Il nazionalista e filoputiniano Calin Georgescu ha vinto il primo turno delle presidenziali in Romania
Ha battuto a sorpresa il candidato strafavorito, di estrema destra: andrà al ballottaggio contro la candidata liberale Elena Lasconi
Al primo turno delle elezioni presidenziali in Romania il candidato più votato è stato il nazionalista e filoputiniano Calin Georgescu, che ha ottenuto il 22,3 per cento. Andrà al ballottaggio contro Elena Lasconi, del partito liberale di centrodestra Unione Salva Romania (USR), che ha preso il 19,2 per cento. È un risultato sorprendente sotto diversi punti di vista: secondo i sondaggi il candidato favorito era infatti George Simion, leader del partito di estrema destra Alleanza per l’unità dei romeni (AUR), ma il suo risultato è stato estremamente deludente: ha ottenuto solo il 13,9 per cento delle preferenze.
Anche il risultato di Lasconi è una sorpresa, perché i sondaggi prevedevano che il secondo più votato sarebbe stato Marcel Ciolacu, attuale primo ministro e leader del Partito socialdemocratico (PSD), di centrosinistra. Ciolacu alla fine è arrivato terzo, con il 19,15 per cento dei voti, circa 2mila voti in meno di Lasconi. Peraltro per molte ore durante lo scrutinio Ciolacu era in vantaggio su Lasconi, e solo con lo spoglio delle ultime sezioni è stato superato.
Georgescu è un ingegnere e professore universitario, estremamente religioso e nazionalista: ha attirato grosse critiche per suoi commenti a sostegno del movimento fascista romeno della prima parte del Novecento. È noto per le sue posizioni di sostegno alla Russia e al presidente russo Vladimir Putin, e ritiene che l’Unione Europea e la NATO non rappresentino adeguatamente gli interessi della Romania e che la guerra in Ucraina sia condizionata dalle aziende militari statunitensi. La sua campagna è stata incentrata sulla necessità di ridurre la dipendenza della Romania dalle importazioni, di sostenere gli agricoltori e di aumentare la produzione interna di cibo ed energia.
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Quello di domenica era il primo di tre voti che avverranno nelle prossime settimane: il 1° dicembre ci saranno le elezioni parlamentari e per l’8 dicembre è previsto il ballottaggio delle presidenziali.
La Romania è una repubblica semipresidenziale, in cui vivono circa 19 milioni di persone: il presidente ha un ruolo attivo in politica, nomina il primo ministro e rappresenta il paese all’estero, un po’ come accade in Francia. Negli ultimi dieci anni questa carica è stata ricoperta da Klaus Iohannis del Partito Nazionale Liberale (PNL), un partito di centrodestra membro del Partito Popolare Europeo (PPE), il principale partito di centrodestra europeo, e favorevole al sostegno dell’Ucraina, paese con cui la Romania confina. Al governo c’è ora una coalizione fra il partito di Iohannis e il Partito socialdemocratico di Ciolacu, che si era creata alla fine del 2021 dopo una crisi politica.
Nonostante la sua storia di scandali di corruzione, la Romania è stata finora considerata un paese piuttosto affidabile in Europa, a differenza delle vicine Slovacchia e Ungheria, anche loro membri dell’Unione Europea e della NATO e governate da leader di estrema destra e con tendenze autoritarie, specialmente nel caso del primo ministro ungherese Viktor Orbán. Una vittoria di Georgescu avvicinerebbe probabilmente il paese al blocco dell’estrema destra europea, rafforzandolo ulteriormente.