I vincitori del festival di Cannes

“Anora” del regista statunitense Sean Baker ha vinto la Palma d'oro

George Lucas (a sinistra) e il regista statunitense Sean Baker (a destra), che ha vinto la Palma d'oro vinta al festival di Cannes per Anora (Andreea Alexandru/Invision/AP)
George Lucas (a sinistra) e il regista statunitense Sean Baker (a destra), che ha vinto la Palma d'oro vinta al festival di Cannes per Anora (Andreea Alexandru/Invision/AP)
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Anora, film del regista statunitense Sean Baker, ha vinto la Palma d’oro al festival di Cannes. È una commedia e racconta la storia di Anora (Mikey Madison), una sex worker che lavora in un locale di New York, e della sua relazione con Ivan (Mark Eydelshteyn), un ventenne russo che proviene da una famiglia di ricchi oligarchi che ostacola in ogni modo il loro rapporto.

Il premio della giuria è andato a Emilia Perez, film del regista francese Jacques Audiard. È un musical che parla di un’avvocata di Città del Messico assoldata dal leader di una gang di narcotrafficanti che vuole essere aiutato a lasciare il Messico per potersi sottoporre a un’operazione di riassegnazione chirurgica del sesso.

Le attrici che hanno recitato in Emilia Perez, Selena Gomez, Zoe Saldaña, Karla Sofía Gascón e Adriana Paz, hanno vinto a pari merito il premio per la miglior interpretazione femminile, mentre il premio per il miglior attore è andato a Jesse Plemons per il suo ruolo in Kinds of Kindness, l’ultimo film del regista greco Yorgos Lanthimos. Il Grand Prix della giuria è andato invece a All We Imagine as Light, il secondo film della regista indiana 38enne Payal Kapadia sui problemi delle relazioni di due infermiere di Mumbai.

Il seme del fico sacro, film del regista iraniano Mohammad Rasoulof, ha vinto il premio speciale della giuria. È un film drammatico che racconta la vita di un giudice in una Teheran scossa da disordini politici. Il seme del fico sacro era un film molto atteso, anche perché nelle scorse settimane Rasoulof era stato costretto a fuggire dall’Iran, dove era stato condannato alla fustigazione, alla confisca dei beni e a cinque anni di carcere con l’accusa di aver fatto parte di un complotto contro la sicurezza nazionale attraverso i suoi film e i suoi documentari.

La regista e sceneggiatrice francese Coralie Fargeat ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura per The Substance, con Demi Moore e Margaret Qualley. È uno di quei film che si possono definire body horror, un sottogenere dell’horror che si incentra su aberrazioni varie del corpo umano, spesso ripugnanti o volutamente estreme, impiegate con intento allegorico. Racconta la storia di un’attrice con una carriera in declino, interpretata da Moore, che accetta di sottoporsi a una terapia che le promette di ottenere «una versione più giovane, più bella, più perfetta di sé»: dalla sua schiena, chiusa con un’enorme cicatrice, esce così questo suo nuovo doppio, il personaggio di Qualley, con cui si trova a coesistere.

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A vincere il premio per la miglior regia (Prix de la Mise en scène) è stato il portoghese Miguel Gomez per Grand Tour, che racconta la storia di Edward (Gonçalo Waddington), un funzionario dell’Impero britannico che nel giorno del suo matrimonio decide di scappare dalla sua promessa sposa Molly (Crista Alfaiate), che dopo il rifiuto va a cercarlo per tutta Europa.

Non hanno invece ricevuto premi Megalopolis, l’attesissimo film di fantascienza del regista statunitense Francis Ford Coppola, e Parthenope, il decimo film di Paolo Sorrentino. Ieri invece il regista italiano Roberto Minervini aveva vinto il premio per la miglior regia nella sezione “Un Certain Regard” per I dannati.

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La giuria del festival era presieduta dalla regista statunitense Greta Gerwig, ed era composta dalla fotografa turca Ebru Ceylan, dall’attrice americana Lily Gladstone, dall’attrice francese Eva Green, dalla regista libanese Nadine Labaki, dal regista spagnolo Juan Antonio Bayona, dall’attore italiano Pierfrancesco Favino, dal regista giapponese Kore-eda Hirokazu e dall’attore francese Omar Sy.