Il declino del doppio nel tennis
Qualcuno dice che andrebbe abolito, altri che non viene abbastanza valorizzato, e ormai da tempo i più forti si concentrano solo sul singolare

Qualche giorno fa il tennista statunitense Reilly Opelka ha scritto, in una discussione su Instagram, che gli organizzatori dei tornei dovrebbero abolire il doppio, cioè le partite di tennis in cui si gioca 2 contro 2. Opelka lo ha definito una cosa «per giocatori di singolare che hanno fallito» e ha detto che i doppisti «non fanno vendere i biglietti, non portano profitti e si lamentano di non guadagnare soldi». La perdita di importanza del doppio, evidenziata dalle scelte del pubblico, degli sponsor e soprattutto degli stessi tennisti e tenniste, è una cosa di cui nel tennis si discute ciclicamente da anni, e della quale si è tornato a parlare un paio di settimane fa, quando gli organizzatori degli US Open hanno deciso di cambiare il formato del torneo di doppio misto, quello giocato cioè da coppie formate da un uomo e una donna.
Dalla prossima edizione degli US Open, uno dei quattro prestigiosi tornei del Grande Slam, il doppio misto si giocherà in appena due giorni tra il 19 e il 20 agosto, quindi prima dell’inizio del torneo vero e proprio; vi parteciperanno solo 16 coppie, invece che 32 com’era finora, otto delle quali saranno scelte sulla base di “wild card”, un tipo di invito deciso dagli organizzatori senza tenere conto delle classifiche e dei risultati. Le altre otto parteciperanno invece in base alla loro posizione nelle classifiche del singolare e non nel doppio, come avviene di solito (le classifiche mondiali del singolare e del doppio sono separate, e ogni tennista concorre a entrambe).
I due campioni in carica degli US Open, gli italiani Sara Errani e Andrea Vavassori, hanno detto che questo nuovo formato è «una pseudo-esibizione focalizzata solo su intrattenimento e show» e «una profonda ingiustizia che manca di rispetto a un’intera categoria di giocatori». Per gli organizzatori e alcuni commentatori è invece un tentativo di convincere qualche singolarista rilevante a giocarlo e un numero maggiore di spettatori a guardarlo (i singolaristi e le singolariste sono i più seguiti dal pubblico).
Da tempo le partite di doppio sono in genere poco seguite sia dal pubblico televisivo sia sul campo (nonostante spesso il biglietto delle partite di singolare includa anche quello per vedere il doppio), anche a causa della minor copertura televisiva e in generale di un’organizzazione che le incastra spesso negli orari peggiori. Capita di vedere, anche in tornei grossi e seguitissimi come gli Slam, gli stadi mezzi vuoti durante le più importanti partite di doppio.

Sara Errani e Andrea Vavassori durante la finale del doppio misto agli scorsi US Open (EPA/JOHN G.MABANGLO)
Secondo uno specialista del doppio come Paolo Bertolucci, che negli anni Settanta vinse sei tornei in singolare e dodici in doppio (con Adriano Panatta) e che oggi commenta il tennis per Sky Sport, il doppio ha cominciato a perdere importanza «quando questo sport si è scisso in due: i singolaristi e i doppisti». Quando cioè, soprattutto dagli anni Ottanta in poi, i giocatori hanno cominciato a specializzarsi in una sola delle due discipline, mentre prima era abbastanza comune che tra le migliori coppie del doppio ci fossero alcuni dei migliori singolaristi al mondo (e viceversa).
Oggi è rarissimo che i tennisti più forti giochino con regolarità il doppio, e allo stesso tempo che i migliori doppisti ottengano buoni risultati in singolare (o che ci giochino proprio). I primi dieci tennisti del ranking maschile di doppio sono tutti oltre l’ottocentesimo posto del ranking singolare tranne Andrea Vavassori (numero 232 al mondo) e quasi tutti non hanno giocato nemmeno una partita individuale in questa stagione. Viceversa tra i primi dieci tennisti al mondo nel singolare il miglior ranking nel doppio è la 92esima posizione del tedesco Alexander Zverev; Jannik Sinner, numero 1 al mondo, è 346esimo. Ai vertici, e soprattutto a livello maschile, tennis singolare e tennis in doppio sono insomma quasi due sport paralleli.
Il calendario fitto di impegni e un gioco intenso ed esigente hanno reso complicato per i tennisti portare avanti insieme le due carriere; per i migliori di loro concentrarsi sul singolare è stato abbastanza naturale, perché col passare del tempo è diventato più prestigioso, più apprezzato e decisamente più redditizio. Agli US Open dello scorso settembre Jannik Sinner e Aryna Sabalenka, vincitori del singolare maschile e femminile, hanno guadagnato circa 3,5 milioni di euro ciascuno; con la vittoria nel doppio maschile e femminile si ottenevano circa 716mila euro a coppia, quindi 358mila euro a testa (praticamente un decimo del premio del singolare). Errani e Vavassori vincendo il doppio misto hanno guadagnato poco meno di 100mila euro ciascuno, la stessa cifra ottenuta da tutti i tennisti e le tenniste che sono stati eliminati al primo turno nel singolare.

