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  • Mercoledì 3 aprile 2024

Come funzionano gli espropri per costruire il ponte sullo Stretto

Non sono già operativi e anzi mancano alcuni passaggi, ma le 450 persone che dovranno lasciare case e terreni tra Sicilia e Calabria hanno già detto che si opporranno

Una delle zone di Torre Faro, in Sicilia, più interessate dagli espropri necessari a costruire il ponte sullo Stretto
Una delle zone di Torre Faro, in Sicilia, più interessate dagli espropri necessari a costruire il ponte sullo Stretto (foto Il Post)
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La società Stretto di Messina che gestisce il progetto del ponte sullo Stretto ha pubblicato un avviso per avviare la fase degli espropri, una delle più delicate per via del notevole impatto sulla popolazione: tra la Sicilia e la Calabria ci sono circa 450 persone a cui sarà chiesto di lasciare la loro casa o i loro terreni per fare spazio al ponte e ai cantieri. Gli espropri non sono già iniziati, anzi per ora se ne sa poco, e per questo la Stretto di Messina ha dato ai proprietari 60 giorni a partire dall’8 aprile per studiare i documenti e presentare eventuali osservazioni. Tuttavia, passati questi due mesi, la procedura non sarà conclusa: prima degli abbattimenti sono previsti diversi passaggi.

I due piloni del ponte sullo Stretto verranno costruiti in due zone – Torre Faro in Sicilia e Villa San Giovanni in Calabria – dove da decenni abitano centinaia di persone. Sono anche i due punti più vicini tra l’isola e il continente: distano 3,3 chilometri, esattamente la lunghezza prevista per il ponte. Il primo avviso degli espropri, molto simile a quello diffuso martedì, fu pubblicato l’8 settembre del 2011. Era un plico di 1.089 pagine e anche allora furono dati 60 giorni per presentare osservazioni. Il progetto del ponte fu poi accantonato dal governo guidato da Mario Monti perché giudicato troppo costoso e degli espropri non si parlò più fino a un anno fa, quando il governo di Giorgia Meloni ha riproposto il vecchio progetto.

Un mese fa è stato pubblicato l’aggiornamento del progetto definitivo, insieme alla pubblicazione della relazione del comitato tecnico scientifico del ministero delle Infrastrutture, che ha approvato il progetto definitivo pur con 68 criticità. All’interno si trovano tutte le tavole e i dettagli delle aree da espropriare per costruire il ponte e le opere connesse, come gli svincoli ferroviari e la nuova metropolitana di Messina, oltre che per fare spazio ai cantieri.

– Leggi anche: I dubbi del comitato tecnico scientifico sul progetto del ponte sullo Stretto

A Torre Faro è previsto l’abbattimento di quasi 250 case, due ristoranti, un chiosco sulla spiaggia, un residence con piscina, una panetteria, una macelleria, un motel e il campeggio dello Stretto. Questi ultimi due sono abbandonati. È previsto anche l’abbattimento di due cappelle del cimitero di Granatari, sulla collina di fronte al mare, dove verranno ancorati i cavi di acciaio del ponte. Buona parte del paese sarà stravolta. Sono previsti espropri anche in molte altre aree più vicine alla città di Messina, soprattutto terreni, per costruire le opere collegate al ponte. A Villa San Giovanni, sulla sponda calabrese, le case che il progetto punta a espropriare saranno circa 150. In totale il ponte e i cantieri occuperanno un’area di 3,7 chilometri quadrati, 2,1 in Sicilia e 1,7 in Calabria.

Nelle tavole del progetto le aree da espropriare sono di diversi colori: il rosa indica la zona dove verrà costruito il ponte, in arancione le aree di cantiere, in marrone lo spazio occupato dalla ferrovia, in verde l’estensione della riqualificazione ambientale.

Allegato al progetto definitivo si trova anche l’elenco delle persone coinvolte, i dati catastali dell’area da espropriare, la destinazione d’uso, la quantità precisa di metri quadri coinvolta nel progetto. Alcune zone sono del tutto da espropriare, altre invece saranno destinate al cosiddetto asservimento: significa che i proprietari dovranno cederle per un certo periodo di tempo, per esempio per far passare i tir, oppure dovranno concedere la costruzione di servizi come impianti e reti fognarie.

