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  • Giovedì 21 marzo 2024

L’Europa forse ha trovato il modo per «far pagare alla Russia» la guerra in Ucraina

Se ne parla da tempo e l'idea è quella di sfruttare in parte i beni degli oligarchi russi congelati in Europa dalle sanzioni: la Commissione Europea ha infine una proposta

Un soldato ucraino con un drone nella regione di Zaporizhzhia, 15 febbraio 2024 (REUTERS/Stringer)
Un soldato ucraino con un drone nella regione di Zaporizhzhia, 15 febbraio 2024 (REUTERS/Stringer)
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Mercoledì la Commissione Europea ha presentato un piano per sfruttare economicamente gli interessi maturati dagli oltre 200 miliardi di euro di beni finanziari russi congelati in Europa – principalmente i conti correnti degli oligarchi russi bloccati con le sanzioni – e usarli per sostenere gli sforzi bellici dell’Ucraina. L’obiettivo è quello di «far pagare alla Russia» i mezzi per la controffensiva ucraina, uno slogan ripetuto spesso dai membri delle istituzioni europee negli ultimi anni ma finora mai davvero messo in pratica a causa delle sue molte implicazioni legali e finanziarie.

Il piano per sfruttare almeno in parte questi soldi, del quale le istituzioni europee e i diversi governi discutono da tempo, dovrà essere approvato dai paesi membri dell’Unione: se tutto procederà senza intoppi, l’Ucraina potrebbe ricevere i primi fondi ottenuti con questa modalità già entro il prossimo luglio.

A partire dall’invasione russa dell’Ucraina, nel febbraio del 2022, l’Unione Europea ha imposto pesanti sanzioni alla Russia con l’obiettivo di indebolirne l’economia. Tra queste c’è stato anche il congelamento di beni materiali e finanziari di proprietà di persone russe inserite in una black list perché considerate vicine al regime del presidente russo Vladimir Putin.

Nella pratica i beni vengono sottratti temporaneamente al proprietario, che non potrà usarli in alcun modo, ma allo stesso tempo non possono essere messi all’asta né assegnati a comunità e associazioni, come accade per esempio in Italia con i beni sequestrati alla mafia. Restano tecnicamente di proprietà degli oligarchi russi, ma nessuno può utilizzarli: se per esempio un istituto finanziario mette in atto qualche operazione con il denaro presente su un conto congelato, commette un reato.

Secondo le stime più aggiornate, i paesi occidentali, tra cui gli Stati Uniti e i membri dell’Unione Europea, hanno congelato beni finanziari (quindi principalmente denaro presente su conti correnti) per più di 300 miliardi di euro, di cui 210 miliardi legati a istituzioni finanziarie europee. I conti sono congelati, quindi non sono accessibili agli oligarchi ma nemmeno alle autorità europee, che finora si sono limitate a bloccarli senza trarne alcun vantaggio. La maggior parte – circa 190 miliardi di euro – è controllata dalla compagnia finanziaria Euroclear, con sede in Belgio. A causa delle sanzioni gli interessi non possono essere inviati in Russia, come succederebbe normalmente, e quindi si stanno accumulando sul bilancio di Euroclear.

L’Unione Europea non vuole sfruttare i veri e propri beni congelati, uno scenario che creerebbe molti problemi legali, ma “solo” gli interessi maturati su questi beni, che potrebbero raggiungere i 3 miliardi di euro all’anno. Sarebbe una cifra significativa per l’Ucraina, sebbene largamente insufficiente a finanziare tutti gli sforzi della sua controffensiva.

La Commissione Europea aveva accennato alla possibilità di iniziare a sfruttare gli interessi maturati sui beni congelati già nel 2023, e l’idea è diventata più concreta a fine febbraio. Un piano dettagliato è stato presentato questa settimana dall’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri, Josep Borrell, e dalla Commissione Europea: prevede che il 90 per cento dei profitti sugli interessi venga usato per finanziare lo Strumento europeo per la pace (European Peace Facility, EPF), l’iniziativa con cui l’Unione rimborsa parzialmente ai governi nazionali le spese sostenute per aiutare militarmente l’Ucraina, con un meccanismo analogo al “cashback”. Il restante 10 per cento sarà invece destinato al budget europeo per la ricostruzione dell’Ucraina.

Il piano prevede di destinare all’Ucraina anche gran parte dei profitti che il governo belga ricava dalle tasse poste su questi interessi, per un totale di circa 1,7 miliardi di euro all’anno. Euroclear tratterrà invece il 3 per cento dei profitti per coprire i propri costi operativi e le spese derivanti da eventuali cause legali con la Russia.

L’annuncio di un piano dettagliato è stato rallentato da alcuni dubbi sollevati tra gli altri dalla Banca centrale europea, secondo cui sfruttare in questo modo gli interessi su beni di proprietà straniera danneggerebbe la reputazione finanziaria dell’Unione e porterebbe gli investitori a depositare altrove i propri soldi.

Prima di entrare in vigore la proposta dovrà essere approvata all’unanimità da tutti i 27 paesi membri dell’Unione, ma se il processo proseguirà senza intoppi l’Ucraina potrebbe ricevere i primi pagamenti entro luglio.

Come previsto, la proposta è stata immediatamente criticata dalla Russia. Una portavoce del ministro degli Esteri l’ha definita «un chiaro esempio di brigantaggio e furto», mentre il portavoce del governo russo, Dmitri Peskov, ha detto che i leader europei «sono perfettamente coscienti dei danni che questa decisione causerebbe alle loro economie e alla loro reputazione».

Negli ultimi mesi è diventata evidente la necessità per l’Unione Europea di trovare nuove fonti di finanziamento per sostenere l’Ucraina, la cui controffensiva è in difficoltà e che ha continuo bisogno di munizioni, mezzi militari e altri strumenti per portare avanti la resistenza contro l’esercito russo. Gli Stati Uniti sono stati a lungo il principale finanziatore del paese, ma da mesi l’invio di nuovi fondi è bloccato a causa di dispute politiche interne al Congresso, ed è probabile che lo rimanga nel caso in cui l’ex presidente Donald Trump dovesse vincere le prossime elezioni presidenziali, a novembre.

L’industria bellica europea invece si è dimostrata poco preparata a richieste così massicce e prolungate, e ultimamente sta cercando di rafforzarsi e migliorare le proprie capacità produttive. Tra le altre cose i leader europei stanno discutendo della possibilità di autorizzare la Banca europea degli investimenti, che generalmente si occupa di progetti relativi allo sviluppo e alla transizione energetica, a fare operazioni anche nell’ambito della difesa; o dell’emissione di titoli di stato comuni (i cosiddetti “eurobond”) per raccogliere fondi per la difesa, un’opzione osteggiata però dai paesi più facoltosi come la Germania.

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