La lavastoviglie, caricata bene

Da come disporre piatti e bicchieri nel modo migliore all'annosa questione dello sciacquo preventivo: una guida per chi non legge le istruzioni

Una scena del film Parasite di Bong Joon-ho (Barunson E&A)
Una scena del film Parasite di Bong Joon-ho (Barunson E&A)
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Nonostante sia stata inventata alla fine dell’Ottocento, in alcuni paesi come l’Italia c’è ancora una certa diffidenza nei confronti della lavastoviglie. Secondo i dati ISTAT, dispone di una lavastoviglie il 55 per cento circa delle famiglie italiane, una percentuale relativamente bassa se si considera che invece la lavatrice ha una diffusione del 98 per cento. Nel 1997 le famiglie con lavastoviglie in Italia erano il 29 per cento circa, quindi la sua diffusione è aumentata, ma molte persone continuano a lavare i piatti a mano per questioni pratiche, legate per esempio allo spazio disponibile in casa, per semplice preferenza e abitudine oppure per convinzioni personali – senza grandi fondamenti – sulla presunta minore efficacia del lavaggio automatico di piatti, pentole e bicchieri.

L’idea di lavare i piatti meccanicamente iniziò a circolare a metà del diciannovesimo secolo con alcuni primi esperimenti negli Stati Uniti, ma fu solamente nel 1886 che l’inventrice statunitense Josephine Cochrane inventò la lavastoviglie per come la intendiamo oggi, anche se all’epoca era uno strumento molto più rudimentale. Nei decenni successivi ci sarebbero state varie innovazioni e la più importante di tutte fu sicuramente l’elettrificazione dei sistemi di lavaggio, che rese le lavastoviglie più semplici da usare e soprattutto più efficienti dal punto di vista energetico.

Consumi
C’è infatti spesso la convinzione che una lavastoviglie consumi più energia rispetto al lavaggio a mano dei piatti, una conclusione cui arrivano molte persone per esempio constatando che non serve energia elettrica per lavare le stoviglie a mano. In realtà la maggior parte delle ricerche sul tema ha dimostrato che con la lavastoviglie si consuma meno energia, soprattutto perché si deve scaldare meno acqua rispetto a quanto avvenga con il lavaggio a mano.

Complici le richieste di ridurre i consumi degli elettrodomestici da parte dei governi e delle autorità di controllo, negli ultimi decenni le lavastoviglie sono diventate ancora più efficienti. Hanno sistemi per riscaldare l’acqua più velocemente e altre soluzioni per riutilizzarla nel corso di un singolo lavaggio, riducendone il consumo. Le stime variano a seconda degli studi, ma è stato calcolato che chi lava i piatti a mano arriva a consumare anche dieci volte la quantità d’acqua impiegata da una lavastoviglie, a parità di piatti, pentole e altri utensili lavati. Se per buona parte del lavaggio a mano si utilizza l’acqua calda c’è inoltre un marcato aumento del consumo di energia rispetto a quello di una lavastoviglie, che non utilizza nuova acqua tutto il tempo.

La forza dell’acqua
Per lavare a mano i piatti di solito si utilizzano acqua, detersivo e una spugnetta. È lo strofinamento di quest’ultima che contribuisce più di altro alla rimozione dei residui di cibo dalle superfici, combinato con l’effetto del detergente e dell’acqua, soprattutto se calda. In una lavastoviglie non avviene una vera e propria attività di sfregamento, semplicemente perché non c’è una spugnetta che si sposta tra piatti e pentole. La maggior parte del lavoro di pulizia viene effettuata da getti di acqua, con una temperatura tra i 50 e gli 80 °C a seconda dei casi, che colpendo ripetutamente le superfici fanno sciogliere e staccare la sporcizia. È stato calcolato che pressione e temperatura dell’acqua sono i fattori principali per la pulizia, ma il detergente è comunque importante soprattutto per fare in modo che l’acqua mantenga un certo effetto pulente durante il suo riutilizzo nel singolo ciclo di lavaggio, evitando quindi che la sporcizia si depositi nuovamente sulle stoviglie.

Cicli e bracci
Il principio di base che fa funzionare una lavastoviglie è relativamente semplice e può essere utile conoscerlo per ottenere risultati migliori. Quando la si accende, l’acqua proveniente dal tubo cui è collegata fluisce nel fondo della vasca e viene poi aspirata da una pompa collegata a un motore elettrico. Attraverso una serie di tubi interni, l’acqua viene fatta fluire all’interno di bracci (o pale, mulinelli) con una serie di fori attraverso i quali viene spruzzata in varie direzioni. Alcuni di questi fori sono orientati in modo da sfruttare il getto dell’acqua per far ruotare i bracci, in modo che possano raggiungere tutte le zone della vasca durante la rotazione.

