In Sicilia la siccità è sempre più grave

Dall'inizio dell'anno è iniziato un piano di razionamento dell'acqua che ora coinvolge quasi un milione di persone, e che sul breve periodo sembra l'unica soluzione possibile

Una collina coinvolta in un incendio a Blufi, vicino a Palermo
Una collina coinvolta in un incendio a Blufi, vicino a Palermo (AP Photo/Salvatore Cavalli)
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La scorsa settimana la Sicilia ha approvato lo stato di emergenza fino al prossimo 31 dicembre in sei province – Agrigento, Caltanissetta, Enna, Messina, Palermo e Trapani – dove già nelle scorse settimane era stata razionata l’acqua potabile a causa della grave siccità. A parte qualche precipitazione poco significativa, in Sicilia non piove da mesi e le conseguenze della mancanza d’acqua sono evidenti: i laghi artificiali sono vuoti, molti fiumi sono in secca e gli agricoltori non riescono a irrigare i campi. «Non oso immaginare cosa succederà quest’estate in Sicilia», ha detto il commissario nazionale contro la scarsità idrica, Nicola Dell’Acqua, durante un’audizione alla commissione ambiente della Camera.

La regione Siciliana ha già approvato interventi straordinari per far fronte alla siccità. Da gennaio è iniziato un piano di razionamento in molti comuni. Significa che la fornitura di acqua viene limitata in modo forzato da Siciliacque, la società che gestisce le reti idriche dell’isola.

Inizialmente erano stati coinvolti i comuni serviti dall’invaso di Fanaco, un lago artificiale in provincia di Palermo, con una riduzione della portata delle forniture del 10 e in alcuni casi del 15 per cento. A metà gennaio il razionamento era stato esteso a 15 comuni della provincia di Trapani e due settimane fa a un altro centinaio di comuni nelle province di Agrigento, Caltanissetta, Enna e Palermo, con una limitazione delle forniture fino al 45 per cento. Secondo le stime, in totale è stato coinvolto circa un milione di persone, un quinto degli abitanti di tutta la Sicilia.

La Sicilia è una regione abituata ad affrontare periodi di siccità, ma non lunghi come quello in corso. Già lo scorso anno, dopo i primi mesi che erano sembrati promettenti, le precipitazioni sono calate e alla fine della primavera sono iniziati i problemi. La permanenza di alta pressione sulla Sicilia ha portato le piogge solo nelle regioni del Nord, dove nelle ultime settimane ha piovuto parecchio. La mancanza di una regolare alternanza della circolazione atmosferica tra la parte settentrionale e meridionale dell’Italia ha fatto il resto.

I dati relativi alle precipitazioni del 2023 possono ingannare. In Sicilia sono caduti quasi 600 millimetri di pioggia, ma quasi tutti in due soli grandi eventi estremi, cioè le tempeste dello scorso maggio e la tempesta chiamata “Elios”. Per tutta la seconda metà dell’anno le precipitazioni sono state quasi assenti, con conseguenze anche sull’inizio del 2024 perché non è stato possibile ricaricare gli invasi naturali e artificiali, così come le falde sotterranee.

In questo modo la siccità ha reso vano il sistema di adattamento ai periodi di mancanza d’acqua. «I due eventi estremi hanno messo sottosopra il sistema delle infrastrutture come dighe e bacini artificiali», dice Giuseppe Amato, responsabile delle politiche delle zone idriche, di fiumi, laghi e zone umide di Legambiente Sicilia. «Durante le tempeste l’acqua corre velocemente fino al mare e il terreno non ha tempo per assorbirla. Nei laghi artificiali entra una grande quantità di fango che ne limita la portata».

La situazione più allarmante è quella del lago di Lentini, in provincia di Siracusa, e dell’Ogliastro tra Enna e Catania. Il bacino della diga di Rosamarina di Caccamo, in provincia di Palermo, ha raggiunto 12 milioni di metri cubi di acqua, il 16 per cento della sua capacità. Ai problemi del meteo si aggiungono quelli relativi alla scarsa manutenzione e alla programmazione.

Secondo un report fatto l’anno scorso dalla regione, su 46 invasi della Sicilia 4 sono fuori esercizio e 17 hanno una portata limitata. Inoltre circa una decina di questi sono ancora in attesa del collaudo. Il lago artificiale in località Cannemasche, in provincia di Agrigento, non è mai stato riempito perché manca l’autorizzazione. «Nel lago Pozzillo di Regalbuto, in provincia di Enna, potrebbero starci 155 milioni di metri cubi di acqua, ma ci sono almeno 45 milioni di metri cubi di fango», continua Amato. «L’Enel, che lo gestisce, ha dovuto scavare per liberare le prese di fondo della diga».

Secondo Legambiente Sicilia la siccità ormai costante non si può affrontare con la realizzazione di grandi invasi come fatto in passato. Servirebbero, dice Amato, piccoli laghi da destinare soprattutto all’agricoltura e agli allevatori che hanno bisogno di una grande quantità di acqua. Andrebbero anche recuperate le zone umide e i laghi che in passato erano stati bonificati per debellare la malaria.

Tutte queste misure, tuttavia, sono orientate al lungo periodo. È più complicato capire come affrontare l’emergenza attuale, se non con il razionamento deciso da Siciliacque e dalla regione.

Il razionamento è un intervento drastico che ha conseguenze soprattutto per gli agricoltori, privati almeno in parte dell’acqua per lavorare. Peraltro i produttori dell’arancia rossa di Sicilia IGP, uno dei marchi agroalimentari più noti della regione, negli ultimi giorni hanno iniziato a ricevere le cartelle di pagamento del consorzio di bonifica per il miglioramento delle “opere irrigue”. «Sembra uno scherzo di cattivo gusto, ma è la verità», dice Gerardo Diana, presidente del consorzio dell’arancia rossa di Sicilia. «Nella stagione in corso molti di noi hanno dovuto affrontare esborsi straordinari per riuscire a garantire alle coltivazioni l’acqua necessaria per salvare gli agrumeti e la produzione di arancia rossa. E adesso, anziché aiuti riceviamo mazzate».