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  • Venerdì 28 febbraio 2025

Perché i braccialetti elettronici “antistalking” non funzionano

Se ne parla per alcuni recenti femminicidi commessi da uomini che li indossavano: i problemi sono molti e derivano da una gestione molto disorganica

di Giulia Siviero

Un modello di braccialetto elettronico prodotto in Spagna (Andreas Arnold/dpa/ANSA)
Un modello di braccialetto elettronico prodotto in Spagna (Andreas Arnold/dpa/ANSA)

In queste ultime settimane, in due differenti commissioni del parlamento sono in corso varie audizioni relative ai cosiddetti braccialetti elettronici, strumenti che permettono di sorvegliare a distanza le persone a cui vengono fatti indossare. Se ne è tornati a parlare, e la politica a occuparsene, dopo alcuni femminicidi commessi tra settembre e ottobre dello scorso anno, nonostante agli aggressori, già denunciati, i giudici avessero assegnato il braccialetto elettronico.

La risposta su che cosa, in quei casi come in altri, non abbia funzionato, è però complessa e non univoca. Per provare a comporla è necessario capire come sono fatti questi dispositivi, come vengono o non vengono attivamente gestiti da chi li porta, ma anche e soprattutto come è stato organizzato il sistema che sta intorno a questa tecnologia.

Per ciascuna di queste questioni sembrano esserci, in Italia, delle criticità: alcune hanno a che fare con il sempre maggior numero di braccialetti in circolazione, e dunque con i maggiori problemi per quanto riguarda disponibilità, tempi di installazione e gestione delle informazioni, tante e complesse, che i braccialetti inviano. Altre hanno a che fare con il rischio che la tecnologia possa funzionare male. E altre ancora sono invece più strutturali e riguardano il fatto che, come invece in altri paesi, non è stato creato un sistema nazionale di istruzioni operative sulle modalità di verifica della fattibilità tecnica di applicazione dei braccialetti, sulle modalità di gestione degli allarmi o dei malfunzionamenti tecnici, né su come gestire e avere cura della manutenzione degli apparati da dare alla persona sottoposta alla misura, e alla persona tutelata. E valutare, in sostanza, se il braccialetto elettronico sia idoneo e possa dunque svolgere al meglio la sua funzione di controllo e deterrenza.

Il braccialetto elettronico fu introdotto in Italia a livello sperimentale nel 2001 in cinque città, e nei primi anni venne utilizzato solo come uno strumento di controllo nel caso di persona condannata a scontare la pena nella propria abitazione. Il ricorso a questa nuova tecnologia nasceva con due principali obiettivi: ridurre i tassi di detenzione e contenere la spesa pubblica attraverso un’alternativa più economica alla reclusione. In questa direzione andava anche la legge numero 47 del 2015, che stabiliva come la custodia cautelare in carcere potesse essere disposta solo quando risultassero inadeguate altre misure interdittive o coercitive. Venne approvata a seguito delle indicazioni della Corte europea dei diritti umani in merito al sovraffollamento nelle carceri. E se fino a quel momento il braccialetto elettronico era considerato un’eccezione, da quel momento in poi divenne la norma.

Il vero aumento arrivò però nel 2019 e poi nel 2023: nel 2019 con l’introduzione del cosiddetto “codice rosso”, quando il braccialetto elettronico cominciò a essere usato in modo significativo come strumento di contrasto alla violenza di genere ed esteso «al divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa»; e nel novembre del 2023 dopo l’approvazione della legge 168, quando il braccialetto elettronico iniziò a essere applicato anche alle persone accusate dei cosiddetti “reati spia” del femminicidio, come stalking e maltrattamenti.

Il passaggio da una funzione all’altra – cioè da un braccialetto che dovesse garantire che il soggetto agli arresti domiciliari non lasciasse la propria abitazione a un braccialetto antistalking con l’obiettivo di evitare che il maltrattante si avvicinasse alla donna protetta – ha avuto come prima conseguenza un aumento notevole dell’impiego di questa tecnologia. A dicembre del 2023 il numero di braccialetti attivi era 5.695, già decisamente in crescita rispetto ai 3.357 del 2022 e ai 2.808 del 2021. E di questi 5.695, circa un quinto, ovvero 1.018, era utilizzato per casi di stalking. Alla fine del 2024 i braccialetti elettronici attivi in Italia erano 10.458, di cui 4.677 con funzione antistalking.

