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  • Martedì 21 gennaio 2025

Su cosa saranno i cinque referendum per cui si voterà in primavera

La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile quello sull'autonomia differenziata, ma ne ha approvati altri sulla cittadinanza e sul lavoro

La Corte costituzionale (ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
La Corte costituzionale (ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
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Lunedì la Corte costituzionale ha dichiarato ammissibili i quesiti di cinque referendum su sei proposti: quello sull’autonomia differenziata, il più discusso, non si farà. Dei cinque che si faranno, invece, uno chiede di modificare le norme sulla cittadinanza e altri quattro sono a tema lavoro. Sono tutti referendum “abrogativi”, cioè con cui i cittadini possono chiedere di eliminare totalmente o in parte una norma. Perché siano validi serve che vada a votare più di metà degli aventi diritto.

Più nel dettaglio, il primo quesito ammesso ha l’obiettivo di ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza regolare necessari per poter avanzare la richiesta di cittadinanza; gli altri riguardano più o meno direttamente il Jobs Act, la legge sul lavoro introdotta nel 2015 dal governo di Matteo Renzi, e alcune norme approvate tra il 2008 e il 2021 sulla responsabilità solidale delle aziende committenti in caso di infortunio e malattia professionale dei lavoratori in appalto. Su questi referendum si potrà votare in primavera. La data precisa dev’essere ancora stabilita, ma sarà come stabilisce la legge una domenica tra il 15 aprile e il 15 giugno.

Il referendum sulla cittadinanza era stato proposto all’inizio di settembre dal deputato Riccardo Magi, del partito progressista +Europa, a cui poi si erano aggiunti diversi altri partiti e associazioni, e aveva raccolto centinaia di migliaia di firme in poco tempo grazie a una massiccia mobilitazione online. L’obiettivo del referendum è di ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza regolare necessari per poter chiedere la cittadinanza: una volta ottenuta, questa potrebbe essere trasmessa ai figli minorenni. La riforma riguarderebbe complessivamente 2,5 milioni di persone in Italia.

Gli altri quattro referendum approvati dalla Corte costituzionale erano stati proposti dalla CGIL e avevano avuto un numero consistente di adesioni (oltre quattro milioni di firme nel complesso, dunque ben oltre le 500mila necessarie a ciascun quesito per essere sottoposto alla Corte costituzionale). Tre quesiti sono relativi al Jobs Act, in parte già smontato dalla Corte costituzionale negli ultimi anni, cioè la riforma del lavoro che introdusse tra le altre cose il contratto a tutele crescenti per le persone assunte dopo il 2015 e modificò le norme che regolano i licenziamenti individuali e collettivi.

Il primo dei quattro quesiti sul lavoro punta ad abrogare le norme sui licenziamenti che consentono di non reintegrare un lavoratore licenziato in modo illegittimo se è stato assunto dopo il 2015. Il secondo chiede di eliminare il limite all’indennità per i lavoratori licenziati in modo ingiustificato nelle piccole aziende: l’obiettivo è aumentare le tutele per chi lavora in aziende con meno di 15 dipendenti, dove al momento in caso di licenziamento illegittimo si può ricevere un’indennità massima pari a sei mesi di stipendio. Con questa riforma l’indennizzo andrebbe stabilito da un giudice sulla base di una serie di criteri, tra cui l’età, carichi di famiglia, e capacità economica dell’azienda.

Il terzo punta a eliminare alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine: l’obiettivo è limitare il ricorso a questo tipo di contratti reintroducendo, tra le altre cose, l’obbligo di una “causale”, cioè quello per cui i datori di lavoro devono spiegare perché ricorrono a un tipo di contratto a termine (al momento la scelta dell’azienda è insindacabile anche in un eventuale giudizio). Infine, il quarto quesito riguarda l’esclusione della responsabilità solidale di committente, appaltante e subappaltante negli infortuni sul lavoro: con il referendum si vogliono cancellare le norme che impediscono in caso di infortunio sul lavoro negli appalti e nei subappalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante.

I referendum abrogativi proposti dalla CGIL sono stati sostenuti da PD, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra. Si sono detti contrari, oltre ai partiti della maggioranza di governo, anche Azione e, ovviamente, Italia Viva, il partito di Renzi.

– Leggi anche: Il referendum sull’autonomia differenziata non si farà