Questa emoji è diventata il simbolo dell’intelligenza artificiale
È quella che con tre stelle gialle rappresenta un luccichio, usata da gran parte delle aziende per i loro strumenti che sfruttano questa tecnologia
Negli ultimi mesi diverse aziende tecnologiche hanno cominciato a usare lo stesso simbolo per presentare i loro prodotti di intelligenze artificiali: un’emoji gialla che rappresenta il luccichio (✨), scelta da Google, Spotify, Slack, ma anche Notion, OpenAI e Zoom per suggerire un senso di novità e meraviglia legato a questi strumenti.
Un’icona riconducibile a questa emoji, ad esempio, accompagna tutte le risposte generate da Gemini, il chatbot di Google, ma è anche il simbolo di “AI Companion”, il servizio di Zoom che genera riassunti automatici delle riunioni, e contrassegna le canzoni scelte dalle AI di Spotify sulla base degli ascolti degli utenti.
A risultare sorprendente non è stata tanto la velocità della sua diffusione nel settore delle AI, quanto la spontaneità con cui aziende diverse hanno adottato la stessa emoji: «è il migliore esempio di un’industria intera che in sostanza dice: “Ok, questo simbolo è la nostra rappresentazione di questo tipo di funzione”» ha detto Keith Broni, direttore di Emojipedia, un sito dedicato alle emoji.
Non è semplice risalire al primo caso in cui l’emoji del luccichio è stata utilizzata per indicare un software di AI, ma secondo il designer Rishi Shah gli indizi portano a una serie di prodotti di Google usciti nel 2020, ovvero prima dell’inizio della grande eccitazione collettiva per le AI generative: in particolare un aggiornamento del servizio Google Photos utilizzò l’emoji ✨ per indicare gli strumenti per «arricchire» e modificare le immagini. Già nel 2016, delle icone che richiamano il luccichio furono usate per presentare la sezione “Esplora” di Google Docs.
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Sin da subito, quindi, l’emoji fu usata per suggerire la novità e la potenza di questi strumenti, presentati come funzioni con possibilità quasi magiche per l’utente. E andando ancora più indietro nel tempo, la storia del simbolo arriva fino al 1990, anno di lancio di Adobe Photoshop, fondamentale software per la modifica delle immagini. Fin dalla sua prima versione, Photoshop conteneva infatti lo strumento “bacchetta magica”, in grado di selezionare e scontornare elementi di un’immagine: l’icona della funzione era proprio una rudimentale bacchetta magica con un luccichio simile a ✨.
Nel 1999 l’immagine fu una delle prime 176 emoji progettate dal designer giapponese Shigetaka Kurita, e da allora il suo utilizzo si è diffuso online con significati diversi. Negli ultimi anni l’emoji ✨ è stata usata per trasmettere un senso di magico incanto, anche in modo ironico: a partire dal 2020, infatti, soprattutto sui social network come TikTok e Twitter, l’emoji è stata scelta per indicare una sorta di ansia e disperazione nei propri post. L’emoji, in sostanza, è usata anche per suggerire che qualcosa che sta succedendo alla propria vita non è per niente scintillante, ma più il contrario, come spiegato in un video dello youtuber David Imel.
Grazie a questo successo virale, verso la fine del 2021 l’emoji ✨ divenne la terza più usata al mondo su Twitter, rubando il posto all’emoji del cuore rosso (❤️) e subito dopo 😭 e 😂. Anche in questo caso, la diffusione avvenne circa un anno prima del lancio di ChatGPT, che innescò il grande interesse per le AI generative. Quando le aziende tecnologiche dovettero trovare un simbolo per i loro chatbot e altri servizi, quindi, l’emoji del luccichio era già nota e diffusa, anche se non aveva alcun legame con la tecnologia o le intelligenze artificiali.
Secondo una ricostruzione del Wall Street Journal, ad associare il luccichio al campo delle AI fu la startup Jasper, all’inizio del 2021, che la usò per «indicare che le AI sembrano magiche», come spiegato dalla designer dell’azienda, Stephanie Mencarelli. Nel giro di due anni l’icona fu adottata anche da Microsoft e Samsung, tanto da rendere necessarie alcune modifiche e personalizzazioni: Google Gemini optò per una stella a quattro punte mentre altre aziende adottarono una coppia di stelline con dimensioni diverse.
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Se l’emoji è diventata di fatto il simbolo del settore non è stato solo per moda. Il settore tecnologico e digitale è solito invocare la magia per promuovere i suoi prodotti (come disse Steve Jobs introducendo iPhone, «It works like magic»). Le AI in particolare hanno ispirato paragoni piuttosto estremi: nel 2018, ad esempio, il CEO di Google Sundar Pichai le definì «la cosa più importante su cui l’umanità abbia mai lavorato» e «qualcosa di più profondo dell’elettricità o del fuoco», mentre nel 2023 il CEO di Microsoft Satya Nadella disse che erano «importanti quanto l’invenzione del web».
Tali promesse hanno contribuito ad aumentare le aspettative nei confronti delle AI, generando quella che secondo alcuni esperti è una bolla speculativa destinata a scoppiare. Una delle critiche legate all’utilizzo di un’estetica “magica” riguarda anche la coda lunga e “sporca” delle AI, che spesso funzionano grazie al lavoro di persone sottopagate nei paesi in via di sviluppo e allo sfruttamento di contenuti protetti da diritto d’autore, che rendono il loro funzionamento molto meno misterioso e magico di quanto raccontato dalle aziende del settore.