La funzione antistalking ha comportato inoltre un cambio di tecnologia. Nel caso di monitoraggio domiciliare il braccialetto elettronico, che è in realtà una cavigliera, invia regolarmente un segnale a un apparecchio ricevente, fisso, che viene posizionato nel luogo da cui la persona non si deve allontanare. La centrale delle forze dell’ordine controlla il segnale mandato dal braccialetto all’apparecchio e se smette di arrivare attiva un allarme: significa che la persona si è allontanata dal perimetro stabilito o che il braccialetto è stato manomesso, danneggiato, tagliato. Durante le audizioni nelle commissioni, diversi esperti hanno confermato che il braccialetto per il controllo degli arresti domiciliari non ha mai creato particolari criticità.

Il braccialetto antistalking è invece uno strumento più complesso: è composto da tre dispositivi, e funziona in modo differente. Il braccialetto installato alla caviglia della persona a cui è stata imposta la misura cautelare è associato a un secondo apparecchio che si chiama track. Il track rileva la posizione geografica attraverso il GPS, un sistema di geolocalizzazione satellitare, va ricaricato come un normale telefono cellulare e la persona soggetta alla misura deve sempre averlo con sé. È dunque fondamentale una sua collaborazione attiva, ma anche una completa comprensione di come il dispositivo funzioni. Un terzo apparecchio analogo al track, chiamato VTU, è dato in dotazione alla donna. Serve a geolocalizzare anche lei e dunque a verificare il rispetto del divieto di avvicinamento da parte dell’aggressore, stabilito dai magistrati caso per caso a una distanza che solitamente è di 500 metri.

Anche il VTU deve essere ricaricato come un cellulare, la persona protetta lo deve sempre portare con sé e anche in questo caso sarebbe importante conoscerne molto bene il funzionamento.

L’insieme di questi tre dispositivi prevede una serie di allarmi che vengono trasmessi alla centrale operativa delle forze dell’ordine: c’è un allarme per la mancata copertura (l’aggressore è in una galleria o in una zona non coperta dalla rete), c’è un allarme se track e braccialetto si allontanano, ce ne sono altri due per segnalare se le batterie del track si stanno per scaricare o se si sono scaricate. E infine ci sono il segnale di avvicinamento del track al VTU a una distanza inferiore a quella imposta, e quello di immediata prossimità tra braccialetto e VTU. Solo in quest’ultimo caso, se c’è un’immediata prossimità, l’allarme oltre che alla centrale operativa viene inviato anche al VTU: per dare modo alla donna di proteggere se stessa prima dell’arrivo di una pattuglia.

La società che dal 2018 e fino al 2025 con due diversi bandi si è aggiudicata il servizio di fornitura dei braccialetti elettronici è Fastweb, subentrata a Telecom. Fastweb si è presa l’impegno di fornire mensilmente 1.000 braccialetti, con la possibilità di un incremento del 20 per cento, arrivando così a un massimo di 1.200 unità al mese. Da contratto, il tempo massimo che Fastweb ha per attivare tramite i propri tecnici un braccialetto è di 4 giorni. Sia il monitoraggio che l’intervento in caso di allarme sono affidati invece alle forze dell’ordine.

L’introduzione dei braccialetti elettronici nel sistema di giustizia penale italiano ha da subito aperto una serie di questioni riguardanti la loro accettabilità sociale, ma anche la loro efficacia, e in particolare dal momento in cui hanno cominciato a essere usati per i reati legati alla violenza maschile contro le donne.

P.F. vive nel Lazio, in provincia di Roma. È una donna che, con la figlia, ha subito per anni violenza da parte dell’ex marito, che infine è stato accusato di maltrattamenti (il processo è in corso) e poi arrestato per stalking. Il giudice ha disposto che l’uomo indossasse il braccialetto elettronico, installato una decina di giorni dopo l’ordinanza. I tempi sembrano dunque essere il primo problema segnalato da P.F. («Fino a che non installano il dispositivo tu sei di fatto costretta a rimanere chiusa in casa»), un problema confermato anche durante le recenti audizioni in commissione Giustizia del Senato e nella commissione d’inchiesta sui femminicidi.

