A Gaza ci sono migliaia di bombe inesplose
Bloccano i camion di aiuti umanitari e devono essere rimosse per poter iniziare qualsiasi processo di ricostruzione, ma farlo in modo sicuro è molto complicato

Nel territorio della Striscia di Gaza ci sono migliaia bombe inesplose: sono ordigni rimasti sul terreno, tra le macerie, estremamente pericolosi e difficili da disinnescare in modo sicuro. È un problema urgente, dato che la loro rimozione è un passaggio necessario per poter avviare qualsiasi piano di ricostruzione della Striscia, dove la maggior parte degli edifici e delle infrastrutture è stata distrutta dai bombardamenti e dagli attacchi israeliani. Inoltre la presenza di bombe inesplose sta impedendo ai convogli umanitari di raggiungere alcune zone della Striscia, rallentando così la distribuzione degli aiuti.
In 15 mesi di guerra l’esercito israeliano ha colpito la Striscia di Gaza con un’enorme quantità di ordigni esplosivi (dopo 13 mesi erano stati stimati in 85mila tonnellate) fra granate, proiettili d’artiglieria, munizioni anticarro e bombe di grandi dimensioni. Esperti militari dicono che circa il 10 per cento delle bombe non esplode immediatamente, e per alcune categorie la percentuale sale al 15 per cento.
Simon Elmont, esperto di esplosivi per l’organizzazione non profit Humanity & Inclusion, ha detto al Washington Post che potrebbero volerci «25 o 30 anni per completare la rimozione di tutte le bombe». Altri esperti hanno paragonato la situazione attuale a quella delle città europee più colpite dai bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale: allora ci vollero anni, e in alcuni casi decenni, per completare la rimozione.

Jabalia, Striscia di Gaza, 5 febbraio 2025 (AP Photo/Abdel Kareem Hana)
Luke Irving, capo del programma di Azione antimine delle Nazioni Unite (UNMAS), ha detto che almeno 92 persone sono state uccise in incidenti legati a ordigni inesplosi dall’ottobre del 2023, quando è iniziata la guerra. Ventiquattro persone sono state uccise in questo modo da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco tra Israele e Hamas, lo scorso 19 gennaio,
Al momento sta lavorando alla rimozione delle bombe solo un gruppo molto ristretto di esperti legati all’ONU e ad altre organizzazioni non governative. Il loro lavoro è reso ulteriormente complicato dalle restrizioni imposte dall’esercito israeliano sui materiali che possono entrare nella Striscia: il metodo più immediato per disinnescare gli ordigni è usare dell’esplosivo per farli detonare in modo sicuro, ma Israele impedisce alle organizzazioni umanitarie di portare esplosivi dentro Gaza.
Gli operatori internazionali dicono poi che alcune di queste bombe inesplose trovate e segnalate vengono rimosse da altri, e loro spesso non sanno chi abbia provveduto. Vari media hanno raccontato come in passato i miliziani di Hamas fossero soliti recuperare proprio dalle bombe israeliane inesplose parte degli esplosivi che poi collocavano nei razzi.

I convogli di aiuti nella Striscia di Gaza (AP Photo/Jehad Alshrafi)
Al momento UNMAS non ha i mezzi finanziari e operativi necessari per completare un’operazione di bonifica tanto estesa e complessa. Donald Trump, nell’esporre il suo problematico e contestato piano di gestione statunitense della Striscia, ha detto che il suo governo si occuperà anche di «eliminare le bombe inesplose», senza dare molti dettagli.
Per bonificare Gaza servirà un’operazione simile (ma di dimensioni maggiori) a quella in corso a Mosul, in Iraq, dove tra 2016 e 2017 si combatté una battaglia particolarmente cruenta e distruttiva fra lo Stato Islamico e l’esercito iracheno, durata nove mesi. A Mosul sono state impiegate alcune nuove tecnologie che hanno parzialmente semplificato il compito: la creazione di immagini 3D delle aree da bonificare e l’impiego di droni che utilizzano strumenti ottici e rilevazioni termiche per trovare le bombe.