I negoziati sulla seconda fase del cessate il fuoco nella Striscia di Gaza sono bloccati
E al momento sembra difficile che Hamas e Israele si mettano d'accordo per prolungare la "fase uno" ed evitare la ripresa dei combattimenti

Oggi scade la “fase uno” dell’accordo sul cessate il fuoco che era stato raggiunto a gennaio tra Hamas e Israele, senza che le due parti abbiano completato i negoziati per far partire la seconda fase. Il governo israeliano non sembra molto orientato ad attuare la “fase due”, per non rinunciare alla propria presenza militare nella Striscia e per ragioni politiche interne. Israele negli ultimi giorni ha valutato la possibilità di estendere ulteriormente la fase uno, per evitare una ripresa dei combattimenti, mentre Hamas ha insistito sulla necessità di andare oltre.
L’accordo sul cessate il fuoco si compone di tre fasi. La prima, quella che scade sabato notte, sarebbe dovuta durare 42 giorni, e prevedeva la liberazione di 33 ostaggi detenuti da Hamas e altri gruppi radicali della Striscia in cambio di poco meno di 2.000 prigionieri palestinesi in carcere in Israele. Nonostante alcune complicazioni negli ultimi giorni, l’accordo è stato rispettato: Hamas ha liberato come previsto 25 ostaggi vivi e i cadaveri di altre otto persone uccise durante la prigionia, e in cambio Israele ha liberato centinaia di prigionieri palestinesi.
L’accordo iniziale prevedeva però che, mentre era in corso la fase uno, le due parti riprendessero il negoziato per definire le condizioni della fase due, che dovrebbe prevedere il rilascio di tutti gli ostaggi rimanenti (circa 60) e il ritiro dei soldati israeliani dalla Striscia di Gaza (la fase tre, infine, dovrebbe portare a una fine permanente della guerra). Il problema è che finora Israele si è rifiutato di iniziare i negoziati per la fase due.
Hamas, d’altro canto, ha mantenuto posizioni intransigenti e ha reso complicato il completamento della fase uno con la sua decisione di trasformare le consegne degli ostaggi in eventi propagandistici e umilianti per Israele. Soprattutto, i rapporti fra le parti sono peggiorati drasticamente dopo che Hamas aveva inizialmente riconsegnato a Israele un corpo di un ostaggio che non era quello di Shiri Bibas, una donna rapita e uccisa assieme ai suoi due figli piccoli.

Una cerimonia di riconsegna degli ostaggi il 22 febbraio 2025 (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che l’unico negoziato a cui è disposto a partecipare è quello per decidere i termini della resa di Hamas, e che Israele è pronto a riprendere i combattimenti, se necessario. In particolare Israele non intende ritirarsi dal corridoio Philadelphi, cioè il territorio di confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto, che Israele considera fondamentale per il controllo di eventuali traffici di armi e mezzi di contrabbando che potrebbero arrivare a Hamas.
Netanyahu ha poi un problema politico: accettare le condizioni della fase due, e quindi negoziare il ritiro dalla Striscia di Gaza e la fine definitiva della guerra, potrebbe quasi certamente provocare la caduta del suo governo, che si troverebbe senza l’appoggio dei partiti nazionalisti di ultradestra, favorevoli a una ripresa dei combattimenti.

Due donne si abbracciano a Tel Aviv, il 20 febbraio 2025 (AP Photo/Oded Balilty)
Nessuna delle due parti, tuttavia, vuole davvero riprendere la guerra. Hamas è indebolito e in difficoltà, mentre l’opinione pubblica in Israele è stanca della guerra e ritiene che la priorità sia liberare gli ostaggi. Per questo negli scorsi giorni erano iniziati nuovi negoziati in Egitto con l’obiettivo non di arrivare alla fase due, ma di prolungare la fase uno. Varie fonti sostengono che Israele vorrebbe allungare la fase uno di altri 42 giorni, e che nel frattempo continuassero altri scambi tra ostaggi e prigionieri.
Questo però è un problema per Hamas, che considera la presenza degli ostaggi una garanzia e un modo per costringere Israele a fare concessioni. Difficilmente Hamas accetterà di rilasciare tutti gli ostaggi senza avere la rassicurazione che Israele si ritirerà dalla Striscia di Gaza.
Ad ogni modo, non è automatico che i combattimenti riprendano subito, anche se Hamas e Israele non riuscissero a trovare un compromesso immediato. L’accordo di gennaio prevede che il cessate il fuoco può proseguire finché le parti continuano a negoziare, anche dopo la scadenza della fase uno. Il prossimo momento critico potrebbe però arrivare abbastanza presto, l’8 marzo. Quel giorno l’accordo prevede che Israele completi il ritiro dal corridoio Philadelphi. Se non lo farà, Israele avrà violato i termini dell’accordo, e questo potrebbe portare a ritorsioni, anche militari.