L’avvocato Salvatore Sciullo, vice presidente della Camera penale di Roma, dice che «in vari casi è capitato che siano passate anche due o tre settimane tra la disposizione del giudice e l’installazione del braccialetto elettronico»; il procuratore della Repubblica di Tivoli, Francesco Menditto, dice che Fastweb dovrebbe applicare il braccialetto entro 4 giorni dalla disposizione del giudice, ma che questo tempo non viene in molti casi rispettato; e secondo Carmine Castaldo, presidente della settima sezione penale del tribunale di Roma, l’applicazione e l’esecuzione della misura cautelare dovrebbero essere concomitanti perché «lasciare quel vuoto di tutela tra la disposizione del giudice e la concreta applicazione del dispositivo» è qualcosa di pericoloso che deve essere affrontato. Quasi tutti, in audizione, hanno dunque suggerito il necessario adeguamento del contratto con i fornitori, contratto che è stato chiuso precedentemente all’entrata in vigore della legge del 2023, e che ora sconta il salto dimensionale che quella legge ha determinato più che quadruplicando l’utilizzo dei braccialetti.

Gran parte delle discussioni sui braccialetti antistalking che si sono svolte finora nelle commissioni ha riguardato quelli che sono stati definiti “malfunzionamenti tecnici”, e che erano stati segnalati già lo scorso ottobre sia dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, sia dal Nuovo Sindacato Carabinieri, tra gli altri («Abbiamo nuovamente constatato che i casi di interruzioni del servizio, o addirittura non funzionamento, sono troppi», diceva in una nota il sindacato ribadendo il «malfunzionamento della gestione del sistema e/o del software»).

Piantedosi il 22 novembre 2022 a Roma, in Campidoglio, durante la presentazione del report sui reati violenti contro le donne (Cecilia Fabiano/LaPresse)

Raccontando la propria esperienza con il braccialetto elettronico, P.F. conferma le informazioni riferite in modo generico durante le audizioni: il dispositivo si scarica velocemente, si surriscalda, «in molte zone non prende e dunque perde la sua funzione», in diverse occasioni «a me non ha proprio suonato, non mi ha avvisata che lui era lì, e mi sono spaventata molto». Altre volte l’allarme non è stato immediato, «sono stata contattata ore e ore dopo, quando ero già a casa», altre volte ancora gli allarmi erano dei falsi allarmi. Infine, prosegue P.F., «una volta ho ricevuto una chiamata sul mio telefono-dispositivo, ho risposto pensando che fossero i carabinieri e invece era una telefonata pubblicitaria».

«Io poi mi interfaccio con i carabinieri del mio paese», conclude P.F. «E loro con la centrale operativa più vicina, che è quella che monitora direttamente gli allarmi che arrivano dal braccialetto del mio ex marito. Ma in una situazione di emergenza, e in tutto questo passaggio di comunicazioni, il rischio è che lui faccia in tempo a scavarmi una buca».

La difficoltà nella gestione degli allarmi è in effetti centrale e, di nuovo, l’aumento dei braccialetti in circolazione non ha aiutato: la mole di lavoro è diventata molto consistente, e viene gestita dalle centrali operative a parità di personale a cui sono affidati altri compiti e che spesso non viene nemmeno formato per farlo. Concretamente significa che anche una sola persona si ritrova davanti a un computer a dover gestire migliaia di informazioni al giorno, che vanno innanzitutto valutate. In caso di allarmi urgenti l’agente che li riceve e li individua contatta i colleghi competenti per il territorio da cui proviene l’allarme, che a loro volta chiamano la persona protetta ed eventualmente inviano una pattuglia (nel caso di P.F., ad esempio, è la centrale operativa di Roma ad allertare la stazione dei carabinieri del paese dove risiede la donna). Qualche tempo fa, affrontando il tema delle risorse umane dedicate al monitoraggio, La Stampa chiedeva: «Cosa succede se c’è un solo agente di turno nella sala operativa a monitorare molti braccialetti, se suonano più allarmi in contemporanea?»

