Il caso della ragazza vissuta nascosta per 17 anni

Se ne sa molto poco perché della sua esistenza quasi non ci sono tracce, ma è nata a Rovigo ed è stata trovata in un laboratorio tessile illegale

Un laboratorio tessile cinese, archivio (ANSA)
Un laboratorio tessile cinese, archivio (ANSA)
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Per diciassette anni una ragazza nata in Italia di origini cinesi ha vissuto nascosta insieme alla madre in laboratori tessili illegali tra il Veneto e la Lombardia. Oggi ha 18 anni, non è mai andata a scuola e non è mai stata visitata da un medico. Di lei non si era mai saputo nulla finché la polizia locale di un paese della provincia di Brescia l’ha trovata in uno scantinato adibito a sartoria nella primavera del 2024.

La sua storia è stata raccontata nel weekend dalla stampa locale. Non è molto però quello che si è riusciti a ricostruire finora, perché la ragazza non avrebbe praticamente avuto contatti al di fuori dei laboratori in cui lavorava e viveva con la madre fino a un anno fa. Per questa ragione i giornali italiani ne hanno generalmente parlato descrivendola come una “ragazza fantasma”.

L’unico dato certo che si ha è un certificato di nascita registrato a Rovigo, in Veneto. Secondo il Giornale di Brescia, che cita l’indagine aperta dalla procura, la ragazza avrebbe fatto parte di una famiglia composta da madre, padre e fratello. A un certo punto la famiglia si sarebbe divisa: lei e la madre hanno cominciato a spostarsi da sole, il padre e il fratello sono andati altrove. Per Repubblica, il padre se ne sarebbe andato poco dopo la nascita della bambina.

L’indagine della procura di Brescia era stata aperta per ricostruire chi fossero gli operai trovati nel laboratorio illegale durante l’operazione di polizia in cui era stata trovata anche la ragazza.

Si sa che da Rovigo madre e figlia si sono spostate a Padova e poi nella provincia di Brescia. In tutti questi anni hanno vissuto nei garage e negli scantinati dove la madre lavorava insieme ad altre donne e uomini cinesi, cucendo e riparando calze all’interno di laboratori illegali gestiti da connazionali. Secondo le indagini, per come le riportano i giornali, la ragazza non ha mai frequentato la scuola, non è mai stata visitata da un medico e non parla italiano.

La polizia locale di un comune dell’hinterland bresciano l’ha trovata la scorsa primavera durante un’operazione insieme alla guardia di finanza che riguardava un laboratorio tessile allestito in uno scantinato. Lì la polizia ha trovato sia brandine che tavoli da lavoro: le persone dormivano, mangiavano e lavoravano nello stesso spazio. I laboratori tessili di questo tipo, dove lavoratori e lavoratrici di origini cinesi vengono sfruttati da propri connazionali e vivono in condizioni igienico-sanitarie precarie, non sono casi rari: le situazioni più note sono a Prato, in Toscana, dove c’è il distretto tessile più grande d’Europa e dove lavorano molte ditte gestite da imprenditori cinesi che da anni sfruttano in modo sistematico la manodopera. Proprio a Prato a ottobre era stato indetto uno sciopero a oltranza in cinque ditte cinesi per protestare contro lo sfruttamento dei lavoratori.

I giornali hanno saputo di questo caso soltanto nei giorni scorsi perché non era stata aperta un’inchiesta sulla storia della ragazza, trovata pochi giorni prima che compisse 18 anni. Solitamente i cronisti vengono infatti a sapere di molti casi leggendo le carte delle indagini, che ottengono da loro fonti. In questo caso, non c’erano. Non è ancora chiaro come sia emersa la notizia, che è stata data per primo dal quotidiano Bresciaoggi, comunque molti mesi dopo l’operazione nell’hinterland bresciano.

La questura di Brescia sta valutando se dare alla ragazza il permesso di soggiorno, scrive Repubblica. Sempre secondo il quotidiano, la ragazza è seguita da un avvocato e vorrebbe ottenere un titolo di studio, o comunque una qualifica, per poter lavorare in modo regolare in Italia.