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  • Lunedì 25 marzo 2024

Donald Trump ha ottenuto uno sconto e una proroga per evitare la confisca dei suoi beni

Ha altri 10 giorni per presentare una cauzione ridotta a 175 milioni di dollari e fare appello contro la condanna ricevuta in una causa civile: il 15 aprile invece inizierà il primo dei quattro processi penali in cui è imputato

(Joe Raedle/Getty Images)
(Joe Raedle/Getty Images)
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Lunedì due tribunali di New York hanno preso decisioni importanti riguardo a due processi che coinvolgono l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Una è stata favorevole a Trump, nell’altra è stata respinta una richiesta di rinvio da parte dei suoi avvocati.

La procura di Manhattan doveva definire la data delle udienze per il processo penale nel quale Trump è accusato di aver fatto dei pagamenti illeciti a un’attrice di film porno: ha mantenuto la data prevista, quella del 15 aprile, respingendo le richieste dei legali di Trump di avere più tempo per analizzare il caso.

Inoltre sempre oggi scadeva il termine entro il quale Trump avrebbe dovuto trovare quasi mezzo miliardo di dollari per evitare la confisca di alcune delle sue proprietà, in relazione a un processo civile nel quale è già stato condannato. In questo caso la decisione è stata piuttosto inattesa e favorevole a Trump: la Corte d’appello dello stato di New York ha infatti stabilito di ridurre considerevolmente la cauzione necessaria per fare appello, fissata ora a 175 milioni di dollari, e di concedergli altri 10 giorni di tempo per trovare i soldi.

Il caso fa riferimento a un processo civile nel quale Trump è stato condannato per aver manipolato la valutazione degli immobili della Trump Organization, aumentandola di diversi miliardi di dollari per ingannare i finanziatori, i broker assicurativi e le autorità finanziarie, ottenendo così tassi migliori sui prestiti bancari e sulle polizze assicurative. Le attività illecite sono state compiute tra il 2011 e il 2021, un periodo che comprende il suo mandato da presidente (tra il 2017 e il 2021).

A febbraio un giudice aveva ritenuto Trump colpevole e lo aveva condannato al pagamento di una multa da circa 454 milioni di dollari. Il sistema giudiziario dello stato di New York prevede che per fare ricorso evitando la confisca dei beni sia necessario versare una sorta di cauzione pari al 110 per cento della somma dovuta (in questo caso circa 500 milioni di dollari), che dovrebbe rimanere bloccata per tutta la durata del processo. In caso contrario, lo Stato può iniziare a confiscare i beni della persona condannata, mentre continua il processo di appello.

Per evitare la confisca Trump doveva trovare una società disposta a garantire per lui e farsi carico del pagamento della sanzione nel caso in cui l’appello venga perso, con un cosiddetto “bond”. Per ora però nessuna delle oltre 30 compagnie contattate dai suoi avvocati si era detta disponibile a fare da garante, anche perché la cifra richiesta è effettivamente molto alta.

I cinque giudici della Corte d’appello hanno invece deciso che per presentare appello e bloccare il processo di confisca Trump dovrà consegnare un bond decisamente minore, da 175 milioni di dollari, entro dieci giorni. Si tratta di un successo legale per l’ex presidente, che dovrebbe riuscire a ottenerlo da una delle società contattate.

Se il tribunale non avesse accettato la proroga e la riduzione della cauzione, la procuratrice dello stato di New York Letitia James avrebbe potuto teoricamente iniziare a bloccare i fondi presenti sui conti correnti di Trump oppure avviare il processo di confisca per qualsiasi sua proprietà, comprese quelle immobiliari come la famosa Trump Tower, nel centro di Manhattan, o la sua residenza di Mar-a-Lago, in Florida. Bloccare i conti correnti può essere un’operazione relativamente rapida, mentre la confisca di oggetti e soprattutto di immobili sarebbe ben più lunga e complessa.

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L’altra decisione presa oggi è relativa al caso di un presunto pagamento di 130mila dollari all’attrice di film porno Stormy Daniels, che Trump avrebbe fatto nel 2016 tramite la sua azienda e il suo avvocato Michael Cohen – senza rendicontarlo correttamente, il reato è quello – per convincere l’attrice a non parlare di un rapporto sessuale avuto con lui una decina di anni prima.

Trump fu incriminato circa un anno fa e il processo sarebbe dovuto iniziare oggi, il 25 marzo. Il 15 marzo però un giudice di New York aveva deciso di rinviarlo per permettere alla difesa (quindi agli avvocati di Trump) di studiare circa 100mila pagine di nuovi documenti contenenti informazioni sul caso, che erano emerse nei giorni precedenti. Il giudice aveva indicato il possibile inizio del processo per il 15 aprile, ma aveva fissato per oggi un’udienza durante la quale stabilire quando procedere. Oggi ha confermato quella data, anche se un ulteriore appello per ritardarla è ancora possibile.

Questa decisione è invece una sconfitta per Trump, che alla fine dell’udienza ha definito il caso una «interferenza elettorale» e una «intimidazione degli elettori».

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Quello relativo ai pagamenti illeciti è uno dei quattro processi penali nei quali è coinvolto Trump ed è attualmente l’unico ad avere una data d’inizio definita. Presso altri tribunali è accusato di aver cercato di sovvertire l’esito delle elezioni presidenziali del 2020; di aver tentato di cambiare i risultati ufficiali delle elezioni presidenziali nello stato della Georgia, sempre con l’obiettivo di ribaltarne il risultato generale; e di aver conservato alcuni documenti governativi riservati nella propria villa di Mar-a-Lago, in Florida. Nessuno per ora è ancora arrivato alla fase delle udienze.

Da tempo Trump e il suo team legale stanno cercando di posticipare il più possibile i processi, per fare in modo che le udienze e le eventuali condanne o assoluzioni non interferiscano con la campagna elettorale per le elezioni presidenziali del prossimo 5 novembre, alle quali quasi certamente Trump sarà candidato con il Partito Repubblicano.