Diversi poliziotti e carabinieri che il Post ha intervistato spiegano poi che da tutti questi allarmi sarebbe fondamentale riuscire a ottenere, in tempi brevi, delle cartografie con i tracciati delle posizioni e degli spostamenti del braccialetto. I tracciati sono molto utili per gli arresti in differita previsti dalla legge del 2023 contro la violenza domestica. La legge dice infatti che l’autore del reato deve essere considerato in stato di flagranza e può dunque essere arrestato entro le 48 ore successive, anche sulla base di video o foto che documentino il fatto in maniera inequivocabile. Una comprensione approfondita e complessiva degli allarmi, e la conseguente creazione di un tracciato, servirebbe dunque a dimostrare in tribunale quando il soggetto è stato nell’area di esclusione, con che frequenza, quanto ci è rimasto, se si è trattato di un semplice passaggio o di uno stazionamento. Ma fare questa ricostruzione non è semplice, richiede tempo e anche competenza.

In apertura di un incontro, la presidente della commissione Giustizia del Senato Giulia Bongiorno ha fatto riferimento a quanto riferito da Fastweb durante le audizioni (che sono state secretate e che non è stato dunque possibile seguire pubblicamente): e cioè a come il vero problema del braccialetto elettronico per l’Italia, ma non per altri paesi, sia l’assenza di un’organizzazione e di un coordinamento intorno a questa tecnologia. Qui, ha detto Bongiorno riportando l’analisi di Fastweb, «il magistrato e la polizia vengono lasciati soli».

Bongiorno è stata anche avvocata di Matteo Salvini nel processo Open Arms, ed è senatrice della Lega: qui risponde alle domande dei giornalisti al termine di un’udienza di quel processo, a Palermo, il 13 gennaio 2023 (© Valeria Ferraro/SOPA Images via ZUMA Press Wire)

In altri paesi europei le valutazioni per decidere se il braccialetto sia idoneo per quello specifico caso vengono fatte dai magistrati affiancati da speciali commissioni o sulla base di una serie di analisi. L’analisi preventiva è molto approfondita, vengono valutate le persone coinvolte che devono collaborare attivamente, il loro contesto sociale, e poi i luoghi, le condizioni abitative, l’effettiva copertura del segnale e così via. In Spagna, paese a cui si fa spesso riferimento quando si parla di buone pratiche sui braccialetti elettronici, la decisione di imporre il dispositivo a persone condannate o indagate per violenza di genere spetta al giudice, supportato dal sistema nazionale VioGén: istituito nel 2007, consente alle autorità giudiziarie e di polizia di valutare il rischio di violenza di genere attraverso il calcolo e la classificazione del livello di rischio in basso, medio, alto o estremo. E se l’aggressore vive per esempio a una distanza inferiore a quella necessaria per la sicurezza della vittima, il braccialetto viene escluso perché non è una misura di tutela efficace, così come viene escluso se le persone coinvolte vivono in determinati luoghi o aree geografiche dove il segnale è scarso, o se vivono in un piccolo centro dove ci sono un unico supermercato e un’unica farmacia e dove la possibilità di entrare in contatto è dunque costante e altissima.

Dai dati risulta poi che in altri paesi il numero di braccialetti in uso sia inferiore rispetto a quello che c’è in Italia, con una diversa gestione. In Francia i dati del ministero dell’Interno dicono che nel 2023 i braccialetti installati erano 963, e in Francia la «distanza di allarme» deve essere tra l’altro almeno un chilometro, non 500 metri come tipicamente avviene in Italia. Il monitoraggio, sia in Francia che in Spagna, viene affidato a centrali operative dedicate, private o pubbliche, attive 24 ore su 24 7 giorni su 7 con personale specificamente formato. Ed esistono, infine, protocolli dettagliati che codificano il processo dall’inizio alla fine in tutte le sue fasi, che disciplinano in modo puntuale il ruolo delle parti coinvolte, che stabiliscono caso per caso come gli operatori al monitoraggio debbano gestire ciascuna tipologia di allarme, che danno indicazioni sulle modalità di gestione dei malfunzionamenti tecnici, e che indicano la necessità di rilevarne il motivo per porvi rimedio (se, ad esempio, il malfunzionamento dipende dall’incuria, che è possibile sia anche volontaria, dell’indagato). In Spagna l’installazione e la gestione degli allarmi sono affidate a un centro di controllo tecnico (COMETA) centralizzato a livello nazionale, con personale specializzato formato per attivarsi in modo differente a seconda degli allarmi ricevuti.

