Il fondo per rimborsare le persone assolte nei processi viene ancora usato pochissimo

Dal 2021 il governo finanzia almeno in parte le spese legali di chi viene assolto, a certe condizioni, ma ogni anno avanzano un sacco di soldi

Una foto del tribunale di Brindisi
Il tribunale di Brindisi (AP Photo/Salvatore Laporta)
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Alla fine del 2020 fu istituito un fondo per rimborsare almeno parzialmente le spese legali sostenute dalle persone imputate e poi assolte, a certe condizioni e per certi tipi di assoluzione. Il secondo governo di Giuseppe Conte, quello sostenuto da Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, inserì la misura nella legge di bilancio, il provvedimento con cui si decide come spendere le finanze pubbliche per l’anno successivo.

Il fondo dava al ministero della Giustizia 8 milioni di euro, che fin da subito furono giudicati insufficienti perché si stimava che le persone che avrebbero potuto richiedere il rimborso fossero circa 125mila: con un fondo da 8 milioni, avrebbero ricevuto poco più di 60 euro ciascuna. Ma dopo due anni dall’attivazione del fondo, come ha fatto notare il quotidiano Il Dubbio, le domande che vengono presentate al ministero della Giustizia sono ancora pochissime, e non si è mai andati nemmeno vicini a usare tutti i soldi a disposizione. Nel frattempo il governo di Giorgia Meloni l’ha anche reso più consistente, da 8 a 15 milioni di euro.

I dati sulle richieste non sono stati resi pubblici, gli unici disponibili sono stati diffusi dal Dubbio, solitamente molto informato su questi temi. Per il 2021, il primo anno in cui è stato disponibile il fondo, erano state presentate 362 domande, ne erano state accolte 182 e degli 8 milioni di euro del fondo erano stati spesi solo poco più di 950mila euro. Per il 2022 le domande erano state 703, ne erano state accolte 505 ed erano stati distribuiti tra chi ne aveva diritto circa 2 milioni e 850mila euro: meno di un quinto dei 15 milioni di euro disponibili in totale dopo l’aumento dei fondi.

L’istituzione del fondo arrivò dopo anni di richieste insistenti soprattutto del Consiglio nazionale forense, l’organismo che rappresenta gli avvocati iscritti all’albo: gli avvocati hanno comprensibilmente un certo interesse a fare in modo che gli imputati possano affrontare con maggiori garanzie e tranquillità anche i processi più lunghi, perché le spese legali sono spesso molto onerose e chi non può sostenerle può decidere di rinunciare a proseguire nei ricorsi di un processo, per limitare i soldi spesi in avvocati.

A livello politico la misura fu molto promossa dal deputato Enrico Costa, responsabile Giustizia di Azione, secondo cui per favorire le domande servirebbe pubblicizzare meglio il fondo e favorire una modalità di accesso più semplice. Spesso le persone assolte vengono a sapere del fondo dai loro avvocati (com’è normale), che presentano la domanda per loro conto: «So che molti chiedono comunque una certa somma per occuparsi della domanda», dice Costa, «e questo andrebbe limitato».

Al fondo non può accedere chiunque sia stato assolto dopo un procedimento, ma solo chi è stato assolto in via definitiva dal giudice con una delle formule che vengono definite “ampiamente liberatorie”: cioè «perché il fatto non sussiste», «perché non ha commesso il fatto», o «perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato» (quest’ultima tranne nei casi in cui sia stata decisa dopo la depenalizzazione di un reato).

Ci sono poi diversi casi in cui non si può accedere al fondo anche se si ha una sentenza di assoluzione: tra le altre, se nello stesso processo si è stati assolti per un reato e condannati per altri capi d’imputazione, se l’imputato ha ottenuto un risarcimento delle spese legali da chi lo aveva denunciato o se è stato patrocinato dallo Stato (cioè se lo Stato ha pagato al posto suo). La domanda si presenta dal sito del ministero della Giustizia.

Ogni persona che chiede il rimborso può ricevere al massimo 10.500 euro, un limite che era stato pensato proprio per equilibrare la distribuzione dei finanziamenti, temendo che fossero pochi. Il decreto attuativo che a novembre del 2021 stabilì il funzionamento del fondo (rendendolo di fatto operativo solo da quel momento) fissò inoltre alcuni criteri di priorità delle persone assolte, nel caso in cui le domande presentate fossero state troppe per soddisfare tutti. Costa dice che visti i dati sulle domande queste limitazioni andrebbero un po’ ripensate e in parte cancellate, in modo da accogliere più richieste e usare di più i soldi previsti dal fondo.