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  • Martedì 21 novembre 2023

Il calcio inglese inizia a fare i conti con le regole

Dopo i 10 punti tolti all’Everton per irregolarità finanziarie, altre squadre potrebbero ricevere sanzioni simili, a partire dal Manchester City

Erling Haaland in Chelsea-Manchester City (Ryan Pierse/Getty Images)
Erling Haaland in Chelsea-Manchester City (Ryan Pierse/Getty Images)
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Venerdì scorso la squadra di calcio dell’Everton è stata penalizzata di dieci punti nella classifica del campionato inglese, la Premier League, per averne violato il regolamento finanziario. Non era mai successo che nel campionato inglese — il più seguito e ricco al mondo — una squadra venisse penalizzata in questo modo a stagione iniziata: prima della sanzione l’Everton era quattordicesimo in classifica, ora è ultimo a pari merito con il Burnley.

La notizia sta facendo discutere molto perché coinvolge una squadra storica del campionato inglese, punita come mai era successo prima e ora a rischio retrocessione, che potrebbe essere la prima in 72 anni. Ma c’è di più, perché la Premier League sta indagando sui bilanci di altre squadre, compreso il Manchester City, campione d’Inghilterra da tre anni. Il City è sotto inchiesta dallo scorso febbraio con accuse molto più gravi e corpose di quelle rivolte all’Everton: si parla di «centinaia di violazioni» del regolamento finanziario.

L’Everton, che ha sede a Liverpool ed è di proprietà del miliardario di origini iraniane Farhad Moshiri, era stato rinviato a giudizio lo scorso marzo. Le regole finanziarie della Premier League concedono ai club una perdita massima di 105 milioni di sterline in un triennio, con tutta una serie di attenuanti e sconti fiscali previsti per investimenti su infrastrutture, settori giovanili, progetti comunitari e danni causati dagli effetti della pandemia da coronavirus. Secondo la Premier League, al netto di tutti questi sgravi l’Everton ha comunque accumulato perdite per 124,5 milioni di sterline, quindi oltre il consentito di circa 19 milioni.

La squadra di Liverpool aveva inizialmente negato ogni illecito, ma poi nell’udienza tenuta il mese scorso aveva ammesso lo sforamento, anche se di soli 9,7 milioni di sterline, chiedendo una sanzione attenuata per quattro motivi in particolare: l’impatto della pandemia sui bilanci, alcune incomprensioni sui metodi di finanziamento per la costruzione del suo nuovo stadio, la risoluzione inaspettata del contratto di un giocatore piuttosto costoso e infine la collaborazione offerta nel corso delle indagini.

La Premier League non ha però accettato la versione dell’Everton, che avrebbe cercato di rimediare soltanto negli ultimi mesi, dopo aver appurato la criticità della sua posizione, e lo ha punito con la sanzione massima. Il club presenterà ricorso e la vicenda potrebbe andare avanti per mesi, un po’ come successo in Italia con la Juventus. Nel caso dell’Everton, però, tutto questo potrebbe avere conseguenze negative su due cose in particolare, entrambe piuttosto importanti: le trattative per la cessione della società al gruppo statunitense 777 Partners (che in Italia possiede il Genoa) e il termine dei lavori del suo nuovo stadio nella zona portuale di Liverpool.

«Le altre squadre di Premier League sono rimaste sorprendentemente in silenzio perché sanno che potrebbe capitare anche a loro» ha detto lunedì David Ornstein, esperto di Premier League per il sito di approfondimento sportivo The Athletic. Due in particolare potrebbero essere preoccupate più delle altre in questi giorni: Manchester City e Chelsea.

La prima, di proprietà della famiglia reale degli Emirati Arabi Uniti, è indagata da quasi un anno con l’accusa di non aver fornito un resoconto veritiero e corretto della sua situazione finanziaria dei precedenti tre anni, di non aver incluso tutti i dettagli richiesti sulle remunerazioni di giocatori e tecnici, di non aver rispettato in più punti i regolamenti finanziari e di non aver cooperato con le indagini.

In precedenza il City era già stato indagato con accuse simili dalla UEFA, che nel 2020 lo escluse inizialmente dalle competizioni europee. L’esclusione fu ritirata in appello dal Tribunale Arbitrale dello Sport, che però non scagionò completamente il club: ritenne infatti che non ci fossero prove valide a sufficienza per accertare le violazioni contestate e punì la mancata collaborazione con una multa di 10 milioni di euro.

Il Chelsea invece non risulta ancora formalmente accusato di alcuna violazione, ma la sua stessa dirigenza, che dal 2022 è di proprietà statunitense, ha denunciato alla Premier League una serie di discrepanze riscontrate nei bilanci societari sotto la gestione del precedente proprietario, l’oligarca russo Roman Abramovich, che avrebbe utilizzato società offshore per effettuare pagamenti non dichiarati per conto del club. Anche in questo caso la UEFA è già intervenuta multando il Chelsea per 8,6 milioni di sterline.

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