Le tre fasi principali del lavaggio sono risciacquo, lavaggio vero e proprio e asciugatura, ma alcuni modelli effettuano un pre-risciacquo, spesso utilizzando la stessa acqua dell’ultimo risciacquo del lavaggio precedente, sempre per ridurre i consumi di acqua. Nei modelli più datati di lavastoviglie l’acqua viene scaldata da una resistenza esposta e visibile sul fondo della lavastoviglie, talvolta impiegata anche nella parte finale di asciugatura per accelerare il processo. I modelli più recenti hanno la resistenza nascosta sotto al fondo della vasca oppure sistemi per scaldare l’acqua mentre fluisce nei tubi, mantenendo una maggiore efficienza energetica. Negli Stati Uniti, dove le cose funzionano un po’ diversamente con gli elettrodomestici, non è insolito che la lavastoviglie sia collegata a un tubo che porta direttamente acqua calda, senza la necessità di avere quindi un corpo riscaldante all’interno dell’apparecchio.

Un normale ciclo di lavaggio richiede in media un paio di ore per essere completato, ma con alcune funzioni “ECO” (sigla usata per “ecologico” o “economico” a seconda dei casi) si raggiungono le quattro ore. Molte persone diffidano spesso di questo ciclo proprio per la sua durata, pensando che in realtà consumi di più visto che mantiene attivo più a lungo l’apparecchio. In realtà i tempi più lunghi sono dovuti all’impiego di acqua a temperature relativamente più basse rispetto al solito, tali da richiedere una maggiore quantità di passaggi sulle stoviglie per pulirle.

Da diverso tempo molte lavastoviglie sono inoltre dotate di alcuni sensori per gestire automaticamente il lavaggio, basandosi sul carico e sulla quantità di sporcizia. Per stimare quanto sia piena, la lavastoviglie usa un sensore di temperatura: più tempo è necessario per raggiungere quella desiderata più la lavastoviglie è carica e richiederà quindi un ciclo più lungo o intenso. Altri sistemi usano sensori per valutare quanto sia sporca l’acqua durante il lavaggio, in modo da regolare di conseguenza i vari cicli.

Mentre un tempo l’asciugatura prevedeva l’impiego della resistenza sul fondo della vasca o di una ventola per dissipare il calore e l’umidità, nei modelli più recenti vengono utilizzati sistemi passivi a minore impatto energetico. La tecnica più diffusa prevede che dopo un certo periodo di tempo di asciugatura la porta della lavastoviglie si apra automaticamente di qualche centimetro, rendendo possibile in questo modo un lento rilascio del vapore acqueo e il raffreddamento: l’asciugatura avviene gradualmente e si riducono i rischi di avere aloni e residui di acqua e calcare sulle stoviglie.

Detersivi
I detersivi per la lavastoviglie sono diversi da quelli per il lavaggio dei piatti a mano e non sono quindi intercambiabili. Quelli da usare con la spugnetta hanno grandi quantità di tensioattivi (sostanze che riducono la tensione superficiale dei liquidi ed emulsionano lo sporco per rimuoverlo più facilmente) e producono molta schiuma, mentre quelli per la lavastoviglie non fanno schiuma e servono soprattutto per la bagnabilità (l’adesione di un liquido, in questo caso l’acqua, a una superficie solida), visto che la maggior parte dell’azione pulente deriva dai getti d’acqua.

Come racconta il chimico e divulgatore Dario Bressanini nel suo libro La scienza delle pulizie, i detersivi per la lavastoviglie utilizzano: enzimi e altre sostanze per togliere lo sporco e far sì che rimangano in sospensione nell’acqua di lavaggio; candeggianti di solito a base di cloro od ossigeno per far scolorire le macchie; sostanze anticalcare per evitare residui alla fine del lavaggio e altre sostanze ancora (silicati, ioni metallici) per proteggere le superfici vetrose.

