste forze per così tanto tempo, quindi, bisogna innanzitutto avere un collo particolarmente allenato e muscoloso: quelli di Lewis Hamilton e Fernando Alonso, per dire, hanno circonferenze superiori ai 45 centimetri, contro i 40 della media negli uomini.

Il collo di Alonso è differente

Per questo, e per la loro particolarità, sono piuttosto famosi e condivisi i video dei piloti che allenano il collo con esercizi poco convenzionali per quasi tutti gli altri tipi di atleti. In quello forse più comune i piloti si legano alla testa dei tiranti, alle cui estremità c’è o una persona che tira oppure un peso: in ogni caso il pilota deve esercitare una forza opposta per mantenere la testa dritta. Ci sono poi vari macchinari specifici per allenare i muscoli del collo e delle spalle: non sembrano molto piacevoli.

Un allenamento del campione del mondo Max Verstappen

Non c’è solo il collo, comunque: per i piloti è fondamentale essere forti nel cosiddetto core, cioè quel complesso di muscoli all’altezza degli addominali e della zona lombare che danno sostegno alla schiena e contribuiscono a mantenere l’equilibrio e le posture migliori. Per allenarlo, sono abbastanza diffusi tra i piloti esercizi a corpo libero tipo calisthenics (che sfruttano cioè il peso del proprio corpo) o quelli con bilancieri, elastici e kettlebell (quei pesi sferici con sopra una maniglia). In genere tutti i muscoli devono essere allenati e tonici, ma allo stesso tempo non troppo “grossi”, perché i piloti devono infilarsi e stare il più comodamente possibile dentro uno spazio piuttosto stretto.

In passato addirittura capitava che, per “pesare meno” sull’auto e quindi farla andare più veloce, fossero spinti a dimagrire troppo, con conseguenti problemi di salute fisica e mentale: anche per questo nel 2019 è stato introdotto un obbligo di peso minimo, 80 chili, che i piloti più leggeri devono integrare con una zavorra da posizionare sotto il sedile. In questo modo i piloti più alti e robusti non sono spinti a cercare di dimagrire in modo potenzialmente pericoloso.

La forza nelle gambe è un’altra cosa cruciale, perché già solo premere il pedale del freno non è proprio una passeggiata. Un video di Wired del 2023 intitolato, in modo piuttosto esplicativo, Perché una persona comune non potrebbe guidare un’auto di Formula 1, spiegava che far frenare una monoposto è come usare una sola gamba per spingere un cucciolo di elefante per centinaia di volte in un’ora e mezza (un cucciolo di elefante pesa sui 100 chili).

Guidare un’auto di Formula 1 è una cosa per pochi

Per allenarsi e non annoiarsi molti piloti scelgono di praticare, soprattutto nel periodo tra una stagione e l’altra, vari sport come il ciclismo, lo sci, la corsa, ma anche attività come il salto della corda, molto utile anche per sciogliere i muscoli prima delle gare, e la fit-boxe (un pugilato in cui si tirano pugni a un sacco o a speciali guantoni che un’altra persone regge in mano). Le attività di cardio, cioè allenamenti che sollecitano e migliorano le capacità dell’apparato cardiocircolatorio e respiratorio, sono importanti perché durante una gara tra sforzo fisico, forza di gravità, caldo e tensione di solito un pilota mantiene una frequenza cardiaca di circa 170-180 battiti al minuto, quasi tripla rispetto a quella media in condizioni normali, che oscilla tra i 60 e i 100 battiti al minuto.

Ciascun pilota dev’essere quindi abituato a reggere sforzi prolungati, anche perché l’aumento del battito cardiaco rischia altrimenti di influire sui tempi di reazione e sulle capacità di decisione. Tempi di reazione e riflessi sono un’altra cosa che i piloti hanno sviluppato in modi quasi prodigiosi, con cui riescono in una frazione di secondo a vedere ed evitare un ostacolo, o a prevenire un pericolo, pur andando a velocità elevatissime.

A fare cose come questa, insomma (peraltro nemmeno in Formula 1, ma in Formula 2)

Gli allenamenti specifici per i riflessi sono un’altra cosa molto apprezzata e condivisa sui social media, assieme alle varie sfide che vengono proposte ai piloti come sbattere gli occhi quando sono passati esattamente sei secondi (Verstappen sbaglia di un decimillesimo), afferrare con due dita un righello che cade dall’alto nel minor tempo e spazio possibile o prendere al volo due palline da tennis lasciate cadere da un’altra persona, una cosa che si vede spesso fare per esempio al pilota francese dell’Alpine Pierre Gasly.

Uno strumento abbastanza utilizzato per migliorare la coordinazione tra occhio e mano e anche la visione periferica, cruciale quando si guida, consiste in un set di luci poste in varie posizioni davanti al pilota, che si accendono alternatamente (a volte emettono anche un suono, un “bip”). Il pilota deve, di fatto senza guardarla direttamente, vederla e metterci una mano davanti nel minor tempo possibile. C’è un video abbastanza notevole di Alonso che lo fa, e poi c’è l’ex pilota inglese Jenson Button, che un paio di anni fa ha battuto il Guinness World Record per aver “spento” 58 luci in 30 secondi sul Batak Pro, tra i più popolari strumenti di questo tipo.

Una brevissima sintesi di come si allenano e a cosa servono i riflessi in Formula 1

In tutto questo ci sono gli allenamenti tradizionali in palestra, e chiaramente quelli in cui effettivamente si migliorano le abilità di guida (al simulatore o nell’auto); ci sono gli incontri con meccanici, ingegneri e tutte le persone dei grossi team di Formula 1, e soprattutto i viaggi e gli spostamenti, che sono stati un po’ ottimizzati a livello geografico ma sono comunque lunghi e stancanti, pur viaggiando in condizioni quasi sempre privilegiate (Carlos Sainz, che quest’anno gareggerà per la Williams, ha detto che prende circa 100 voli all’anno).

Allo stress fisico e psicologico di una competizione molto intensa per i piloti si aggiunge quindi la delicata gestione della stanchezza e del jet lag. Anche la dieta è un altro aspetto che influisce sulle prestazioni in gara: Lewis Hamilton cita spesso la decisione di diventare vegano nel 2017 come uno dei fattori che hanno contribuito a prolungare la sua carriera.