Paolo Bertolucci e Adriano Panatta durante una partita di Coppa Davis (LaPresse/BUSTA 3131)
Il singolare comunque è da sempre la disciplina più seguita e importante, perché tra le cose che rendono il tennis uno sport di successo ci sono la dimensione intima e psicologica delle sfide uno contro uno, il racconto “epico” del tennista che deve trovare da solo il modo di vincere la partita, l’importanza della componente mentale. Il doppio non ha mai avuto questa solennità, è sempre stato inteso come una cosa più scanzonata, veloce e divertente, seppur competitiva.
Ciononostante, come detto, era piuttosto frequentato dai migliori tennisti al mondo, prima che iniziasse la scissione di cui parla Bertolucci. È stato probabilmente un processo a cascata: alcuni grandi campioni hanno smesso di giocare nel doppio per mancanza di tempo, di interesse o anche per una scarsa attitudine a dividere il campo con qualcuno; di conseguenza le storie e le rivalità dei tornei singolari sono diventate predominanti nell’attenzione del pubblico, degli sponsor e degli organizzatori.
Il doppio ha quindi perso rilevanza lungo la stagione, o l’ha avuta solo in determinati tornei (soprattutto quelli per nazionali come le Olimpiadi e la Coppa Davis, dove i doppi possono essere decisivi per far vincere una squadra), grazie alla presenza di alcuni atleti e atlete che hanno invertito la tendenza, o di circostanze a cui è stato attribuito un valore simbolico: un esempio sono le sorelle Serena e Venus Williams, che oltre a dominare per vent’anni i tornei di singolare hanno vinto assieme quattordici tornei del Grande Slam in doppio; oppure in circostanze particolari e contingenti, come quando gli australiani Nick Kyrgios e Thanasi Kokkinakis, molto apprezzati dai tifosi, vinsero gli Australian Open davanti al loro pubblico.
Ci sono probabilmente anche motivi tecnici che hanno reso il doppio via via meno utile e allenante per migliorare il proprio gioco in singolare, perché il tennis di oggi si basa molto di più su colpi potenti da fondo campo. Il gioco a rete, determinante nel doppio, non è più così rilevante nelle partite uno contro uno; la maggior parte dei tennisti cresce giocando molto di più in singolare che in doppio, e perciò dedicare allenamenti e tempo al doppio ha meno senso rispetto al passato. Non è un caso che lo svedese Björn Borg, tra i migliori tennisti di sempre e soprattutto uno dei primi a praticare un gioco da fondo campo moderno, sia stato anche uno dei primi a giocare con scarsa frequenza il doppio.

Serena e Venus Williams alla finale di Wimbledon del 2009 (Julian Finney/Getty Images)
In un lungo approfondimento del canale YouTube Courtside Tennis, vari doppisti ed esperti hanno fatto notare che un altro problema di chi organizza i tornei di doppio, e dei giocatori stessi, è l’assenza di una comunicazione in grado di creare narrazioni attraenti per il pubblico. Secondo le persone sentite da Courtside Tennis non vengono raccontati bene storie e personaggi, che pure ci sarebbero. Un anno fa il tennista indiano Rohan Bopanna ha vinto il suo primo Slam nel doppio maschile (gli Australian Open) a 43 anni, quattordici anni dopo aver giocato e perso la finale degli US Open in coppia con il tennista pakistano Aisam-ul-Haq Qureshi; è una cosa notevole considerata la storia conflittuale dei due paesi che rappresentavano. Proprio dopo quegli Australian Open il direttore del torneo Craig Tiley ammise che il mondo del tennis aveva «un po’ perso la via» sul doppio, dicendo che non c’erano abbastanza soldi e prestigio, e nemmeno una storia che consentisse al doppio di acquisire importanza.
Certo, la mancanza di atleti riconoscibili non aiuta; il video di Courtside Tennis cominciava proprio con una provocazione, chiedendo agli utenti di nominare i primi dieci tennisti del ranking del doppio, o anche solo i primi cinque: sono nomi sconosciuti ai più. Molti di loro sono tennisti che hanno cominciato a dedicarsi al doppio in età avanzata, quando la loro carriera da singolaristi cominciava a declinare; l’età media degli attuali dieci migliori doppisti è 34,3 anni e solo due di loro hanno meno di trent’anni.
Anche per questo ha cominciato a diffondersi una certa retorica secondo cui, come sostiene Opelka, i doppisti siano tennisti non abbastanza bravi per ottenere successi nel singolare. Commentando le parole di Opelka, Vavassori ha rovesciato questa narrazione: «Il doppio nel tennis è una specialità peculiare, un gioco di squadra in un contesto da sempre considerato molto individuale. È una disciplina che può portarti a competere per una medaglia olimpica, o magari a vincere la coppa Davis per il tuo paese, o a conquistare un torneo del Grande Slam», ha scritto.