Non tutti questi ingredienti sono sempre presenti nei detersivi, molto dipende dalle formulazioni e dal tipo stesso di detergente. Quelli in formato liquido sono più pratici da utilizzare rispetto a quelli in polvere, ma la presenza dell’acqua fa sì che abbiano una minore stabilità e che non possano contenere una gamma ampia di ingredienti come quelli in polvere. Le pastiglie di polvere compressa e le capsule monodose con polvere e gel sono sempre più diffuse, sia perché semplificano il caricamento del detersivo, sia perché permettono di non entrare direttamente in contatto con il detergente (hanno una pellicola che si scioglie nell’acqua).

Esiste ormai una grande varietà di capsule (o “pods”) e spesso un medesimo marchio produce più versioni con l’aggiunta di indicazioni come “plus”, “extra”, “super” o ancora “3 in 1”, “5 in 1” o altre cifre segnalate talvolta in modo creativo. In realtà se si leggono gli ingredienti delle varie versioni si scopre che sono gli stessi, magari con dosaggi lievemente diversi. Le capsule con “un-certo-numero in uno” svolgono effettivamente più funzioni e possono essere utili per chi non si ricorda di aggiungere il sale per addolcire l’acqua (cioè per ridurne la durezza e di conseguenza per avere minori incrostazioni di calcare) o il brillantante per ridurre le macchie di calcare sulle stoviglie (il brillantante riduce la tensione superficiale dell’acqua, in modo che si formino gocce piccolissime che evaporano più facilmente senza lasciare tracce).

Il detersivo viene rilasciato all’inizio del lavaggio attraverso uno sportellino collocato nella porta, che si apre automaticamente facendo cadere il detergente sul fondo della vasca, dove in pochi minuti si scioglie nell’acqua calda. Se si impiegano quantità eccessive di detersivo in polvere può accadere che al termine del lavaggio si trovi qualche residuo; lo stesso può accadere anche con le pastiglie di polvere compressa e più raramente con le capsule di polvere e gel. La mancata o parziale apertura dello sportellino è quasi sempre causata da uno scorretto caricamento della lavastoviglie.

Come si carica la lavastoviglie
L’umanità si divide tra chi legge i manuali delle istruzioni e chi non li tira fuori nemmeno dalla scatola. Nel caso della lavastoviglie nelle istruzioni si possono trovare molte informazioni sul modo migliore per riempirla secondo il produttore, anche perché le modalità di carico possono variare a seconda dei modelli così come anche le pratiche di manutenzione.

In linea generale può essere comunque utile aprire la porta della lavastoviglie quando è vuota e osservare come è fatta all’interno. Osservando perni e supporti dei cestelli si può notare che questi sono quasi sempre inclinati e non perfettamente verticali, in modo da favorire il passaggio dei getti d’acqua provenienti dal braccio (talvolta anche da altri ugelli collocati sulle pareti della vasca) e lo scolo dell’acqua dalle stoviglie a lavaggio finito.

La regola da ricordare, salvo diverse indicazioni del produttore, è che le stoviglie devono essere sempre caricate con la loro parte concava rivolta verso il basso e verso il centro del cestello.

Diagramma di un cestello superiore, a sinistra, e di uno inferiore, a destra (Whirlpool)

Cestello superiore
Nel cestello superiore si inseriscono: nelle parti laterali tazze, bicchieri ed eventuali piattini, come quelli delle tazzine per il caffè; nella parte centrale scodelle di dimensioni piccole e medie, contenitori per la conservazione del cibo e utensili ingombranti come spatole e mestoli.

I contenitori di plastica, se lavabili in lavastoviglie, devono essere collocati nel cestello superiore perché altrimenti sarebbero troppo vicini alla resistenza presente sul fondo della vasca e potrebbero fondersi. Lo stesso vale per i loro coperchi, che devono essere collocati in verticale tra i perni del cestello, in modo che non prendano il volo quando vengono raggiunti dai getti d’acqua provenienti dai bracci.

Cestello inferiore
Nel cestello inferiore si inseriscono i piatti, sempre con il lato sporco orientato verso il centro della lavastoviglie in modo che possano essere raggiunti più facilmente dai getti d’acqua. Le padelle vanno inserite verticalmente o comunque inclinate, mentre le pentole più ingombranti possono essere caricate con l’apertura verso il basso, cercando comunque di mantenerle un minimo inclinate così che i getti d’acqua possano raggiungere più facilmente il fondo dall’interno.

Le posate vanno inserite all’interno del cestino cercando di mantenerle un minimo distanziate: forchette e cucchiai rivolti verso l’alto, coltelli con la lama verso il basso (sia per questioni di sicurezza sia per migliore resa del lavaggio). Alcuni modelli hanno un cestello apposito, molto basso e collocato al di sopra di quello superiore, per disporre orizzontalmente le posate.