Sia per l’esproprio che per l’asservimento è previsto un indennizzo che corrisponde al cosiddetto “valore venale”, a cui si aggiungerà un bonus sulla base di un accordo fatto tra la società Stretto di Messina e i comuni, che tuttavia non è stato ancora approvato. Il valore venale verrà stabilito incrociando alcune stime che terranno conto delle quotazioni di mercato dell’osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate. Sarà dato un indennizzo anche a chi abita in aree vicine al punto dove sarà costruito il ponte, per compensare la svalutazione delle loro proprietà causata dalla diminuzione della luminosità, dall’inquinamento acustico e dalle vibrazioni dovute al passaggio di auto e treni.

La bozza dell’accordo tra la società Stretto di Messina e i comuni circolata a gennaio prevede che oltre al valore venale venga dato un bonus di 20mila euro ai proprietari a agli affittuari che dimostreranno di vivere nella casa da espropriare da almeno un anno. In caso contrario riceveranno cinquemila euro. La legge prevede che tutti questi dettagli vengano messi a disposizione attraverso un “cassetto virtuale”, cioè una piattaforma online. Nonostante l’avviso pubblicato martedì, al momento di questa piattaforma non si sa nulla.

Alcune delle case da espropriare

Alcune delle case da espropriare (il Post)

Lo Stato può espropriare le proprietà private sulla base del principio della pubblica utilità, valido nel caso della costruzione di un ponte o comunque di un’opera pubblica. L’articolo 42 comma 3 della Costituzione infatti afferma che “la proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale”. Ma nel caso del ponte la dichiarazione di pubblica utilità che darà il via agli espropri non è stata ancora approvata. Prima serve un altro passaggio, cioè l’approvazione del progetto definitivo da parte del CIPESS, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile. Prima ancora della valutazione del CIPESS, il progetto dovrà essere esaminato nella conferenza dei servizi a cui partecipano tutti gli enti coinvolti.

I proprietari possono opporsi agli espropri con un ricorso al tribunale amministrativo regionale (TAR) per contestare la legittimità della decisione o delle procedure seguite dallo Stato. Se invece non sono soddisfatti degli indennizzi possono rivolgersi alla Corte d’Appello. In generale la possibilità di contestare un esproprio è piuttosto limitata, ma gli abitanti di Torre Faro già in passato presentarono molte diffide e ricorsi. Lo faranno anche stavolta. «Pensano che la gente se ne vada senza fare storie con 20mila euro in più, ma non è così e comunque non è stato ancora formalizzato niente», dice Daniele Ialacqua, ex assessore all’Ambiente durante il mandato del sindaco Renato Accorinti e fondatore del comitato No Ponte – Capo Peloro. «Le cose sono cambiate rispetto al 2011: molte persone non sanno nemmeno di essere interessate dagli espropri». Lunedì 8 aprile la società Stretto di Messina aprirà un punto informazioni al Palacultura, un auditorium di Messina, per chiarire i dubbi degli abitanti. Saranno presenti anche alcuni componenti del comitato per fare controinformazione.

– Leggi anche: Vivere con la minaccia del ponte sullo Stretto

Il costituzionalista Antonio Saitta, esperto di diritto amministrativo, avvocato di alcuni abitanti a cui sarà espropriata la casa, ha detto che il ponte causerà un dramma sociale: «Saltano interi quartieri, numerosi fabbricati, lidi balneari, attività commerciali, sono di più di quelli previsti nel 2011 e alcuni sono lontani anche 10 chilometri dalle torri e dall’impalcato del ponte». Negli ultimi mesi gli abitanti sono stati accusati di speculare sulle loro proprietà: secondo molti esponenti dei comitati favorevoli al ponte, in quella zona ci sarebbero soprattutto seconde case e quindi le proteste sarebbero pretestuose. In realtà nelle aree degli espropri vivono molte persone che dovranno lasciare la casa, in molti casi la casa di famiglia lasciata dai genitori.

Secondo il costituzionalista è stato sottovalutato l’impatto del ponte sulla città e sulla vita delle persone. In effetti il ponte sullo Stretto comporterà una quantità di espropri di case molto più alta di quasi tutte le grandi opere pubbliche fatte negli ultimi decenni. «Stiamo parlando di un’opera dall’enorme impatto su un territorio, quale quello messinese, totalmente urbanizzato», ha detto Saitta. «Stiamo parlando di una radicale riorganizzazione urbanistica che viene imposta dall’alto alla città di Messina. Occorreva, a mio avviso, studiare e proporre alternative, e non lo si è fatto».