Cosa non torna nel presunto sabotaggio della pista da bob di Cortina
Non è chiaro come eventuali sabotatori siano entrati nel cantiere, siano riusciti a evitare le telecamere e a spostare un tubo da circa 500 chili

All’alba di venerdì 21 febbraio alcuni operai impegnati nella costruzione della pista da bob di Cortina d’Ampezzo in vista delle Olimpiadi invernali del 2026 hanno trovato un tubo del sistema di refrigerazione lungo 12 metri di traverso sulla strada principale del cantiere. Simico, la società che si occupa della costruzione degli impianti per le Olimpiadi, ha subito definito l’accaduto “un sabotaggio” organizzato per rallentare i lavori. Nel giro di poche ore molti politici, soprattutto leghisti, hanno sostenuto questa ipotesi: su tutti il leader del partito e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, che ha legato il presunto sabotaggio all’attività dei comitati e delle associazioni ambientaliste che negli ultimi tre anni si sono opposte alla costruzione della pista (non è l’unico sabotaggio denunciato da Salvini negli ultimi tempi).
Domenica la procura di Belluno ha aperto un’inchiesta – senza ipotesi di reato, né indagati – per capire cosa sia effettivamente successo. Le indagini sono attese anche dai comitati anche perché finora in merito al sabotaggio ci sono più dubbi che prove.
Il tubo ritrovato sulla strada è stato prodotto da un’azienda specializzata danese e fa parte del sistema refrigerante della pista da bob. Proprio in questa fase gli operai sono impegnati nella posa dei tubi accanto al tracciato, che viene ghiacciato con l’utilizzo del glicole propilenico, un prodotto chimico meno tossico rispetto all’ammoniaca utilizzata in passato.
Uno dei principali dubbi in merito all’ipotesi di sabotaggio è legato al peso del tubo, circa 500 chilogrammi. Non sarebbe stato possibile sollevarlo se non con l’intervento di molte persone. Finora Simico e la direzione del cantiere non hanno dato molte informazioni né sul posto dove era accatastato, né sul sistema con cui era agganciato agli altri.
Venerdì si è parlato dell’ipotesi che il tubo fosse stato sganciato e fatto rotolare lungo la strada, che tuttavia risulta stretta per un manufatto lungo 12 metri e così pesante. Da una prima ricognizione non sarebbero emerse tracce del passaggio di persone o mezzi nelle parti laterali del cantiere, anche se in poche ore le operazioni di recupero e il passaggio degli operai hanno compromesso la ricerca di eventuali impronte o segni di pneumatici.
I carabinieri impegnati nelle indagini hanno chiesto alla direzione dei lavori le immagini del sistema di videosorveglianza del cantiere, che però non riprende il preciso punto in cui erano accatastati i tubi. Tutta l’area è comunque recintata e chiusa per impedire l’accesso di estranei, e fin dall’inizio dei lavori sono state installate molte telecamere sul resto del tracciato per prevenire furti, sabotaggi o atti vandalici. L’intera zona è controllata e non ci sono molte vie di fuga. Non sono stati individuati nemmeno punti in cui la recinzione potrebbe essere stata danneggiata per permettere il passaggio di persone. Il momento in cui eventuali sabotatori avrebbero agito sarebbe inoltre molto circoscritto, quindi l’analisi dei filmati non dovrebbe richiedere molto tempo.

Il cantiere della pista da bob per le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026, a Cortina d’Ampezzo (ufficio stampa Regione Veneto/Ansa)
Tutte le informazioni raccolte finora non aiutano a escludere l’ipotesi di un incidente: il tubo potrebbe essere uscito dalla sua sede perché posizionato o agganciato non a dovere, oppure per via del ghiaccio, e per questo potrebbe essere finito in strada. O ancora potrebbe essersi sganciato da un mezzo in movimento. Sono molto meno probabili le altre due ipotesi fatte negli ultimi giorni, cioè che si sia trattato di un atto vandalico o di un segnale di protesta da parte di operai o di alcune aziende del cantiere.
Fabio Saldini, commissario del governo per le opere olimpiche e amministratore delegato di Simico, ha detto che non ci sono dubbi sull’atto doloso perché il tubo pesa 500 chilogrammi ed era «stabilmente agganciato e fissato all’interno del cantiere». Saldini ha definito l’accaduto un atto «irrispettoso» che mette in difficoltà chi lavora giorno e notte. Oggi, lunedì 24 febbraio, sul cantiere della pista è previsto un nuovo sopralluogo della delegazione del CIO, il comitato olimpico internazionale chiamato a verificare a che punto sono i lavori.
Giovedì è in programma una nuova prova di congelamento sui tratti finiti nelle ultime settimane. I lavori stanno andando avanti velocemente perché la pista deve essere pronta per il 14 marzo, data prevista per la consegna in vista delle prime prove di gara di bob, skeleton o slittino che si terranno dal 24 marzo. Saldini ha spiegato che il tubo trovato in strada e un altro danneggiato sono pezzi difficili da trovare, e che per ora ne sono stati utilizzati altri due. Quelli danneggiati saranno sostituiti oppure riparati, se i nuovi non potranno arrivare in tempo.
Il tempo è stato centrale in tutta la vicenda dei lavori per il rifacimento della pista da bob. Il cantiere è iniziato nel marzo del 2024 con la demolizione della vecchia pista intitolata a Eugenio Monti e l’abbattimento di centinaia di alberi del bosco di Ronco. L’opera è stata contestata proprio per via del notevole impatto ambientale e per il costo di 81,6 milioni di euro sostenuto in parte dalla Regione Veneto.
Il forte ritardo accumulato nella fase di progettazione ha costretto le imprese che si sono aggiudicate l’appalto a turni straordinari per portare avanti il cantiere. Proprio per questi iniziali ritardi il Comitato olimpico internazionale, che diverse volte aveva fatto sapere di essere contrario al rifacimento della pista di Cortina e di non essere convinto dei tempi, ha chiesto agli organizzatori di indicare un’alternativa. La Fondazione Milano-Cortina, che si sta occupando dell’organizzazione di Olimpiadi e Paralimpiadi, ha individuato la pista di Lake Placid (nello stato di New York, a più di 6mila chilometri dall’Italia): è una scelta anomala e che ha generato qualche perplessità.
Negli ultimi due giorni le associazioni civiche e ambientaliste impegnate nella campagna contro la pista da bob di Cortina hanno accusato il governo e Simico di alimentare le polemiche contro il dissenso. Roberta De Zanna, consigliera comunale di Cortina esponente del gruppo Cortina Bene Comune, contrario al progetto, ha detto che gli attacchi degli esponenti leghisti contro le associazioni ambientaliste sono l’ennesima strumentalizzazione fatta per polarizzare il confronto e gettare discredito su chi democraticamente esprime le proprie idee: «Voler esasperare a tutti i costi i toni parlando di “attacco all’Italia” e “intimidazione allo Stato” è molto più dannoso del fatto in sé, perché si vuole criminalizzare chi la pensa diversamente».