L’esperienza spagnola sui braccialetti ha anche concluso che l’efficacia del sistema e la tutela delle vittime dipendono in gran parte dalla comprensione di come il sistema funziona. Sono stati dunque previsti dei manuali d’uso sia per la vittima che per la persona sottoposta alla misura, che spiegano il funzionamento dei dispositivi, come curarne la manutenzione, le situazioni in cui vengono generati allarmi oppure no e il protocollo da seguire: tutto questo in modo da allineare correttamente le aspettative delle parti rispetto al dispositivo.

I femminicidi che negli ultimi mesi hanno riaperto la discussione sull’efficacia del braccialetto antistalking sembrano riassumere tutti i problemi visti fin qui. Quello avvenuto a Civitavecchia nella notte tra il 17 e il 18 ottobre del 2024 coinvolgeva due persone che, secondo i giornali locali, erano senza fissa dimora. Al momento del ritrovamento del corpo di Camelia Ion, la donna non aveva con sé il dispositivo che le avrebbe potuto consentire di ricevere l’allarme.

Il 18 ottobre del 2024 Celeste Palmieri è stata uccisa con una pistola dal marito da cui si stava separando all’uscita del supermercato di San Severo, in provincia di Foggia: il segnale di troppa vicinanza tra la donna e il braccialetto portato dall’uomo che poi le ha sparato è stato individuato dai carabinieri che hanno chiamato lei e mandato una pattuglia, arrivata però troppo tardi. Risulta, come segnalato da un’associazione locale che si occupa di violenza maschile contro le donne, che la misura di divieto di avvicinamento fosse stata fissata a soli 150 metri.

Saida Hammouda è stata uccisa lo scorso 20 maggio a La Spezia a coltellate dal marito che aveva già denunciato. In quel caso l’uomo non indossava il braccialetto: avrebbe dovuto farlo, ma il dispositivo non gli era ancora stato assegnato.

Sui braccialetti antistalking ci sono poi questioni più ampie che sembrano essere emerse poco dai vari racconti giornalistici di denuncia sul tema, e che sono state invece portate in commissione parlamentare sul femminicidio.

P.F. le ha confermate: «Vivendo in un piccolo centro, lui utilizza il dispositivo al contrario: per controllarmi. Passa vicino ai luoghi dove immagina io possa trovarmi, nei paraggi di casa di mia sorella, per esempio, anche a orari stranissimi tipo mezzanotte e le sei del mattino successivo, per sapere se ho dormito da lei oppure no. Voglio dire che il braccialetto elettronico può anche essere un’arma a doppio taglio, perché lui da controllato passa a essere il controllore continuando di fatto ad agire violenza. Questa situazione è paradossale, crea molta ansia e paura e mi fa sentire costantemente in una condizione di vulnerabilità».

L’imposizione del braccialetto elettronico, conclude P.F., fa ricadere sulle persone offese una serie di oneri e responsabilità. Quando il giudice emette l’ordinanza per il braccialetto elettronico, affinché tale ordinanza diventi esecutiva è necessario il consenso della persona a cui il braccialetto sarà applicato. Nell’ordinanza il giudice impone anche le misure più gravi da applicare in caso di mancato consenso. Se il consenso non viene dato la polizia giudiziaria esegue la misura più grave indicata nell’ordinanza; se invece il consenso è prestato avvia la procedura per l’applicazione del braccialetto e avvisa contestualmente la parte offesa. Da quel momento in poi sulla parte offesa gravano automaticamente una serie di adempimenti che hanno a che fare con il dispositivo che a sua volta riceverà: non solo anche lei comincerà a essere tracciata, ma diventerà parte integrante e attiva del rispetto di una misura imposta al suo aggressore.