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  • Martedì 30 aprile 2024

La Premier League vuole che le sue squadre più ricche spendano di meno

Nel campionato di calcio più ricco al mondo 16 club su 20 hanno votato per iniziare a discutere l'introduzione di un tetto alla spesa per cartellini dei giocatori, stipendi e commissioni agli agenti

Virgil van Dijk fu acquistato dal Liverpool nel 2018 per 85 milioni di euro, mentre Erling Haaland nel 2022 venne pagato 70 milioni (più 30 di commissione agli agenti) dal Manchester City (AP Photo/Jon Super)
Virgil van Dijk fu acquistato dal Liverpool nel 2018 per 85 milioni di euro, mentre Erling Haaland nel 2022 venne pagato 70 milioni (più 30 di commissione agli agenti) dal Manchester City (AP Photo/Jon Super)
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Lunedì i club di Premier League, il principale campionato di calcio maschile inglese, hanno votato per aprire una discussione sull’introduzione di un tetto alle spese delle squadre. Il voto serviva, per il momento, solo a mostrare l’intenzione di parlarne: nelle prossime settimane si passerà a una fase più concreta, per arrivare a una decisione entro la fine della stagione. L’idea è quella di stabilire una cifra che le squadre non possono superare in una stagione per pagare gli stipendi dei giocatori, i loro cartellini (cioè il loro prezzo quando li acquistano da altre squadre), le discusse commissioni agli agenti dei giocatori (cioè la somma che gli viene data per aver mediato una trattativa) e altre spese.

La Premier League è il campionato di calcio più ricco del mondo. I suoi diritti televisivi valgono tantissimo, quasi 12 miliardi di euro per il triennio 2022-2025 per la vendita del diritto di trasmettere le partite nel Regno Unito e all’estero: per fare un paragone, le partite della Serie A italiana per il triennio 2021-2024 erano state vendute a poco meno di 3 miliardi e mezzo di euro. Le squadre inglesi spendono molti soldi per acquistare nuovi giocatori: 2,43 miliardi di euro nell’estate 2023, contro i 794 milioni della Serie A. Nonostante questo, nell’ultimo periodo nel campionato inglese più di una squadra ha avuto dei problemi per via di violazioni al regolamento finanziario: l’Everton e il Nottingham Forest sono state penalizzate, il Manchester City ha subito diverse accuse, per il momento senza subire penalizzazioni. Soprattutto, i club più piccoli e meno forti economicamente sono sempre più convinti che il divario tra loro e le squadre più ricche si stia allargando, diminuendo la competizione all’interno della Premier League: per questo stanno provando a muoversi per cambiare le cose.

La votazione di lunedì è importante perché è la prima in cui è stata riconosciuta formalmente l’esistenza di un problema, e soprattutto in cui si ipotizza una soluzione. Affinché la mozione passasse serviva la maggioranza dei due terzi delle squadre del campionato, quindi quattordici voti a favore: sono stati sedici, con tre contrari (il Manchester City, il Manchester United e l’Aston Villa) e un astenuto (il Chelsea). Adesso partirà una discussione sul tetto di spesa, che i media inglesi chiamano spending cap e non va confuso con il salary cap: quest’ultimo infatti è un tetto riferito solamente agli stipendi, mentre i club di Premier League stanno pensando di limitare le spese totali delle squadre.

Il limite di spesa di cui si discute entrerebbe in vigore dalla stagione 2025-2026. L’ipotesi circolata finora è di fissarlo a 4,5 volte la cifra che ha incassato dai diritti televisivi l’ultima classificata nel campionato precedente (ogni squadra guadagna cifre diverse dalla vendita dei diritti tv, sulla base dei risultati sportivi e del seguito). Lo scorso anno il Southampton, ultimo classificato, aveva preso dai diritti tv 120 milioni di euro: a partire da questa cifra il tetto di spesa sarebbe di circa 540 milioni di euro per ogni squadra. L’ipotesi di fissare il limite a 4,5 volte i guadagni dei diritti televisivi dell’ultima in classifica è un compromesso tra la richiesta delle squadre meno ricche, che proponevano di moltiplicare per 4 la cifra di partenza, e quella delle squadre più ricche, che invece chiedevano di moltiplicarla per 5 per avere più margine di manovra.

Mykhailo Mudryk e Christopher Nkunku, calciatori del Chelsea, squadra che negli ultimi due anni ha speso circa un miliardo di euro solo per acquistare i giocatori (AP Photo/Kirsty Wigglesworth)

Con parametri del genere alcune squadre sarebbero già fuori, o quasi, dai limiti: secondo le stime del sito specializzato The Athletic, nel 2022-2023 il Chelsea ha speso per stipendi, trasferimenti e commissioni una cifra vicina ai 630 milioni di euro, il Manchester City circa 586 milioni e il Manchester United circa 530 milioni. Non sembra un caso, quindi, che entrambe le squadre di Manchester si siano opposte a un eventuale limite di spesa e che il Chelsea si sia astenuto dalla votazione.

I club meno ricchi pensano che, introducendo un tetto alla spesa, il divario tra le squadre di Premier League si ridurrebbe, rendendo più incerto, equilibrato e avvincente il campionato. I club più ricchi, d’altro canto, ritengono che imporre un tetto alla spesa vada contro le regole della libera concorrenza e ribattono di poter spendere tanto perché generano tanti ricavi (squadre come Manchester City, Manchester United e Liverpool nell’ultima stagione hanno generato ricavi tra gli 826 e i 683 milioni di euro). Limitando le possibilità di spesa, inoltre, i principali club temono che la Premier League possa perdere il suo primato come campionato più ricco, e quindi più attraente, d’Europa, svalutando anche i diritti televisivi che oggi vengono venduti a cifre così alte.

Anche l’associazione che rappresenta i calciatori, la Professional Footballers’ Association, per il momento ha mostrato un certo scetticismo sull’eventuale nuova regola. La PFA ha detto che si opporrà a qualsiasi misura che imponga un limite agli stipendi dei calciatori: la discussione in corso, come detto, non riguarda l’imposizione di un limite ai soli stipendi, ma è evidente che se dovesse essere approvata comporterebbe per le squadre anche una riduzione della spesa per gli stipendi dei giocatori.

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