Qualche dritta
• Abbiamo visto che buona parte del lavoro di pulizia all’interno di una lavastoviglie deriva dai getti d’acqua, di conseguenza è importante chiedersi sempre se si stia caricando le stoviglie nel modo migliore per favorire il loro passaggio. Piatti troppo vicini tra loro potrebbero ostacolare la circolazione dell’acqua in alcuni punti, specialmente nel caso di quelli fondi o di altre stoviglie molto concave, così come più stoviglie accatastate tra loro. Alternare piatti più grandi a piatti più piccoli dello stesso tipo nel cestello inferiore può ridurre il problema, avendo comunque cura di mantenere divisi i piatti piani da quelli fondi (i primi potrebbero fare da coperchio ai secondi impedendo il passaggio dell’acqua).

• Una volta che i cestelli sono in posizione all’interno della vasca, prima di far partire la lavastoviglie è utile provare a far ruotare il braccio collocato sul fondo del cestello superiore, in modo da assicurarsi che riesca a girare liberamente. Qualcosa di troppo sporgente verso il basso nel cestello superiore, una pentola o un coperchio troppo alti in quello inferiore, potrebbero infatti bloccare la rotazione, rendendo meno efficiente il lavaggio.

• Durante il caricamento gli appassionati di Tetris di solito si impegnano molto per ottimizzare ogni spazio, in modo da farci stare più stoviglie da lavare in una sola volta. Cercare di avere la lavastoviglie sempre a pieno carico è importante per ridurre i consumi, ma è importante non eccedere proprio per evitare che alcune stoviglie non vengano poi lavate. Un piatto o una scodella di troppo possono tradursi in più piatti o scodelle non completamente pulite, che dovranno essere lavate in un nuovo ciclo con altri consumi.

• I pioli nei cestelli servono per inserire le stoviglie verticalmente ed evitare che sbattano tra loro durante il lavaggio, non per incastrarci qualcosa sopra.

• È importante verificare sempre le indicazioni del produttore delle stoviglie per assicurarsi che possano essere lavate in lavastoviglie. L’accorgimento non è solo utile per evitare di rovinare la propria spatola preferita o tazzina in ceramica decorata, ma anche per assicurarsi che nel lavaggio non si producano sostanze che potrebbero essere tossiche.

• I cestelli devono essere sempre bene allineati all’interno della vasca: se c’è qualcosa che li ostacola va rimosso e collocato in un’altra posizione, in modo da non forzare i cestelli stessi che potrebbero deformarsi o deformare le guarnizioni del portellone (le parti di gomma che impediscono all’acqua di uscire). È un accorgimento importante soprattutto perché in molti modelli la pala del cestello superiore funziona grazie a un tubo che si infila in un buco lungo la parete posteriore della vasca: se il cestello non è bene allineato, l’acqua non fluisce verso la pala con la giusta pressione e il lavaggio è meno efficace.

• Alcuni modelli di lavastoviglie hanno due maniglie a scatto ai lati del cestello superiore che possono essere utilizzate per alzarlo o abbassarlo, in modo da poter inserire stoviglie più alte nel cestello inferiore o in quello superiore a seconda dei casi: è un altro modo per evitare che i bracci siano bloccati da qualcosa durante il lavaggio.

Pulizia e igiene
Per quanto possa sembrare controintuitivo visto che è un apparecchio che lava le cose, anche la lavastoviglie deve essere pulita periodicamente. Ci sono infatti alcune zone della vasca che non vengono raggiunte facilmente dall’acqua, a cominciare dalle guarnizioni della porta e in particolare dello spazio tra il fondo della vasca e la parte inferiore della porta stessa. Su quest’area si può intervenire con un panno inumidito lasciando la porta semiaperta (quando è completamente aperta copre quella zona), facendo attenzione a non pizzicarsi le dita mentre lo si passa.

È inoltre importante pulire i filtri che si trovano sul fondo della vasca, di solito assicurati con un meccanismo a incastro. Le modalità di pulizia variano a seconda dei produttori, ma prevedono quasi tutte di estrarre e smontare i filtri una volta al mese, rimuovere eventuali residui solidi e di lavare il resto sotto acqua corrente aiutandosi con una spugnetta o uno spazzolino. Lavare il filtro è molto importante perché come abbiamo visto la lavastoviglie riutilizza l’acqua più volte, in modo da non sprecarla e consumare meno energia per mantenerla calda.