Una partita agli scorsi Internazionali d’Italia tra Matthew Ebden e Rohan Bopanna da una parte, e Simone Bolelli e Andrea Vavassori dall’altra: c’era parecchia gente soprattutto perché giocavano due italiani. È in generale un eccellente periodo per il tennis italiano e anche per i suoi migliori doppisti e doppiste (Mike Hewitt/Getty Images)
È un po’ diversa la situazione del femminile, dove il fatto di giocare i tornei del Grande Slam al meglio dei 3 e non dei 5 set consente a più singolariste forti di dedicarsi a entrambe le discipline. Jasmine Paolini è sesta nel ranking del singolare e settima nel doppio; Barbora Krejcikova tra il 2021 e il 2024 ha vinto cinque titoli Slam in doppio e due nel singolare; Coco Gauff, numero 3 al mondo, lo scorso anno ha vinto il doppio femminile al Roland Garros, attirando parecchio seguito alle sue partite e dimostrando come effettivamente la presenza di atlete e atleti forti e conosciuti sia cruciale per ridare fascino e importanza al doppio.
«Le poche volte in cui Djokovic, o Federer, o Nadal hanno giocato il doppio, anche in semplici primi turni, c’era il tutto esaurito. Se oggi Sinner giocasse un doppio [lo ha fatto soprattutto a inizio carriera, poi solamente in Coppa Davis] anche con tre sconosciuti, non ci sarebbe stadio che tenga», ribadisce Bertolucci, secondo cui però «è difficile con i ritmi che ci sono adesso. Bisognerebbe quintuplicare i premi del doppio, ma non è possibile, non c’è uno sponsor. Gli spettatori che prendono il biglietto per guardare il doppio saranno l’un per cento».

Coco Gauff e Katerina Siniakova durante la scorsa finale del Roland Garros, vinta contro Jasmine Paolini e Sara Errani (Tim Goode/Getty Images)
Jamie Murray, fratello del più celebre Andy Murray, ha vinto 34 titoli in doppio maschile e 5 in doppio misto, dirige dallo scorso anno il torneo Queen’s Club Championships e ha molte idee su come provare a cambiare la percezione del doppio, ridandogli prestigio; ne ha parlato in una recente intervista al podcast di tennis Doubles Only. Tra le proposte ci sono cambi al regolamento, come accorciare i momenti tra uno scambio e l’altro e velocizzare le partite per rendere meno impegnativo assistervi (dal vivo o in televisione), ma anche modifiche ai calendari: secondo Murray si potrebbe anticipare la finale del doppio di alcuni giorni, giocandola per esempio di giovedì, in modo che chi si iscrive a entrambi i tabelloni non sia costretto a rimanere nel luogo del torneo solamente per giocare il doppio, una volta eliminato dal torneo singolare (spesso i tennisti appena vengono eliminati si spostano nel luogo del torneo successivo in calendario).
Nel podcast Murray discuteva anche della scarsa pubblicità che riceve il doppio, dicendo che poco prima dell’ATP di Dallas (ma è un caso applicabile a qualsiasi altro torneo) aveva scorso 96 post condivisi dall’account ufficiale del torneo prima di trovarne uno che parlava del doppio. A questo proposito Vavassori citava gli esempi di due sport come il padel e il pickleball:
«Anche se non possono minimamente competere col doppio in termini di prestigio e tradizione, stanno ricevendo notevoli attenzioni sia dagli sponsor che dalle televisioni; questo perché sono gestite in un certo modo e c’è un grande lavoro dietro per cercare di promuoverle e farle conoscere alla gente. Niente di tutto ciò sta succedendo col doppio, e questo è un gran peccato».
Secondo Murray c’è in generale una grossa discrepanza tra quanto la gente apprezza le partite di doppio, una volta che le vede, e quanto però fa fatica a imbattercisi, perché i media e i social media non ne parlano, le televisioni non le mostrano. Spesso i canali sportivi mandano repliche di partite di singolare mentre si stanno giocando partite di doppio che potrebbero essere trasmesse. Talvolta i commentatori del doppio non conoscono loro stessi granché bene i doppisti in campo, quando non sono tra i migliori al mondo.



