Un modo più scientifico per fare l’uovo sodo
La "cottura periodica" è laboriosa, ma rende l'albume meno viscido e il tuorlo più cremoso, secondo un intraprendente gruppo di ricerca italiano

Dopo centinaia di esperimenti con altrettante uova, un gruppo di ricerca dell’Università di Napoli Federico II sostiene di avere trovato la ricetta ideale per preparare un uovo sodo con risultati paragonabili a quelli di un ristorante stellato. La procedura richiede un po’ più di pazienza rispetto al classico metodo per fare le uova sode, ma ha riscosso molto successo per lo meno sui giornali e siti d’informazione di mezzo mondo, che hanno segnalato lo studio e intervistato alcuni dei suoi autori.
L’idea era nata un po’ per scherzo, ma si era rapidamente concretizzata in qualcosa di più scientifico e rigoroso. Le uova possono del resto essere cotte in decine di modi diversi e, a seconda dei casi, assumono consistenze e sapori diversi, che storicamente hanno indotto molti cuochi a esplorare varie modalità di preparazione. Dalla cottura separata del tuorlo e dell’albume a quella a bassa temperatura, i piatti proposti con le uova come unico ingrediente possono superare gli 80 euro nei ristoranti più affermati e di alta cucina. Per questo il gruppo di ricerca di Napoli si era chiesto se non fosse possibile ottenere gli stessi risultati con una ricetta più semplice, che non prevedesse nemmeno di rompere l’uovo o di separare tuorlo e albume.
Emilia di Lorenzo, che sta facendo un dottorato al DICMAPI (Dipartimento di Ingegneria Chimica, dei Materiali e della Produzione Industriale), ha lavorato con altri ricercatori per creare simulazioni e modelli matematici per riprodurre ciò che succede all’interno dell’uovo quando viene immerso in acqua bollente. Il trasferimento del calore avviene dall’esterno verso l’interno dell’uovo, di conseguenza l’albume raggiunge più rapidamente la temperatura più alta e cuoce più a lungo rispetto al tuorlo, nella decina di minuti tipicamente necessaria per la cottura.
L’albume è formato per lo più da proteine e acqua e il suo mantenimento ad alta temperatura per così tanti minuti, rispetto al tuorlo, fa sì che le lunghe catene di molecole (polimeri) si deformino, portando a una certa perdita di consistenza e a quella sensazione un po’ viscida dell’albume che non piace a tutti. Una cottura eccessivamente prolungata porta invece il tuorlo a raggiungere una consistenza sabbiosa, anche in questo caso poco gradevole per alcuni. È per questo motivo che alcuni chef hanno iniziato a cuocere tuorlo e albume separatamente, mantenendo un maggior controllo sulle temperature nella fase di preparazione.
Dopo avere studiato i processi di fluidodinamica (cioè come si comportano tuorlo e albume nell’uovo al variare della temperatura e della pressione), le caratteristiche di densità e conducibilità del calore delle uova, e le trasformazioni delle proteine, il gruppo di ricerca è passato alla pratica con decine di esperimenti ai fornelli. L’obiettivo era trovare il procedimento ideale per far sì che l’albume non cuocia troppo e che il tuorlo rimanga cremoso, ma pressoché solido e non liquido come nell’uovo barzotto. Alla fine, da tutti questi esperimenti è nata la “cottura periodica” dell’uovo sodo.
La preparazione consiste nell’immergere un uovo in acqua bollente e nell’estrarlo dopo due minuti, immergendolo per due minuti in acqua a 30 °C. Questo procedimento deve essere ripetuto per otto volte, avendo cura di cambiare ogni volta l’acqua di raffreddamento, che entrando a contatto con l’uovo proveniente dal bagno bollente tende a scaldarsi superando poi i 30 °C.

Risultati dell’analisi sensoriale per uova cotte con diversi metodi di preparazione, rispetto a un uovo crudo (Communications Engineering)
Per eseguire tutto il procedimento è necessaria circa mezz’ora, quindi tre volte il tempo solitamente necessario per far rassodare un uovo. Il gruppo di ricerca dice che in questo modo si ottiene però un uovo sodo con una consistenza più gradevole, diversa da quella gelatinosa dell’albume e sabbiosa del tuorlo che si ottiene spesso. Le proteine si deformano in modo diverso, dando una struttura diversa all’uovo, che secondo lo studio è comunque sicuro da mangiare, perché si raggiungono temperature tali da eliminare i pericoli legati al consumo di uova crude o poco cotte, come la salmonella.
Ernesto Di Maio, direttore del Foam Lab sempre alla Federico II, consiglia inoltre di grattare lievemente la punta superiore dell’uovo con la lama di un coltello, senza bucare il guscio, in modo che l’aria presente tra la membrana e il guscio dell’uovo possa uscire più facilmente, evitando che l’uovo si rompa durante la bollitura. Quando l’uovo viene immerso nell’acqua a 30 °C deve essere mosso un po’ di volte, per evitare che il tuorlo si depositi da una parte, rendendo asimmetrico il risultato finale.