Le incrostazioni di calcare sui bracci sono di solito evidenti, mentre non sono visibili gli accumuli di residui di grasso e detersivo nelle tubazioni interne dell’apparecchio e nel tubo di scarico. Per pulire queste aree inaccessibili i produttori consigliano di utilizzare i cosiddetti “curalavastoviglie”, cioè prodotti detergenti pensati per sciogliere calcare e altri residui attraverso un lavaggio a vuoto ad alta temperatura. Da qualche tempo sono anche disponibili “curalavastoviglie” da aggiungere una volta al mese, o dopo un certo numero di lavaggi, sul fondo della vasca senza però dover effettuare un lavaggio a vuoto: si carica normalmente la lavastoviglie e si mette il detersivo, poi si fa tutto in una volta, risparmiando un lavaggio.

Alcune persone dicono di non usare la lavastoviglie perché ritengono che i piatti siano puliti meno a fondo rispetto al lavaggio a mano. In realtà già da tempo si sa che il lavaggio automatico dà risultati migliori in termini di igiene, sia perché si utilizzano temperature spesso più alte rispetto a quelle impiegate nel lavello della cucina, sia perché non si impiegano spugnette e strofinacci che se non adeguatamente puliti diventano un villaggio vacanze per batteri e funghi.

Scontro di civiltà
La pratica più divisiva tra chi utilizza regolarmente la lavastoviglie non riguarda comunque l’igiene, il tipo di detersivo, il produttore migliore o il consumo di energia, ma sciacquare piatti e altre stoviglie nel lavello prima di inserirli nell’apparecchio. Chi lo fa è convinto che in questo modo si ottengano risultati migliori, chi non lo fa assicura che si ottengono gli stessi risultati. I primi accusano i secondi di essere schiavi della loro stessa pigrizia, i secondi accusano i primi di essere spreconi e di consumare acqua inutilmente.

I test svolti dai produttori, che riportano poi le buone pratiche nei manuali, dicono che sciacquare le stoviglie prima è un’inutile perdita di tempo e di acqua, quindi da evitare. I residui solidi più grandi, come la buccia di un frutto o le ossa di pollo, devono essere naturalmente rimossi con una posata e gettati, mentre tutti gli altri residui come tracce di sugo o di unto possono essere lasciati dove sono, senza la necessità di fare risciacqui preventivi nel lavello.

Indicazioni nei manuali delle istruzioni dei principali produttori di lavastoviglie sul non effettuare uno sciacquo sotto acqua corrente

C’è una certa convinzione che sciacquare i piatti sia necessario soprattutto nel caso in cui la lavastoviglie non venga attivata subito, magari perché non è ancora a pieno carico. La preoccupazione di alcuni è che i residui secchino e che quindi non siano poi rimossi dal lavaggio che avverrà ore se non giorni dopo. In realtà i getti d’acqua calda e il detergente sono più che sufficienti per sciogliere anche i residui ormai secchi, se così non fosse come farebbe del resto la lavastoviglie a pulire una padella con qualche incrostazione anche quando questa viene immediatamente lavata nell’apparecchio? Non a caso, spesso chi sostiene che sia necessario sciacquare i piatti prima di metterli in lavastoviglie non ha mai provato a fare il contrario con più lavaggi, per avere un metro di confronto.

Da alcuni sondaggi e studi è emerso che la faccenda dello sciacquo preventivo deriva da fattori culturali, di abitudine e da qualche pregiudizio. In alcuni casi, come l’Italia, c’è inoltre una certa sovrapposizione tra una diffusione ancora bassa della lavastoviglie (relativamente agli altri elettrodomestici) e la presenza di varie credenze e convinzioni errate sul suo funzionamento. Gli eventuali scarsi risultati alla fine di un lavaggio sono ascrivibili al caricamento scorretto delle stoviglie, a una scarsa manutenzione dell’apparecchio o all’impiego di un detersivo inadeguato, non al mancato sciacquo nel lavello.

Dai tempi di Josephine Cochrane, la lavastoviglie nelle sue varie iterazioni è sempre stata pensata con lo stesso obiettivo: risparmiare tempo e fatica, emancipandoci almeno in parte da una delle attività di casa più tediose e ripetitive (negli anni, a quegli obiettivi si è aggiunto quello di consumare meno acqua e meno energia). Sciacquare prima i piatti tradirebbe lo spirito di quell’impegno, oltre alle indicazioni sui manuali delle istruzioni.